vittime del rigopiano
Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera
Un sorriso, uno scatto, e dietro il luogo dove la morte ha colpito. Era già accaduto.
Con i selfie davanti alle macerie di Amatrice, e prima a quelle dell' Aquila o davanti alla carcassa della Concordia.
Ma a Rigopiano i familiari delle 29 vittime non ci stanno. E preparano un esposto per chiedere che venga recintata l' area del resort di Farindola.
vittima del rigopiano
Mentre organizzano ronde per proteggere il teatro della tragedia, dove, sciolta la neve, emergono macerie sparse, miste a tronchi e detriti, assieme a brandelli di oggetti personali. Meta divenuta popolare nel weekend, anche se difficile da raggiungere.
Nel versante pescarese la strada è ancora invasa dagli alberi portati a valle dalla valanga del 18 gennaio. Oltre non si va se non scalando i tronchi. Ma c' è chi non si ferma. E si fa fotografare nell' impresa. Da Campo imperatore si può giungere a piedi.
valanga al rigopiano
A denunciare la presenza lo scorso sabato di turisti del macabro è stato il custode giudiziale del sito, il tecnico comunale Enrico Colangeli. Indagato nell' inchiesta sul crollo dell' Hotel Rigopiano, Colangeli dice di avere visto sul luogo un gruppo di persone, fra le quali anche due bambini.
Un uomo, ha raccontato, «aveva la testa sanguinante per una ferita che potrebbe essersi procurato tra le rovine».
Il sostituto procuratore di Pescara, Andrea Papalìa, titolare dell' indagine su quelle morti, raggiunto al telefono, assicura: «È tutto sotto controllo». Nel merito non entra perché l' indagine su quelle 29 persone bloccate nell' hotel dalla strada piena di neve e poi uccise dalla valanga è ancora in corso, e promette sviluppi, ma spiega: «L' area è stata sequestrata. So delle preoccupazioni manifestate.
rigopiano
Ma non abbiamo riscontri. L' area è di competenza della polizia. E c' è un custode giudiziale». Proprio quel Colangeli che, attraverso il suo legale, da tempo chiede la revoca di quella nomina a custode, perché ritiene il compito «ineseguibile».
Nell' esposto il tecnico chiede anche di procedere all' identificazione delle persone che, come denunciato dai familiari delle vittime, hanno postato su Facebook fotografie scattate nei pressi del sito sotto sequestro. Ne hanno già rintracciate a decine.
rigopiano 3
C' è chi oltrepassa la rete posta a limite della zona. C' è chi risale il letto della valanga invaso dai detriti. Chi scavalca i tronchi. «È diventato un macabro rituale» denuncia Gianluca Tanda, fratello di Marco, ventiseienne morto a Rigopiano con la fidanzata di 24 anni.
«Noi familiari - rimarca - non siamo mai entrati nella zona rossa. Mai. Invece ogni weekend va su qualcuno e poi pubblica le foto. C' è persino chi accusa gli altri di non rispettare la nostra sofferenza, poi posta il proprio selfie sorridente».
rigopiano 2
Chi ha fatto i sopralluoghi spiega che «il sito è pericoloso perché si cammina su macerie che si stanno assestando, con vetri e detriti taglienti».
«Se è così pericoloso allora perché non si recinta quell' area? È grande, ma non più di un campo di calcio. Vogliamo altri morti?», insiste Tanda.
«Finora ci siamo attenuti alle regole, ma ci sentiamo presi in giro. Avrebbe un immenso valore trovare un portachiavi, anche una scarpa dei nostri cari. Sono le loro ultime cose.
selfie macabro
C' è ancora il telefonino di mio fratello. Forse contiene altre prove del fatto che si sarebbero potuti salvare. Che aspettiamo, che diventi un souvenir?».
IL SALVATAGGIO DI UNA DONNA A RIGOPIANO RIGOPIANO RIGOPIANO 1 RIGOPIANO SOCCORSI andrea papalia