Fabio Amendolara per la Verità
SCAFARTO
Dopo aver riletto tutti i messaggi della chat che condivideva con i suoi uomini su Whatsapp, acquisiti dalla Procura di Roma e trascritti in 4.000 pagine, il capitano dell' inchiesta Consip Gianpaolo Scafarto, accusato di aver taroccato in due punti l' informativa conclusiva inviata in Procura e di rivelazione del segreto d' ufficio, è riuscito a ricostruire che cosa sia accaduto.
A remare contro sarebbe stato il sistema informatico del suo computer. La Verità è in grado di ricostruire, grazie a diversi testimoni, i contenuti della memoria difensiva che Scafarto ha presentato in Procura a Roma. Il capitano ha raccontato di aver modificato l' informativa così come gli era stato segnalato dal suo sottoposto, attribuendo a Italo Bocchino e non all' imprenditore Alfredo Romeo la frase sul presunto incontro con Tiziano Renzi.
Alfredo Romeo 3
«Il capitano», riferiscono le persone con cui ha parlato, «stava lavorando contemporaneamente su più file word». Mentre era in viaggio per Roma gli si è spento il computer. «Una volta acceso e aperto il programma, Word ha recuperato automaticamente i file che erano stati chiusi in modo non corretto, chiedendo quale versione dei documenti volesse salvare». A quel punto avviene il pasticcio. E il capitano salva la versione dell' informativa meno aggiornata, ovvero quella che riportava ancora l' attribuzione della frase a Romeo e non a Bocchino.
Il 7 gennaio le 1.026 pagine dell' informativa sono pronte e il capitano scrive nella chat di aver inviato una copia sulla mail di due marescialli. Chiede di stamparla e dà un ordine ben preciso: dice a tutti i suoi uomini di rileggerla. Sulla chat compaiono due «ok». Uno è del brigadiere Remo Reale. Proprio il militare che, sempre sulla chat, gli aveva segnalato l' errore nell' attribuzione della frase sull' incontro con babbo Renzi.
italo bocchino
Una circostanza che smentisce clamorosamente ciò che il brigadiere ha dichiarato alla Procura di Roma, ovvero di non essere stato interpellato per la lettura dell' informativa e di non averla ricevuta in copia. Ma sempre nella chat c' è un' altra disposizione precisa: tutti i militari per due giorni avrebbero dovuto dedicarsi esclusivamente alla lettura del documento investigativo e avrebbero dovuto avvisarlo nel caso in cui avessero modificato qualcosa.
Cosa che non è avvenuta. E la frase incriminata è rimasta attribuita a Romeo. L' altra accusa che gli muovono i magistrati romani riguarda informazioni fornite ai servizi segreti, in particolare all' Aise, l' intelligence che si occupa di controspionaggio interno. Ultimo, ovvero il colonnello Sergio De Caprio, che da capitano dei carabinieri guidò la cattura di Totò Riina, prima di passare all' Aise era il vicecomandante del Noe. E per questo sapeva dell' inchiesta che, però, in quel momento era ancora in una fase embrionale. Quando Ultimo era ancora al Noe il pm anglo-napoletano Henry John Woodcock dà incarico a Scafarto di rileggere tutti i documenti dell' indagine su Cpl Concordia, dove erano emerse tracce di collegamenti con Consip.
MATTEO E TIZIANO RENZI
Il capitano studia gli atti e prepara una proposta investigativa per il pm. Ovviamente informa anche il suo superiore, il colonnello De Caprio, consegnandogli, con molta probabilità, anche una copia cartacea di tutto. Ma le informazioni si fermano al mese di marzo del 2016, quando Ultimo passa dai carabinieri del Noe all' Aise.
L' aggiornamento sull' inchiesta Consip, è il sospetto della Procura di Roma, sarebbe arrivato all' Aise un anno dopo, ovvero il 3 marzo scorso, quando dal telefono cellulare del capitano è partito il file dell' informativa indirizzato al maresciallo Fabio Celestino, ex Noe transitato al Rud, letteralmente Raggruppamento unità difesa, ovvero il reparto dei carabinieri dedicato alle esigenze dell' Aise.
capitan Ultimo e la sua aquila1
«Quella mail è stata inviata involontariamente», si è sfogato Scafarto con i colleghi. La nota, in realtà, era diretta a un suo superiore: il tenente colonnello Fabio De Rosa. Quel giorno Scafarto era in treno con il pm Henry John Woodcock diretto a Firenze, per l' interrogatorio di Carlo Russo.
Nel momento in cui ha scritto il destinatario della mail, il completatore automatico di Gmail ha suggerito al capitano tutti i destinatari presenti in memoria col nome Fabio. Invece di cliccare su fabio.derosa@carabinieri.it il capitano con molta probabilità ha cliccato sul Fabio dell' Aise. Dai carabinieri del Noe, insieme a Ultimo, erano passati ai servizi altri 20 militari che, alcuni giorni fa, sono stati «restituiti» all' Arma. I vertici dei servizi sono stati informati che alcuni carabinieri che si sono occupati dell' inchiesta Consip avrebbero continuato a collaborare con i loro ex colleghi transitati all' Aise «a totale insaputa di tutti i vertici dell' agenzia e creando di fatto la fine del rapporto di fiducia». Comunque che l' indagine fosse pericolosa il capitano l' aveva capito subito.
henry john woodcock
Il 7 agosto 2016, infatti, scrive un messaggio Whatsapp al colonnello Alessandro Sessa (attuale numero due del Noe, indagato dalle toghe romane per depistaggio): «La verità è che qualsiasi scelta decidiamo di prendere non è facile, perché sono cambiate le condizioni e perché, probabilmente, se abbiamo iniziato questa attività (Consip, ndr) è per accontentare il vice e il dottore». Il vice è Ultimo, il dottore è Woodcock. E la premonizione era esatta: col cerino in mano sono rimasti solo il capitano e il suo superiore indagato per depistaggio.