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    NON DITE A DI MAIO CHE DOPO WHIRPOOL SI DOVRÀ PREOCCUPARE ANCHE DI STEFANEL: IL “MAGLIFICIO DEL PIAVE” HA DICHIARATO BANCAROTTA E CI SONO 253 POSTI A RISCHIO – L’INSEGUIMENTO DEI BENETTON, GLI INVESTIMENTI SUL LUSSO NEGLI AEROPORTI E IL TONFO DELLE BANCHE VENETE: COME SI È ARRIVATI AL CRAC


     
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    Nino Sunseri per “Libero Quotidiano”

     

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    Alla fine Bepi Stefanel ha alzato bandiera bianca. L' azienda di famiglia, nata come «Maglificio del Piave» ha dichiarato bancarotta. È saltato anche l' ultimo tentativo di evitare il crac ricorrendo al concordato. Con le nuove regole che assicurano la continuità aziendale sarebbe stato ancora possibile andare avanti. Non c' è stato niente da fare. 20,9 miliardi di perdite a fronte di appena 7,5 di patrimonio erano decisamente troppi. Tanto più che, come ripeteva Enrico Cuccia, i debiti sono certi, i crediti, spesso, semplici categorie dello spirito.

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    Per l' azienda adesso si apre la strada dell' amministrazione straordinaria che porterà alla liquidazione. Sempre sperando di trovare un cavaliere bianco interessato almeno al marchio. Per i 253 dipendenti il futuro immediato è la cassa integrazione. Poi si vedrà.

    Finisce così il sogno iniziato sulla bancarella di venditore ambulante da Carlo Stefanel più di mezzo secolo fa.

     

    Negli anni '80 il marchio Stefanel era diventato uno dei simboli della Milano da bere. Un po' più chic di Benetton e una focalizzazione forte sull' abbigliamento femminile. Per inseguire i fratelli di Ponzano Bepi, che aveva preso il posto del padre, si era lanciato anche nel business degli aeroporti. Nel 2002 compra il 50% di Nuance - una catena di negozi aeroportuali - pagandola sulla base di una valorizzazione di 278 milioni incluso il debito.

     

    AFFARI SBAGLIATI

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    Doveva segnare l' ingresso nel mercato del lusso. Un modo per spostare la produzione verso la clientela più facoltosa e superare la concorrenza sempre più invadente di Zara e di H&m. Invece fin dal primo momento Nuance ha avuto problemi, compresa l' epidemia della Sars, che all' epoca mise in forte difficoltà il trasporto aereo e i flussi turistici. Fino al momento della cessione, all' inizio del 2011, sono stati più i dolori che le gioie; all' atto della vendita il 60% dell' incasso è andato alle banche, per ridurre i debiti.

     

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    Bepi nel tentativo di costruire un buon rapporto con le banche aveva investito negli istituti del territorio: Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Un altro affare sbagliato. Ufficialmente costato cinque milioni alle casse personali di Bepi. Forse di più considerando la ramificazione del patrimonio di famiglia. In ogni caso Stefanel risulta nell' elenco dei 630 soci eccellenti che, poco prima del crack della Vicenza riescono a portarsi a casa un po' dell' investimento.

     

    Fra l' altro a Bepi le banche sono sempre piaciute. Nel 1998 entra nel salotto buono di Mediobanca acquistando lo 0,6% per ventidue miliardi di lire. In questo caso almeno avrà guadagnato. Non si può nemmeno dire che non ci abbia provato a salvare il gruppo. Ha messo nelle casse della società 50 milioni. Ha tentato la ricetta della diversificazione e poi ancora del riposizionamento del marchio.

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    SFIDA IMPORTANTE

    Era la sfida più importante e l' ha persa. Non ha visto arrivare il ciclone del commercio elettronico e nemmeno quello di competitori agguerriti che ruotavano più volte le collezioni. Due anni fa ha ceduto. Ha lasciato entrare i fondi d' investimento Oxy e Attestor conservando solo il 16% e la presidenza non operativa. Il piano industriale puntava ancora sulla donna, con una forte enfasi sulla maglieria e su un prodotto di qualità a prezzi avvicinabili. Triplicava la rete dei negozi multimarca (fino a 1.500) a discapito della rete retail, cambiava fornitori e management. I debiti però erano troppi e il cash flow scarso. Le banche hanno chiuso i rubinetti.

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