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    “UN BUFFONE CHE NON FA PIU’ RIDERE” – "L’EQUIPE" DEMOLISCE BENOIT PAIRE, L’ALFIERE DEL TENNIS A PERDERE. IL FRANCESE CON LE SUE SCONFITTE HA FATTO SCOPPIARE IL BUBBONE DELLE CLASSIFICHE CONGELATE PER CHI PERDE SEMPRE. LUI SI DIFENDE: “APPROFITTO DEL SISTEMA” - LA ROSICATA PER L'ELIMINAZIONE AL FORO: "MI SONO VACCINATO 2 GIORNI FA, HO CHIESTO DI GIOCARE PIÙ TARDI MA MI HANNO FATTO GIOCARE LUNEDÌ ALLE 10”. LA FOTO AL CAMPO PER UN PUNTO CONTESTATO- VIDEO


     
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    Da ilnapolista.it

     

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    La Francia del tennis non ha molta voglia di vedersi rappresentata da “un buffone che non fa più ridere”. L’Equipe dedica due pagine a Benoit Paire, l’alfiere del tennis-a-perdere. Paire anche a Roma ha perso al primo turno, più o meno volontariamente, contro Stefano Travaglia. S’è fatto multare per aver fotografato col telefonino il segno di una palla contestata, e poi in conferenza stampa ha accusato l’organizzazione degli Internazionali (non è la prima volta) di averlo messo in campo al mattino nonostante lui avesse chiesto di giocare il più tardi possibile, visto che aveva fatto il vaccino appena il giorno prima (“mi faceva ancora male il braccio…”).

     

    Ma, soprattutto, nella conferenza stampa post-match Paire ha spiegato ancor meglio che in altre occasioni la sua tattica di protesta: sfrutta il sistema delle classifiche “sospese” per veleggiare sul circuito, e guadagnare incassando i gettoni di presenza dei principali tornei del mondo. Perde ma conserva il ranking. Poi, se gli fanno la grazia di farlo giocare con un po’ di pubblico allora si sveglia e magari vince, come a Madrid.

     

     

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    L’Equipe ce l’ha con Paire, ma di più con questo sistema che ha rotto il tennis, danneggiando chi gioca bene e vince e proteggendo chi invece non gioca affatto o lo fa malissimo perdendo sempre. In pratica ha sospeso la meritocrazia per un anno e mezzo abbondante.

     

    “Sono ancora molto ben classificato eppure ho vinto due partite in due anni”, ha detto cinicamente Paire.

     

    A seguito della chiusura del circuito a causa della pandemia tra marzo e agosto 2020, ATP e WTA hanno deciso di congelare punti e classifiche. Con l’obiettivo dichiarato di proteggere i giocatori che non volevano – o non potevano – viaggiare nel mezzo di una pandemia. Producendo distorsioni evidenti.

     

    Ashleigh Barty ha mantenuto il suo posto di numero 1 del mondo nonostante abbia interrotto la sua stagione 2020 a Doha a febbraio, mentre Nick Kyrgios, 40esimo al mondo a marzo 2020, è sceso di soli sedici posti da allora, giocando solo due tornei negli ultimi quindici mesi.

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    Da allora l’ATP ha deciso di procedere con un disgelo graduale, fino al 9 agosto 2021, per i tornei annullati nel 2020 o giocati in date insolite nel calendario, come il Roland Garros. I punti acquisiti tra marzo e agosto 2019, che normalmente sarebbero dovuti scomparire, verranno conteggiati al 50%. Tutto ciò permette a Paire, numero 129 nella Race (la classifica annuale), di restare inchiodato al 35esimo posto nonostante quindici sconfitte nelle ultime diciassette partite.

     

    “Ho vinto a Marrakech (nel 2019, torneo annullato nel 2020) quindi manterrò i punti della finale”, spiega Paire. L’Equipe lo sfotte: “Probabilmente ha passato più tempo a decifrare il sistema che ad allenarsi”.

     

    Paire, vincitore a Lione nel 2019, è certo di mantenere 125 dei 250 punti del suo titolo, l’equivalente di una finale, indipendentemente dal suo risultato a Ginevra, che giocherà in contemporanea. “Quindi, sia che perdo al primo turno o raggiungo la finale, è la stessa cosa”.

     

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    A marzo Zverev aveva parlato di “un disastro”: “Non c’è un tifoso di Roger Federer più grande di me, ma non gioca da un anno intero ed è meglio classificato di me che ho giocato una finale di uno Slam e ho vinto due tornei”, ha detto il tedesco.

     

    Il sistema insomma favorisce chi gioca poco e male, come Gaël Monfils – 15esimo senza aver vinto una sola partita da febbraio 2020 – e soprattutto penalizza chi nel frattempo vince.

     

     

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    Laura Guidobaldi per https://www.ubitennis.com

     

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    Ci risiamo. Benoît Paire ne ha combinata un’altra delle sue, e nulla hanno potuto le buone sensazioni apparentemente ritrovate sulla terra madrilena la settimana scorsa. A Roma, durante il primo match di primo turno contro Stefano Travaglia, sul 6-4 2-2 del secondo set per il tennista marchigiano, il francese ha esternato tutto il suo malcontento per un servizio decretato out da Carlos Bernardes.

     

    Sono arrivati poi tre doppi falli, il conseguente break per l’azzurro, nonché un warning al francese per ripetute proteste. Infine, Benoît ha fotografato col telefono il segno della disputa, convinto che la sua palla avesse toccato la riga (una trovata che a Roma aveva già adottato Fucsovics due anni fa). A nulla sono serviti gli avvertimenti di Bernardes sul fatto che sarebbe incorso in una multa. Da quel momento, il blackout e il nostro Travaglia si è aggiudicato il match per 6-4 6-3.

     

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    In conferenza stampa, rispondendo ai giornalisti francesi, il 32enne di Avignone ha spiegato a briglia sciolta il suo stato d’animo e la sua mancata motivazione dovuta al fatto di ritrovarsi in uno stadio completamente vuoto: “Intanto, per cominciare, mi sono vaccinato due giorni fa. Ho chiesto dunque di poter giocare il più tardi possibile perché per me il vaccino è una cosa molto importante e penso che lo sia per tutti quanti. Per questa ragione sono potuto arrivare a Roma solo ieri sera.

     

    Mi fa ancora un po’ male il braccio dopo l’iniezione, è un po’ complicato alzarlo ma lo sapevo; ho chiesto di giocare tardi e alla fine mi sono trovato a giocare stamattina alle 10. Questo vuol dire che non ho neanche potuto palleggiare un po’ qui e non ho potuto allenarmi gli ultimi giorni“. Un episodio simile era accaduto già prima del suo esordio contro Sinner nell’edizione 2020; Paire aveva chiesto all’organizzazione che venisse posticipato l’incontro, che invece si è giocato regolarmente di lunedì con Paire al limite del tanking.

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    “Per me resta una partita, ho fatto del mio meglio” ha proseguito Benoît. “Il risultato alla fine non è molto importante, ciò che importa è aver ritrovato il campo, aver giocato un po‘. Come ho detto già altre volte, per me si tratta soprattutto di un allenamento finché ci sono gli stadi vuoti” prosegue Paire. “Ne ho già parlato ed è ciò che provo. Quando sono arrivato lo stadio era a porte chiuse, tutto vuoto, senza neanche un tifoso, ed è difficile sapendo bene che tipo di atmosfera c’è a Roma di solito; ho già giocato bene qui in passato e conosco bene quell’atmosfera e vedere lo stadio così per me è un po’ dura. Comunque vado avanti, settimana dopo settimana. Non sono preoccupato per il mio tennis. Vado a Ginevra la settimana prossima, poi a Parma e poi al Roland Garros e cercherò di fare del mio meglio quando ci sarà un po’ di gente, come ho detto sempre“.

     

     

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    Il francese poi entra nel merito dell’episodio incriminato durante la partita con Travaglia. “La palla? Beh, come ho detto, quando gioco senza pubblico per me è un po’ come se mi stessi allenando e quindi sono andato a vedere il segno come avrei potuto fare giocando contro un amico. Ecco tutto. Sono arrivato su un campo che ho davvero amato in passato perché ci ho giocato benissimo e invece è vuoto. Arrivare così su un campo vuoto, come succede per gli allenamenti, per me è un po’ dura. Allora sì, mi sono un po’ bloccato sul segno, ma come avrei potuto fare con i miei amici in allenamento quando scherziamo ma non è quel che segno che mi ha davvero disturbato. Non mi aspettavo di fare un match pazzesco dopo Madrid e la vaccinazione“.

     

     

    Poi, lo stesso Benoît parla della classifica: “Non bisogna dimenticare che dopo tutte queste settimane, e nonostante abbia vinto due match in due anni, ho una buona classifica. Sono n. 35 del mondo. Ho conservato un po’ di punti di Marrakech, Lione e Roland Garros. Anche se scendessi al n. 50, non importa. Spero che la pandemia passi e che possa ritrovare un po’ di piacere ad essere in campo. L’avevo ritrovato un po’ a Madrid con i tifosi, ma non sono preoccupato per la classifica. Per me la Race non significa nulla, a parte per il Masters di fine anno.

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    Per il resto sono abbastanza contento, ecco tutto. Ho ancora il doppio da fare e poi andrò a Ginevra con la mia famiglia, sono tranquillo”. Non prima però di essersi goduto un po’ la capitale italiana. “Dopo il torneo resterò ancora a Roma per qualche giorno per godere un po’ del tempo libero, vedo che qui i ristoranti sono aperti, quindi voglio approfittarne un po'”.

     

    L’avignonese non si cura della classifica, ma come gestirà le partite al Roland Garros dove, sì, ci sarà il pubblico, ma i match sono al meglio dei cinque set e lui, finora, ha pochissimo tennis nelle gambe? “Mi allenerò, non ho detto il contrario. L’ho fatto dopo Madrid e sto cercando di farmi aiutare anche dal punto di vista atletico. Non sto dicendo che voglio smettere di allenarmi, ma solo che in questo momento per me è difficile affrontare questa situazione ai tornei.

     

    Voi mi conoscete, sapete che sono alquanto sensibile. Quando eseguo bei colpi ora vengono trasmessi solo su Tennis TV e intorno al campo c’è il silenzio totale; che faccia un errore o un vincente, è esattamente la stessa cosa, quindi ho davvero la sensazione di trovarmi in allenamento e non in gara. Non voglio gettare la spugna ma, in simili condizioni, non riesco ad essere competitivo. Cerco di fare il possibile”.

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    Parigi dovrebbe portare con sé un pizzico di normalità in più, sempre con le dovute limitazioni. “Poi, come detto, al Roland Garros ci sarà un po’ di gente, cercherò di allenarmi, di ritrovare una certa condizione fisica e il piacere di giocare con degli amici. Se non ce la farò per il Roland Garros, sarà per i prossimi tornei. Comunque sia, finché la situazione è questa, io non ci riesco anche se faccio il possibile. Ogni settimana salto da una città all’altra per un torneo, quando c’era un torneo non troppo importante per me come Estoril, sono andato alle Maldive ma poi ho giocato a Madrid. Adesso sono a Roma e poi andrò a Ginevra con i miei genitori, continuerò ad allenarmi e cercherò di trovare un allenatore.

     

    Mi piacciono i tornei e la loro atmosfera, anche quelli piccoli. Ad essere onesto quindi non ho molta paura, perché sento che ho ancora il mio gioco. Quando colpisco la palla ho buone sensazioni. È solo un po’ difficile e delicato mentalmente. Se non sarà a Roland Garros, sarà Wimbledon, e se non sarà Wimbledon sarà lo US Open. Sarò comunque in tabellone“.

     

    “Dovrò forse vincere qualche match per essere nei Masters 1000 di quest’estate”, puntualizza il francese, “anche se ho visto che il torneo in Canada verrà certamente annullato”. Questa notizia peraltro non era stata data da nessuno prima che ne parlasse Paire, e siamo ancora in attesa di poterla verificare.

     

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    “Io arrivo motivato ai tornei ma poi quando vedo gli stadi vuoti per me è difficile, perfino a Roma” ha concluso Paire. “Io approfitto del sistema, so che sono n. 35 e anche se la settimana prossima dovessi perdere al primo turno, conserverei comunque una finale, perché ho ancora la metà dei miei punti.

     

    E quindi, la settimana prossima, che mi fermi al primo round o faccia finale, è la stessa cosa. È difficile poi parlare di motivazione. Perché alla fine ora è come se avessi vinto un ‘250’ in quattro settimane, perché ho Lione e Marrakech e i due tornei messi insieme fanno una vittoria in un ‘250’. Ecco, non sono preoccupato, quando ritroverò la motivazione e la condizione atletica, il mio tennis ci sarà, e quindi non ho neppure fretta di ritrovare il mio miglior livello“.

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