Francesco Bonazzi per la Verità
VERDINI
Certo, numeri alla mano, lo scandalo Consip o è un gigantesco bluff o è solo l' inizio di un terremoto. Succede che un appalto monstre da 2,7 miliardi di euro avrebbe prodotto appena 100.000 euro di mazzette, ovvero quelli che un dirigente dell' ente pubblico che si occupa di acquisti della pubblica amministrazione, Marco Gasparri, avrebbe ricevuto dall' immobiliarista napoletano Alfredo Romeo, arrestato la scorsa settimana.
Se fosse così, con una percentuale della corruzione pari allo 0,0037% del valore delle commesse, bisognerebbe distribuire ai protagonisti della vicenda medaglie e cavalierati della Repubblica.
EZIO BIGOTTI
Ma a scorrere le 986 pagine dell' informativa consegnata da carabinieri e guardia di finanza all' Antimafia di Napoli viene il sospetto che non sia così. E paradossalmente, in questa storia, quello che dorme sonni più tranquilli è l' unico che è finito in galera, ovvero Romeo. Ossessionato per anni dal concorrente Ezio Bigotti, dietro al quale si staglia la mole di Denis Verdini, appena condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per il crac del Credito cooperativo fiorentino.
Gli avvocati di Romeo negano che abbia dato tutti quei soldi a Gasparri, al quale sarebbe stata invece pagata una consulenza, mentre l' imprenditore campano, lunedì, si è rifiutato di farsi interrogare dai pm perché vuole studiarsi bene le carte. Non solo, potrebbe trasformarsi in grande accusatore di un sistema nel quale lamentava da tempo di essere diventato «uno piccolo». Il problema? I raggruppamenti di imprese, più o meno alla luce del sole, che negli ultimi anni gli avevano tolto spazio.
verdini e i membri di ala
Motivo per il quale aveva ingaggiato uno come Italo Bocchino, napoletano, editore del Roma, ex portaborse di Gianfranco Fini. Romeo era convinto da almeno 3 anni di prendere colpi sotto la cintura e Bocchino vanta ottimi rapporti con i servizi segreti, a cominciare da Marco Mancini, l' ex braccio destro di Niccolò Pollari. Il problema però erano i carabinieri.
Per capire gli interessi in gioco, bisogna ritornare ai numeri. E alle date. La gara incriminata è del marzo 2014 ed è divisa in 18 lotti, per un totale di 2,692 miliardi di euro. Si tratta delle pulizie e dei servizi integrati nelle sedi dei ministeri e di vari enti pubblici.
L' apertura delle buste avviene a luglio 2014 e il gruppo Romeo si aggiudica tre lotti per un totale di 609 milioni: si tratta di Lombardia, Emilia e Campania. Non sono pochi per uno che si ritiene «emarginato», ma manca Roma. Il colosso rosso Manutencoop ne acchiappa quattro e altri quattro lotti, i più pregiati, se li prendono i francesi di Cofely, per un valore di 582 milioni. L' aggiudicazione formale è imminente, dicono in Consip.
Alfredo Romeo 3
Ma certo, lo scandalo non aiuta gli ultimi passaggi burocratici.
Dunque, nelle carte dell' inchiesta a un certo punto salta fuori il legame tra Verdini e il poco noto Bigotti. Il gip Gaspare Sturzo cita le confessioni di Gasparri ai pm, che dipinge l' imprenditore napoletano come «ossessionato» dal rivale piemontese, al punto di descriversi come «vittima di un complotto all' interno della Consip, nel senso che riteneva che i vertici favorissero la Cofely, capogruppo di un raggruppamento temporaneo di imprese di cui faceva parte anche una società riconducibile a tale Bigotti, imprenditore che a suo dire era legato all' onorevole Verdini».
Il gip poi riporta un' intercettazione di Romeo, arrabbiatissimo con Bigotti perché, «aggirando le norme», avrebbe partecipato alle gare con altre aziende, tutte in competizione con la sua. L' imprenditore confida a Bocchino di aver appreso da Gasparri che «Bigotti sarebbe in società (probabilmente in modo occulto) con ....». Qui c' è un omissis proprio sul nome, ma dal contesto «sembra di capire che si tratti di Verdini», scrive Il Giornale.
Bigotti, 53 anni, è nel settore delle gestioni immobiliari con il gruppo Sti e con la Exit One. In Piemonte ha sempre finanziato tutti i partiti, in modo ecumenico, arrivando perfino a dare contributi elettorali contemporaneamente al forzista Enzo Ghigo e alla piddina Mercedes Bresso, che si sfidavano per la Regione.
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Ottimi rapporti anche con l' ex sindaco Sergio Chiamparino e ricchi contributi anche allo scomparso Ugo Martinat, morto nel 2009, l' uomo che ha sempre tenuto la cassa del Movimento sociale e poi di An. L' anno dopo, quando la Lega conquista la Regione con Roberto Cota, Bigotti si fidanza con Barbara Bonino, assessore a Trasporti e infrastrutture in quota Alleanza nazionale.
Marco Gasparri consip
Ma il grande salto lo fa avvicinandosi a Saverio Romano, avvocato, potente deputato siciliano del centrodestra, grazie alle cui entrature Bigotti sfonda con la giunta di Totò Cuffaro e ottiene appalti su appalti. È stato Romano, poi confluito in Ala, a portare Bigotti da Verdini.
Quando la gara viene bandita, il presidente della Consip è Domenico Casalino, ingegnere torinese, uomo di fiducia dell' ex ministro Vittorio Grilli. È il marzo del 2014 e Matteo Renzi, su cui Romeo tenterà un clamoroso recupero con l' aggancio del padre, Tiziano Renzi, si è insediato da un mese appena. Verdini a sorpresa non esce dalla maggioranza e s' inventa il patto del Nazareno.
Alfredo Romeo
A luglio 2014, le buste Consip vengono aperte. Alla fine del gennaio 2015, Renzi forza la mano sull' elezione al Quirinale di Sergio Mattarella e Silvio Berlusconi disconosce il patto. Verdini invece no: resta con Renzi e inizia le «audizioni» segrete dei futuri parlamentari di Ala in un palazzo dietro via Veneto. A luglio di quello stesso anno, Renzi fa fuori Casalino e lo sostituisce con il senese Luigi Marroni, del quale Romeo si fidava assai poco (ne parla male nelle intercettazioni).
ANGELUCCI
La battaglia sull' appalto da 2,7 miliardi va avanti e si trasferisce sul terreno giudiziario. Intanto, come si legge nelle intercettazioni dell' inchiesta napoletana, «Verdini aveva difficoltà economiche» per le sue pendenze giudiziarie. E il faccendiere Carlo Russo racconta a Romeo che Antonio Angelucci, proprietario di cliniche convenzionate e del quotidiano Libero, acquistò alcune proprietà immobiliari dell' amico Verdini e, come risulta dalle intercettazioni ambientali in cui il duo parla di appalti, «doveva in qualche modo rientrare».
E Romeo riteneva che Verdini, legato a Bigotti, tifasse per Cofely nella gara Consip. A questo punto, in attesa dello sviluppo delle indagini, è lecito farsi una domanda: c' è un legame tra i 2,7 miliardi della Consip e l' ostinata fedeltà di Verdini al patto del Nazareno e alle riforme costituzionali di Renzi?
RENZI VERDINI