Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
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All' inizio sembrava una goliardata. Poi è diventato altro. Peggio. E gli sticker , le faccine disponibili sulle piattaforme di messaggistica, sono ora una minaccia. Per i minorenni che li ricevono non solo dagli adulti, ma anche da altri ragazzini che li insultano su chat private oppure one-to-one.
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Adesivi virtuali che modificati con programmi forniti sempre dai servizi di broadcasting possono essere trasformati in vignette offensive, a sfondo pedopornografico, o razzista e antisemita, oppure per mettere a segno violenze di genere o insultare un disabile. Senza contare i tentativi di adescamento da parte di pedofili, che utilizzano questa nuova arma per introdursi in modo subdolo nella vita digitale di giovanissime (solo l' anno scorso 650 persone indagate per sfruttamento sessuale di minori e 180 per adescamento). Un' altra frontiera del cybercrime emersa in tutta la sua pericolosità, ormai non solo potenziale, nel 2019.
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Sette minorenni denunciati finora - in Toscana, Basilicata e Sardegna -, ma altre indagini sono state aperte dalle Procure italiane, seguite dagli specialisti della Polizia Postale, in particolare dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cncpo). «È la conferma che la Rete è sempre di più un terreno dove ci sono tutte le declinazioni criminali della vita reale. Il mutamento estremo di questi fenomeni ci costringe a essere sempre vigili, a scoprire nuove fattispecie giuridiche. Non ci si rende conto di quanto siano pericolosi», avverte Nunzia Ciardi, direttore del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni.
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In pratica, accade sempre più spesso che innocui stickers , disponibili su Telegram o WhatsApp fino a Instagram e altre piattaforme, vengano personalizzati, anche con fotografie, stravolti e inviati sulle chat. Bloccarli è impossibile, prevenirli anche, soprattutto da un punto di vista tecnico. Le contromisure sono ancora da mettere a punto.
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«Tutti hanno uno smartphone, già in età precoce. I genitori si sentono tranquilli: sin dalla quarta e quinta elementare, in gita o al campo scuola, i figli sono sempre raggiungibili, ma non si può controllare cosa fanno con il telefonino - spiega Ciardi -. L' adulto non deve mai arretrare di fronte ad ambienti che non comprende. Deve sempre cercare il dialogo, essere un riferimento, bilanciare la minaccia, spiegando ai figli quali sono i comportamenti corretti e quelli sbagliati. Da parte nostra - aggiunge - ogni giorno siamo nelle scuole per parlare con i ragazzi, non è nel nostro Dna, ma lo facciamo perché la prevenzione è fondamentale».
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I primi frutti di questa attività già si vedono: su una «Vita da social» e sul «Commissariato online» cominciano a fioccare le segnalazioni. Per ora solo le gif (scritte e foto animate) sembrano immuni.
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Ma potrebbe durare poco.