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    UN VIVAIO DORATO - VIAGGIO NEL “SISTEMA ATALANTA” CHE SFORNA CAMPIONCINI A CHILOMETRI ZERO: I TALENT SCOUT PESCANO I RAGAZZI NELLA PROVINCIA ITALIANA E NON ALL'ESTERO - L’UNDER 15 È CAMPIONE D’ITALIA IN CARICA E DAL ‘91 IL CLUB HA CONQUISTATO 19 TITOLI CON LE SQUADRE GIOVANILI - IL CLUB E’ IL 16ESIMO AL MONDO PER PRODUZIONE DI TALENTI


     
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    Cosimo Cito per “la Repubblica”

     

    MINO FAVINI MINO FAVINI

    Dalla culla all’Azzurri d’Italia, l’Atalanta è un’idea che «ti sta nel sangue, ti prende, ti appartiene e tu finisci per appartenerle». Dentro al cuore di Emiliano Mondonico il nero e l’azzurro sono una passione che non passa. «Come si fa, quando entri in quello stadio, quando senti quella gente, come si fa a non sentire di nuovo il calcio com’era?».

     

    Il calcio com’era, questo, anche questo, c’è nel miracolo permanente della Dea, quarta in campionato, 19 punti su 21 nelle ultime 7 giornate, giovane e bellissima com’era la sua eponima eroina. A Bergamo si nasce atalantini: dal 2010 il presidente Percassi regala a tutti i neonati di città e provincia una maglia nerazzurra. Si inizia ad appartenere così all’idea. Dagli 8 anni di età, poi, nessun bambino della bergamasca che calci e stoppi bene un pallone sfugge agli occhi delle decine di scout sparsi per il territorio.

    ATALANTA CAMP A ZINGONIA ATALANTA CAMP A ZINGONIA

     

    A capo di questa struttura, dal 1991 al 2015, il “Mago” Mino Favini, classe 1936. In un quarto di secolo, da Morfeo a Montolivo, da Pazzini a Gagliardini, convocato ieri da Ventura al posto dell’infortunato Marchisio, i suoi ragazzi sono benzina verde nel motore del calcio italiano: «Ci sono società che vanno all’estero a pescare i loro talenti, noi non ci allontaniamo dalla provincia. Diamo un pallone tra i piedi ai ragazzi e li invitiamo a giocare, a dribblare, a divertirsi. Le doti tecniche per me vengono prima di qualunque altra cosa, il fisico non conta così tanto in questo sport che è fatto di destrezza più che di potenza, di testa più che di gambe».

     

    ATALANTA CAMP A ZINGONIA ATALANTA CAMP A ZINGONIA

    Zingonia è il simbolo postmoderno di questa filosofia. Il centro sportivo, uno dei primi costruiti in Italia, è la casa di tutte le squadre nerazzurre, dai giovanissimi B alla Primavera. I ragazzi si allenano sugli stessi campi della prima squadra, così si resta atalantini. Nell’ultimo weekend, sei vittorie su sette partite per le selezioni nerazzurre. L’U. 15 è campione d’Italia in carica. Dal ‘91 la bacheca si è arricchita con 19 titoli nazionali. Una marea.

     

    Dei 270 ragazzi tesserati per la Dea, nemmeno 20 sono stranieri, un’altra decina appena proviene da fuori regione. «Questa» prosegue Favini «è l’idea principale che abbiamo avuto: non spezzare il legame tra i ragazzi e le loro famiglie, dare a tutti loro la possibilità di allenarsi e restare con i propri cari. Su loro l’Atalanta ha una sorta di prima scelta, se ce ne sono di bravi li prendiamo noi. Oggi celebriamo Caldara, Gagliardini, Conti, Grassi. Per me, che li ho visti bambini, è la stessa gioia che prova un contadino al momento del raccolto».

     

    ATALANTA CAMP A ZINGONIA ATALANTA CAMP A ZINGONIA

    La geografia interna è cambiata dopo Favini, oggi il responsabile del settore giovanile si chiama Maurizio Costanzi, il coordinatore Giancarlo Finardi. Il loro lavoro (la società spende 4 milioni l’anno per il settore giovanile) si riversa nelle mani di Giovanni Sartori, il responsabile dell’area tecnica. E di Gabriele Zamagna, il ds: «La nostra politica ci sta dando ragione, ma un grande merito va dato a Gasperini».

     

    L’oggi, all’Atalanta, viene sempre dopo il domani. Sono 16 i prodotti del vivaio sparsi sui campi della serie A. Da un’indagine del 2015, il club risulta il 16° al mondo per produzione di talenti. Ma come trasformare tanta potenza in atto, dov’è il detonatore? Mondonico indica quel catino verde da 20 mila posti: «A Bergamo non si dice “andiamo allo stadio”, ma “andiamo all’Atalanta”, i ragazzi lo sanno, la Dea è un fuoco che si accende nel petto, passate un pomeriggio all’Azzurri e capirete».

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