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    YARA NON C’È (È ANDATA VIA?) - ECCO LA FOTO SATELLITARE CHE CREA SCOMPIGLIO NEL PROCESSO BOSSETTI: SCATTATA UN MESE PRIMA DEL RITROVAMENTO, IL CADAVERE NON SI VEDE - IL VIDEO DEGLI OPERATORI DURANTE IL RITROVAMENTO: ‘SECONDO TE È STATA QUI TRE MESI O CE L’HANNO PORTATA?’ ‘TE LO DICO DOPO’ - E POI IL DNA: PUÒ RESTARE TRE MESI ALLE INTEMPERIE SENZA DEGRADARSI?


     
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    Giangavino Sulas per ‘Oggi

     

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    Una foto satellitare e un esperimento giudiziale sulla degradazione del Dna nel campo di Chignolo possono salvare Massimo Bossetti e scompaginare l¹inchiesta sull¹omicidio di Yara Gambirasio. «Non sono le carte della disperazione. Sono due decisioni che chiediamo alla Corte di Brescia per fare chiarezza su una tragica vicenda piena di dubbi, misteri e contraddizioni», dicono i difensori del muratore di Mapello.

     

    «Il vero colpo di scena in questo processo per l¹omicidio di Yara non è tanto il ritrovamento di una immagine satellitare del campo di Chignolo, risalente al 24 gennaio 2011, nella quale non appare il corpo della ragazza, ma il fatto che della stessa fotografia la Procura di Bergamo fosse già in possesso e ne abbia sempre negato l¹esistenza impedendo alla difesa di Bossetti di prenderne visione. Ce l¹hanno nascosta. Salta fuori solo quando hanno saputo che l¹avevamo. Come mai non era nel fascicolo del processo e neppure in quello del Pm Letizia Ruggeri? Ecco perché io oggi posso insinuare che in questa inchiesta ci sia stato un depistaggio».

     

     La foto satellitare rischia di scompigliare il processo per due motivi. Il primo: Pm e Scientifica sostengono che Yara sia morta nel campo di Chignolo la stessa sera in cui scomparve, il 26 novembre del 2010. Bossetti l¹avrebbe abbandonata lì in fin di vita. Ma se un mese prima del ritrovamento, di quel corpo nel campo non c¹è traccia, l¹impianto accusatorio salterebbe per aria. Secondo: come sarebbe stato possibile, per Bossetti, nascondere per almeno due mesi - dal 26 novembre 2010 al 24 gennaio 2011 - il cadavere della sua vittima?

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    «MASSIMO È UNA VITTIMA SACRIFICALE»

    Claudio Salvagni, difensore con Paolo Camporini di Massimo Bossetti, alla vigilia del processo d¹Appello l¹aveva annunciato: «La mia non sarà un¹arringa polemica. Sarà violenta. Darò sfogo alle convinzioni che ho maturato in questi anni. Bossetti è una vittima sacrificale. È finito in un tritacarne giudiziario».

     

    E perché il suo concetto sia chiaro, ricorda due episodi storici della cronaca: «La cartuccia inesplosa di una pistola calibro 22 trovata luccicante, durante una perquisizione, nell¹orto di Pietro Pacciani, presunto Mostro di Firenze, condannato a sette ergastoli in primo grado e assolto in Appello, e il lamierino di un ordigno esplosivo lasciato in una chiesa da Unabomber che era diventato la prova contro l¹ingegner Elvo Zornitta. Furono i consulenti della difesa a salvare Zornitta scoprendo che era stato rimaneggiato da un poliziotto, poi condannato, con un paio di forbici sequestrate proprio in casa dell¹imputato così da dimostrare chi aveva confezionato quell¹ordigno».

     

    «SE CI FOSSE IL CADAVERE SI VEDREBBE»

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    Due episodi che fanno capire il clima rovente che si respira in Corte d¹Assise d¹Appello a Brescia, malgrado i richiami alla calma e alla serenità del presidente Enrico Fischetti. L¹Accusa ha chiesto per Bossetti la conferma dell¹ergastolo e sei mesi di isolamento diurno per la calunnia nei confronti di un collega. Ma quali sono le carte della Difesa?

     

    I difensori attaccano l¹impianto accusatorio su tre fronti. Il deposito agli atti di una fotografia di un satellite commerciale americano passato sul campo di Chignolo il 24 gennaio 2011, quando Yara era scomparsa misteriosamente da quasi due mesi. «Questa immagine dimostra che il corpo di Yara non era in quel campo in quella data», dice Salvagni, «Quindi la ragazza non è stata uccisa a Chignolo, come sostiene l¹Accusa. La vittima per due mesi è stata altrove.

     

    È la conferma delle dichiarazioni fatte dagli elicotteristi della Protezione civile che, per cercare Yara, si alzavano dalla pista del Volo a vela di Valbrembo ed erano costretti a passare sul campo di Chignolo, un corridoio obbligato essendo proibito volare sui centri abitati. Elicotteristi mai sentiti dalla Procura. Possiamo immaginare che Bossetti abbia tenuto nascosto per due mesi il corpo di Yara? Oppure bisogna scarcerarlo e rifare il processo?».

     

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    A scoprire l¹immagine satellitare del campo di Chignolo è stato il blogger milanese Gianluca Neri, oggi sotto processo (sentenza prevista il 17 luglio) per accesso abusivo a sistemi informatici e violazione della privacy in relazione alla tentata diffusione di alcune fotografie di una festa privata di Elisabetta Canalis nella villa di George Clooney. Neri è impegnato nella realizzazione di un documentario in otto episodi sull¹omicidio di Yara che si intitolerà Unknown 1 (Ignoto 1) e di un libro, entrambi pronti fra un anno.

     

    «È stata scattata dal satellite commerciale americano WorldView alle 10.41, Zulu time, che in Italia corrispondono alle 11.41», dice Neri a Oggi: «La risoluzione va dai 20 ai 30 cm per pixel, molto buona per un satellite non militare, visto che avevo cercato anche immagini dai satelliti militari, ma le loro fotografie sono secretate. Si notano i cespugli uno per uno. Ho una certezza: se ci fosse il corpo di Yara lo vedremmo».

     

    I difensori di Bossetti mostrano, con una animazione, una sovrapposizione di questa immagine con il video del campo di Chignolo fatto dalla polizia dall¹alto di una gru la mattina del 27 febbraio 2011, il giorno dopo il ritrovamento. Un video che oggi.it ha mostrato in anteprima e nel quale uno degli operatori chiede: «Ma secondo te è stata qui tre mesi o l¹hanno portata dopo?». Il collega ha una esitazione, poi risponde:«Te lo dico dopo».

     

    Il secondo fronte d¹attacco della difesa è un esperimento giudiziale che nasce da una scoperta di Peter Gill, lo scienziato britannico considerato il padre delle ricerche sul Dna, con il quale Salvagni e il genetista Marzio Capra hanno avuto un lungo incontro a Londra. Peter Gill è stato esplicito: «In quelle condizioni di tempo, con pioggia, neve e umidità il Dna, dopo sei settimane, si degrada. Congelandosi e scongelandosi il profilo genetico non resiste per tre mesi, quindi dodici settimane, e non può essere considerato utile per una analisi seria».

     

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    I difensori di Bossetti, prima ancora di chiedere la superperizia sul profilo genetico, chiedono quindi che venga fatto un esperimento giudiziale nel campo di Chignolo per verificare, se in condizioni climatiche analoghe a quelle dell¹inverno 2010-2011, il Dna possa conservarsi per tre mesi come è successo con quello di Ignoto 1.

     

    Contemporaneamente Salvagni e Camporini chiedono alla Corte l¹audizione di Peter Gill in aula: «Lo scienziato britannico è pronto a venire a Brescia per illustrare i risultati dei suoi studi. Se l¹esperimento giudiziale ci desse ragione, come riteniamo, qualcuno dovrà spiegarci da dove è arrivato quel Dna così abbondante e di ottima qualità», aggiungono.

     

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     La terza carta è la superperizia: «Siamo convinti che quel profilo genetico non appartenga a Bossetti. E anche l¹Accusa ha mostrato incertezze se in primo grado ha sostenuto che doveva trattarsi di liquido seminale e invece a Brescia è diventato una traccia di sangue».

     

    Quanto all¹Accusa, mentre a Bergamo il Pm Ruggeri aveva ammesso di non conoscere il movente e la dinamica dell¹omicidio, a Brescia il Sostituto procuratore Marco Martani ha ipotizzato che Yara e Bossetti si conoscessero almeno di vista («I loro sguardi si sono incrociati») e che quella sera, mentre tornava a casa, Yara avrebbe fatto cadere il cellulare rompendolo.

     

    «Ecco perché non è mai stato ritrovato», ha detto Martani, «Proprio in quel momento passava Bossetti che si sarebbe fermato offrendo aiuto. Agli occhi della ragazza non era un personaggio allarmante, forse lo aveva visto in un cantiere con il padre. E sarebbe salita sul camioncino. Cosa è successo dopo ce lo può raccontare solo Bossetti. Ma non lo farà mai». 

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