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    BRUCIARE TUTTO, BRUCIARE SITI – A “TEMPO DI LIBRI” PAREGGIO TRA LO SCRITTORE E LA SUA STRONCATRICE MICHELA MARZANO – LEI: ''LA PEDOFILIA NON È UNA PRATICA SESSUALE, PERCHÉ FA MORTI E FERITI” - LUI: "LA LETTERATURA NON DEVE DIMINUIRE LA SOFFERENZA DEL MONDO MA RACCONTARLA" - VIDEO


     
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    Alberto Mattioli per la Stampa

     

    Per veder scorrere un po' di sangue letterario si è dovuto aspettare l' ultimo giorno. Faccia a faccia, lo stroncato e la stroncatrice più commentati a Tempo di libri: Walter Siti con il suo romanzo Bruciare tutto (Rizzoli) e la filosofa Michela Marzano come suo recensore, e proprio su Repubblica di cui entrambi sono collaboratori.

    MARZANO SITI MARZANO SITI

     

    In mezzo, il nostro Bruno Ventavoli. Per la verità, in origine il responsabile di Tuttolibri aveva pensato a una colta chicca, proporre agli autori la difficile arte dell'«autostroncatura», come in una remota rubrica dell' inserto della Stampa .

     

    Ma è troppo forte il baccano sul romanzo di Siti, che in effetti si presta per il soggetto, un prete pedofilo, per la dedica a don Milani, per il dibattito sui giornali e le risse sui social che ne sono seguiti. Così fatalmente il caso Bruciare tutto ha davvero bruciato tutto il resto, autostroncature incluse.

    Dunque, appuntamento ieri alle 12,30. E, scelta insensata dell' organizzazione, in sala Bodoni, la più piccola, 49 posti in tutto, che infatti diventa subito pienissima e caldissima, zeppa di gente in piedi, e spesso su quelli degli altri.

     

    Almeno, però, si salva il fair play. Il romanziere e la filosofa si stringono la mano, passano dal «lei» al «tu», si fanno «selfare». Senza rinunciare a puntigliosi distinguo, però. Siti, intanto, fa chiarezza sulla dedica: «Non volevo insinuare nulla. Avevo 21 anni nel '68 e Lettera a una professoressa è stato un libro guida. Da allora ho letto tutto quel che ho potuto su don Milani.

     

    WALTER SITI WALTER SITI

    Alcune sue affermazioni, linguisticamente, mi hanno scioccato. Ma ho sempre dato per scontato che non avesse mai lasciato adito a niente che potesse scandalizzare. Se c' era una pulsione, don Milani l' ha mantenuta nel recinto del proprio inconscio. Un atto di sublimazione straordinario, dedicare l' intera vita ai ragazzi, trasformare un' ossessione in qualcosa di utile alla comunità».

     

    Va bene, tutto chiaro. Poi Siti recensisce la recensione, spiegando perché il suo romanzo non è né «cinico» né «a tesi». E qui la palla passa a Marzano, molto attenta a negare intenti censori. «Nel mio pezzo, la parola "inaccettabile" con cui è stato titolato non c' è» (vero, il titolista anonimo colpisce ancora). Ma conferma le bordate su una storia «poco autentica», su personaggi «che non convincono», su un intreccio «poco credibile». E, soprattutto, l' accusa di confondere due livelli che devono restare distinti: quello del desiderio, oscuro per definizione, e quello della pratica, inammissibile. «La pedofilia non è una pratica sessuale, perché fa morti e feriti».

     

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    E qui si cristallizza il duetto, con gran scialo di citazioni, Bernanos, Camus, perfino santa Teresa d' Avila. In sintesi, Siti dice che «il compito della letteratura non è quello di diminuire la sofferenza del mondo, ma di raccontarla». Marzano ribatte che sì, «il romanzo può trattare qualsiasi argomento, ma l' importante è come».

     

    Vale anche per le discussioni, però. Siti è più ironico, Marzano sembra la quintessenza della professoressa democratica, diciamo una prof-dem al quadrato (e forse ne è consapevole: «Diranno che sono insopportabile, moralista, professoressa»), quindi alla fine prende più applausi lui di lei. Però si è parlato di letteratura, in un salone dove di regola si è disquisito molto più di ciò di cui parlano i libri che del modo in cui lo fanno. Quanto all' autostroncatura, sarà per la prossima volta.

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