1. "ERA UN SISTEMA ILLEGALE, L’ARCHIVIO PRIVATO DI GENCHI ERA UN APPARATO MEDIATICO E ANDAVA FERMATO”
Massimo Malpica per “il Giornale”
«Il punto cruciale della vicenda de Magistris-Genchi è la privatizzazione del business delle intercettazioni e dell'analisi dei tabulati.
GENCHI dsc Jpg
Francesco Rutelli
Perché affidarle a un consulente e non, per dire, al Ros o alla postale?». Quando esplose l'inchiesta Why Not , Francesco Rutelli era vicepremier del governo Prodi. Tra i tabulati di parlamentari acquisiti illecitamente, e che hanno portato alla condanna dell'ex pm e del suo consulente informatico, c'era anche il suo. «Mai avuto nulla da nascondere - attacca il leader di Api - ma la domanda centrale è: perché incarichi per milioni di euro a un consulente privato?».
Ecco, perché?
«Secondo me, nel caso di Genchi è emersa una doppia finalità. Creare un archivio che lo rendesse appetibile per alcune procure, una sorta di portafoglio di milioni di informazioni. E usare mediaticamente il materiale ricavato dal lavoro commissionato e profumatamente pagato da quelle procure, che veniva rapidamente girato ad alcuni giornali. Ecco, per me è importante che si sia interrotta questa dinamica che sembrava inarrestabile, arginando l'idea che si possano privatizzare banche dati sensibili, create per interessi specifici».
Gioacchino Genchi
Travaglio li difende: leciti l'archivio e le acquisizioni dei tabulati, non potevano sapere a chi quelle utenze erano intestate.
«Per Travaglio difendere De Magistris vuol dire difendere un metodo investigativo spregiudicato che non ha retto alla prova dei fatti. E difendendo Genchi, difende una sua preziosa fonte di informazioni, che tra l'altro non avrebbero dovuto essere pubblicate. Peraltro, Travaglio dice che sono tabulati e non intercettazioni, come se fossero meno importanti. Ma i tabulati sono significativi e potenti, tracciano una persona e le sue relazioni nell'arco di mesi o anni. Travaglio dice anche che l'archivio era lecito, ma sbaglia. È lecito incrociare dati se l'incarico ricevuto dal pm è mirato, non indiscriminato come qui. Questo archivio era un apparato mediatico-politico-sociologico: basta vedere la raffica di interviste concesse da Genchi su materiali acquisiti come perito. Quanto all'intestazione delle utenze, sapevano bene di chi erano».
LUIGI DE MAGISTRIS CON GLI ORECCHINI ROSSI PER IL GAY PRIDE DI GIUGNO
Come fa a dirlo?
«Parliamo di acquisizioni di tabulati di utenze ricavate da rubriche telefoniche, quindi utenze collegate a nomi e cognomi. È mancata la buona fede. Infatti c'è condanna in primo grado perché i giudici hanno ritenuto che non ci fosse negligenza, ma un comportamento illecito».
Lei ha seguito il caso anche da presidente del Copasir.
«Dopo aver letto e sentito che de Magistris e Genchi erano stati fermati nelle loro inchieste per aver messo le mani sulle connessioni tra intelligence , criminalità organizzata, massoneria e corruzione politica, li abbiamo ascoltati per capire che informazioni avessero. Quello che emerse fu zero. A parte l'ampiezza dell'acquisizione dei dati e il loro incrocio. Genchi non è stato solo un fornitore di informazioni e un creatore di scenari suggestivi per le procure che lo ingaggiavano, ma anche per alcuni giornali, permettendo la diffusione indiscriminata che associava persone indagate a non indagate, che scoprivano a mezzo stampa d'essere finite in questa enorme ragnatela di informazioni».
Francesco Rutelli
Archivio o dossieraggio?
«O spionaggio? Se figlie e moglie d'un ex capo dell' intelligence italiana sono state tracciate per oltre due anni, come lo qualifichiamo? Il tabulato contiene dati sensibili che è significativo acquisire se indaghi su un delitto, non su un “minestrone”, e per di più se sei un privato, foraggiato dallo Stato, che dichiaratamente, poi, queste informazioni le conserva per sé. È grave. Accumulo dati, li incrocio, cedo a questo o a quello notizie prelibate. E l'interesse non solo giudiziario ma giornalistico è provato proprio da quanti oggi si affannano a difendere questa procedura. Che per fortuna, mi auguro, è finita».
Sandro Gozi Romano Prodi
2. LA NEMESI BEFFARDA DI GIGGINO ‘A MANETTA PALADINO DELLA LEGALITÀ CHE RESISTE ALLA LEGGE
Francesco Merlo per “la Repubblica”
Manca solo che li chiami comunisti. Da giudice accusava i politici che resistevano alla legge, da politico accusa i giudici e resiste alla legge. Insomma, è diventato uno dei suoi imputati Luigi De Magistris, ex giudice inflessibile e ora sindaco flesso. E forse è Nemesi o forse Contrappasso o forse è solo Napoli che rende possibile l’impossibile. Di sicuro fa a un danno epocale a tutti i giudici italiani questo finale grottesco del rivoluzionario arancione che si candidava a tutto: «La prospettiva di guidare la sinistra non mi dispiace e non mi spaventa ».
LUIGI DE MAGISTRIS INDOSSA I VESTITI DI UN IMMIGRATO SENEGALESE NEL CALENDARIO DIVERSAMENTE UGUALI
E trascina nel folklore anche il serissimo conflitto tra magistratura e politica e la stessa riforma della giustizia il botto finale della breve carriera populista del sindaco-condannato che diceva di mirare a Palazzo Chigi ma collezionava più soprannomi del Belzebù Andreotti: “Giggino a manetta”, “o skipper”, “o scassatore”, “a promessa”….
Quale che sia l’esito finale della sua parabola di autodistruzione resteranno di lui - cult su Youtube - due soli videoclip, quello di ieri mattina dove definisce «melassa putrida» e «sistema criminale» lo Stato italiano che lo ha condannato, e quell’altro dove, in camicia bianca, invita Al Pacino a venire nella nostra bella Napoli che più sta e più bella diventa: «Ciao Al, sono Luigi…».
E denunzia la persecuzione dei giudici il sindaco che, secondo la sentenza di primo grado, da giudice non perseguiva ma perseguitava i politici: abuso d’ufficio per le illegittime intercettazioni (tabulati) a strascico a Rutelli, Mastella, Minniti, Gozzi, Prodi…. , ed ecco perché “O strascico” è un altro dei suoi soprannomi. Inutile dirgli che, se fosse davvero innocente, De Magistris dovrebbe affrontare con dignità la sentenza, la sospensione, e aspettare l’Appello.
Di Pietro saluta De Magistris
Nessuno meglio di lui dovrebbe sapere che nei processi di primo grado l’errore giudiziario è un’ipotesi fisiologica ma sicuramente rimediabile perché le sentenze si riformano. Persino Andreotti lo capì. Invece il persecutore De Magistris è ora un perseguitato ma, come nella grande letteratura, dal proprio naso (Gogol), dalla propria ombra (Andersen), dal proprio doppio: il povero Dr Jekyl vilipeso dall’odioso Hyde.
De Magistris e Orlando
«Io sono figlio di magistrato e nipote di magistrato» ricordava sino all’altro ieri l’ex magistrato che divenne famoso perché allargava così tanto le indagini da renderle inoffensive ma molto rumorose. «Ha fatto ‘o pireto cchiù ddò culo» dicono ora a Napoli, e sarebbe una reazione ingenerosa se non fosse la traduzione ironica delle lodi con cui l’ex giudice si imbroda: «sono un enorme plusvalore», «sono sicuro di essere stato un ottimo magistrato ».
LUIGI DE MAGISTRIS PRESENTA IL MOVIMENTO ARANCIONE
E invece tra i flop gli contano almeno tre inchieste lucane, il villaggio turistico di Marinagri, i fidanzatini di Policoro e le toghe corrotte; su 150 indagati di “Why Not?” la quasi totalità ne è uscita, in vari modi, indenne e solo 6 attendono il giudizio; e poi ancora c’è l’indagine archiviata sui depuratori Poseidone…: “O floppe” è l’altro malizioso soprannome.
LUIGI DE MAGISTRIS NEL VIDEO CIAO AL
Di sé diceva «sono una toga anarchica» ma il rapporto di De Magistris con la giustizia sta diventando ormai eversivo. La legge che lo sospende dalla carica di sindaco «è ingiusta» ha sostenuto ieri, e se una legge è ingiusta, ohibò, non è legge. E anzi, secondo De Magistris, forse l’ex ministro Severino, «che era avvocato della mia controparte», la ideò proprio contro di lui, e qui siamo già sul lettino di Freud.
LUIGI DE MAGISTRIS NEL VIDEO CIAO AL
Comunque «i magistrati dovrebbero dimettersi» e «farò il sindaco in strada» sono annunzi sediziosi che ricordano sia il plebeismo carismatico di Achille Lauro e sia la famosa marcia per non marcire davanti al tribunale di Milano di Alfano e degli altri deputati berlusconiani.
VIGNETTA BENNY DE MAGISTRIS A PROCESSO
Bleffa? Sicuramente sopravvaluta il rapporto con la sua città che, è vero, ama i condannati e ad ognuno di loro offre una zona franca, luoghi a statuto speciale come Scampia e Secondigliano, lo stadio e San Gennaro, insomma esalta l’anomia, protegge la dimensione del fuorilegge e garantisce a furor di popolo quell’impunità che adesso De Magistris rivendica dimenticando però il suo blasone di legalità e dunque mettendo a rischio il consenso di tutta quella bella sinistra anti-Cosentino che l’aveva plebiscitato.
DE MAGISTRIS BACIA DI NUOVO LA TECA DI SAN GENNARO jpeg
Ma senza però conquistare gli altri, la plebe e il popolo anarchici, perché anche i fuorilegge hanno un codice e neppure a Napoli è permesso il passaggio di ruolo con destrezza: «ogni presepe ha i suoi pastori » e «chi nasce tondo non muore quadrato». Non si può essere al tempo stesso guardia e ladro, mettersi alla testa della Napoli dell’illegalità di Davide Bifolco e convincere quella dei ragazzi che già una volta credettero al suo profilo eroico, quando il Csm lo aveva condannato: «Mi hanno messo a tacere non con il tritolo ma con il trasferimento»; «se mi dovesse succedere qualcosa basta leggere il mio diario per capire chi è stato».
DE MAGISTRIS ALLO STADIO CON DE LAURENTIIS
È dunque una storia italiana emblematica e purtroppo molto triste quella del De Magistris finito sottosopra. E si capisce che non potrà resistere a lungo, ma più resiste alla legge appellandosi alla piazza più l’ex uomo di legge precipita nella maledizione del pittoresco, preda del diavolone plebeo che di nuovo inchioda Napoli al destino crociano di “città dei lazzari”, al quale proprio questo sindaco avrebbe dovuto sottrarla.
E invece De Magistris ha costruito passo dopo passo la sua storia di eccessi, a partire dal suo errare nell’errore e nell’orrore: dipietrista, grillino, orlandiano, ingroiano… sino a renziano respinto: «Si imbuca come un liceale nelle feste» lo sgamò Pina Picerno che è più ciaciona di lui, verace di natura e non di convenienza, e infatti il sangue di San Gennaro, che resiste a lui, si scioglie per lei.
LUIGI DE MAGISTRIS CON IL CAPPELLINO DEI NETS
E De Magistris è un prodotto televisivo di Santoro che ne intuì e ne valorizzò la natura di Masaniello: “sparami ’n pietto” è un altro soprannome, il petto in fuori e il coraggio virile del guappo, ma di buona famiglia. E infatti “guappo e mammete” è l’ennesimo nomignolo divertito, e forse perché quelle frasi narcise - «sono bello, piaccio alle donne, è un fatto che sta lì, oggettivamente lo constato» - solo le mamme del Vomero riescono a imprimerle nella psicologia di un figlio: “Giggino Banderas” è l’ultimo dei soprannomi.
NARDUCCI E DE MAGISTRIS AL GAY PRIDE
È la mamma che gli cucì la toga in 48 ore il giorno della tesi di laurea. La mamma gli ha insegnato a tenere il Vangelo sempre sul comodino. Ma forse la mamma, che è l’erede del grande italianista Luigi Russo, mai aveva pensato a un destino di “ammuina populista”, di giudice “sciuè sciuè”.
Tempi De Magistris