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    A VOLTE SUCCEDE: “L’ESPRESSO” ASSOLTO DALL’ACCUSA DI AVER DIFFAMATO ILARIA CAPUA – IN UN’INCHIESTA DI LIRIO ABBATE ("TRAFFICANTI DI VIRUS"), LA VIROLOGA VENICA ACCUSATA DI AVER DIFFUSO IL VIRUS DELL’AVIARIA PER FARE SOLDI CON L’OFFERTA DI UN VACCINO


     
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    Dal “Fatto quotidiano”

     

    l inchiesta dell espresso l inchiesta dell espresso

    Nessuna diffamazione da parte dell' Espresso nei confronti della virologa Ilaria Capua, in passato al centro di un' inchiesta giudiziaria per traffico di virus da cui è stata completamente assolta. Lo ha deciso il gip di Velletri, Gilberto Muscolo, che ha archiviato il procedimento che vedeva imputati l' allora direttore del settimanale Luigi Vicinanza e l' attuale vicedirettore, Lirio Abbate.

     

    ilaria capua 4 ilaria capua 4

    Il gip ha invece ordinato la restituzione degli atti al pm per la prosecuzione delle azioni di sua competenza con riferimento al reato di "pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale". I fatti risalgono al 2014, quando Capua (direttrice del Centro One Health all' Università della Florida) denunciò L' Espresso ritenendosi diffamata da un' inchiesta giornalistica che dava conto dell' indagine in cui la scienziata, poi risultata estranea ad ogni addebito, veniva accusata di aver diffuso il virus dell' aviaria per fare soldi con l' offerta di un vaccino.

    copertina del libro di ilaria capua copertina del libro di ilaria capua

     

    La procura di Velletri aveva chiesto al gip l' archiviazione del procedimento. Decisione cui si era opposta Capua. Il giudice ha però rigettato il suo ricorso, affermando che - come si legge nella motivazione - "il testo dell' articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma" e che "non è una semplice invettiva personale ai danni della Capua, dato il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale".

     

    ilaria capua per scelta civica ilaria capua per scelta civica

    Il giudice, facendo riferimento alla copertina del settimanale che illustrava la notizia dell' indagine giudiziaria, ha inoltre ritenuto che "i termini, le frasi e le immagini utilizzate () siano artifizi e mere enfatizzazioni letterarie, impiegati per una personale ma fedele ricostruzione dei fatti, senza avere un carattere denigratorio e lesivo alla reputazione della querelante".

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