Massimiliano Peggio per "La Stampa"
LUIGI OSTE
Più di 200 messaggi in due mesi. Scriveva al mattino, nelle pause del lavoro, in piena notte. Non accettava il rifiuto di Patrizia Cataldo, la barista di via Gottardo, di cui si era invaghito nel corso dell'estate.
Il rancore di Luigi Oste, 62 anni, in cella con l'accusa di aver ucciso Massimo Melis la notte di Halloween, è cresciuto fino a sfociare in vendetta. «Io non faccio altro che pensare a te in ogni istante della mia giornata. Quando vedo che vai via con lui mi viene un dolore allo stomaco».
L AUTO DOVE E' STATO TROVATO MORTO MASSIMO MELIS A VIA GOTTARDO - TORINO
Questo l'ultimo messaggio inviato dal presunto assassino alla donna, mandato alle 16,44 di domenica 31 ottobre. Da quel momento in poi si troncano i contatti. Sono i dettagli che emergono dall'indagine della Squadra Mobile racchiusi nell'ordinanza che ha portato in carcere Luigi Oste, gestore del bar «L'angelo Azzurro», in corso Vercelli 165, a pochi metri dal locale gestito dalla famiglia Cataldo, e residente nello stesso isolato. Il delitto è maturato in quel fazzoletto di marciapiede, ed è avvenuto nel giardino alle spalle del complesso condominiale al fondo di via Gottardo. Luigi Oste avrebbe deciso di uccidere spinto da «uno spirito punitivo nei confronti della donna».
massimo melis
Così scrive il Gip Valentina Soria nel provvedimento di custodia, contro il quale ha presentato ricorso al tribunale del Riesame l'avvocato Salvo Lo Greco, legale dell'indagato. Sono più di una cinquantina gli ultimi messaggi telefonici esaminati dagli investigatori della Mobile, guidata dal dirigente Luigi Mitola, e dal vice questore Marco Poggi, responsabile della sezione omicidi. «Non mi do pace». «Tu mi rispondi sempre male». «Sono senza cuore», scriveva.
Patrizia Cataldo, 40 anni, residente nel palazzo alle spalle del bar del padre, non li leggeva come una minaccia. Né considerava lui uno stalker. Non l'ha mai denunciato. Né temuto, anche se cercava di evitarlo, malgrado la vicinanza dei locali e le loro rispettive abitazioni. «Visto che non vuoi parlare con me, te lo scrivo. Non devi avere paura quando mi vedi».
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Il messaggio è poche di settimane fa. La presenza di Massimo Melis, 52 anni, l'amico del cuore, era per lei rassicurante. Non una protezione, ma una sorta di «deterrente», per scoraggiare quell'uomo a lasciarla stare. Secondo gli inquirenti, coordinati dal pm Chiara Canepa, è stata questa vicinanza a condannare a morte Melis, il soccorritore della Croce Verde. «Un uomo dalla bontà infinita» dicono gli amici.
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Agli occhi del barista è diventato un rivale da eliminare. E in modo feroce, in un'esecuzione: un colpo di pistola in faccia. «Nella reazione di Oste al rifiuto di Cataldo nel rapporto sentimentale tra i due - scrive il Gip - è evidente la sproporzione tra lo stimolo che ha cagionato il delitto e la massima gravità dello stesso, sin da potersi considerare che sia stato un mero pretesto per uno sfogo dell'impulso violento».
Oste colpisce Massimo per colpire Patrizia. E lo fa domenica 31 dicembre, quando probabilmente li vede tornare a casa. I due trascorrono la giornata insieme, fanno spesa in un supermercato. Arrivano in via Gottardo in serata e salgono in casa. Alle 20,15 Oste, dai filmati delle telecamere raccolti dalla polizia, si vede passeggiare su e giù, fino alle 20,25. Sembra impaziente.
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Forse preleva l'arma all'interno del bar e raggiunge i vicini giardini pubblici al fondo di via Gottardo. Massimo e Patrizia lasciano la spesa in cucina e riscendono a portare il cane della donna a fare una passeggiata. Ma piove, e il cane non gradisce. Così tornano a casa. Massimo saluta l'amica e va verso la macchina, parcheggiata a lato dei giardini. Oste, osserva, aspetta e poi spara. Poi se ne va come nulla fosse. Il giorno dopo si scopre il cadavere.
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