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    L’IMPORTANZA DI ESSERE ALBERTO ANGELA: “NON DO PESO A CHI MI CONSIDERA UN SEX SYMBOL, NEANCHE ALLE VOLGARITÀ SUI SOCIAL - MAI FUMATO, MAI USATO DROGHE E NON MI PIACE IL VINO - I FRANCESI CI DEVONO RESTITUIRE QUELLO CHE CI HANNO PRESO DOPO LA RIVOLUZIONE DEL 1789 - L’INNO DI MAMELI? E’ BRUTTO, MEGLIO ‘VA’ PENSIERO’ - MUOVO TROPPO LE MANI? CHI GESTICOLA NON E’ CAFONE - SONO DI TORINO MA DEL SUD MI PIACE TUTTO…”


     
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    Francesco Merlo per “la Repubblica”

     

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    A forza di difendere il patrimonio italiano, il patrimonio da difendere è diventato lui, Alberto Angela, che capisce la serietà della battuta e sorridendo dice che la sua regola è "la coerenza". E significa: «Non mi faccio tentare».

     

    Che vuoi dire?

    «Che innanzitutto ho detto no alla pubblicità».

     

    Immagino che ti offrano di tutto, da Sanremo in su.

    «Ci provano».

     

    Anche la politica...

    «... con me non ci prova nemmeno».

     

    Come mai nelle interviste nascondi le tue opinioni?

    alberto angela bianca berlinguer cartabianca alberto angela bianca berlinguer cartabianca

    «Non le nascondo, ma le tengo separate dal lavoro e dunque le difendo per non farmi arruolare. La mia tv è servizio pubblico».

     

    Hai abolito l' arte e la storia contemporanea.

    «Arrivo sino alla Grande Guerra».

     

    Non ti chiedo per chi voti, ma puoi dirmi almeno se sei credente?

    «È una domanda difficile e troppo personale».

     

    Sei battezzato?

    «Sì».

     

    I tuoi figli?

    ALBERTO ANGELA DA BIANCA BERLINGUER ALBERTO ANGELA DA BIANCA BERLINGUER

    «Sì».

     

    Sei sposato in Chiesa?

    «Sì».

     

    Potrei dire: ho capito.

    «E sbaglieresti. Perché io sono illuminista e positivista, racconto solo le origini scientifiche dell'universo».

     

    Come tuo padre?

    «Come mio padre. Ferocemente positivista».

     

    Dunque niente magia ed esoterismo. Quando hai raccontato "Il cenacolo" non hai fatto neppure un accenno a Dan Brown.

    «E del suo "Inferno" non mi sono piaciuti i luoghi comuni sull' Italia».

     

    Nel tuo successo c'è l'idea di Patria?

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    «Sicuramente. È quella di Ciampi, un presidente che amo molto ma non ho avuto la fortuna di conoscere. Prima di Ciampi la patria era un valore di destra, guerresco. Lui ha convinto gli italiani a fare pace con la bandiera e con l'inno».

     

    Tu lo canti?

    «Sì, anche se lo avrei preferito diverso. "Va' pensiero" sarebbe stato meglio».

     

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    Eppure qualcuno immaginò "Va pensiero" come l'inno della secessione.

    «Fu un cattivo pensiero. Figuriamoci! È stato la colonna sonora del Risorgimento. Si può dire che grazie a Ciampi anche un brutto inno è diventato un inno. E pensa che Ciampi sembrava un burocrate, un uomo di conti. Invece era un uomo di bellezza».

     

    Che vuoi dire?

    «Che la sua idea di Patria è fondata sulle emozioni, sui valori di una comunità e non sugli eserciti, sulla bandiera che sventola sul Battistero, a Pompei, nelle Langhe, sulla reggia di Caserta, sulle notti italiane che sono uniche al mondo. In nessun altro Paese si potrebbe girare una puntata sulla notte come abbiamo fatto a San Pietro, a Firenze, a Venezia, a Torino. Solo da noi la notte è così ricca di colori».

     

    È patria o matria? Le emozioni che racconti sono più matriottiche che patriottiche.

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    «Sicuramente sono emozioni che riguardano le origini, un modo di pensare, di voler bene, e poi profumi, sapori, colori, valori, sono "le meraviglie" nelle quali ci riconosciamo e dalle quali veniamo. Il caffè italiano è Patria quando sulle Ande ne senti l' odore. Ed è Patria stare a tavola, a fare convivio quando sei all' estero».

     

    Cosa è stato il viaggio nella tua educazione sentimentale?

    «Ancora prima di laurearmi facevo parte di un' associazione che organizzava spedizioni, dappertutto. In quei viaggi mi sono formato anche come raccontatore e divulgatore».

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    Non porti la cravatta, in tv non passi dal trucco, hai la barbetta incolta e i calzoni larghi, i capelli sempre spettinati...: lo fai apposta?

    «Se vuoi dire che sembro più un esploratore che uno storico, hai ragione. Ma non lo faccio apposta, ci credo davvero. Ecco perché vorrei che tutti scoprissero le meraviglie italiane che gli italiani forse non conoscono abbastanza».

    ALBERTO ANGELA ALBERTO ANGELA

     

    Alcune stanno all' estero.

    «Il Louvre, per esempio, è un covo dove espongono la refurtiva».

     

    Dovrebbero restituirci tutto?

    «La Gioconda no, perché la portò con sé Leonardo. Ma quel che ci è stato sottratto dopo il 14 luglio del 1789, sì. La Rivoluzione francese, con la Dichiarazione dei diritti dell' uomo, è lo spartiacque. Da quel momento infatti la storia non la fanno più solo i vincitori e dunque, da quella data, il bottino di guerra va sempre restituito, anche se nel mondo i saccheggi sono continuati sino alla metà del XX secolo. Noi abbiamo restituito l'obelisco all' Etiopia. In Francia c' è un lungo elenco di queste meraviglie italiane, da Leonardo a Raffaello, al Mantegna...».

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    Farai una puntata di "Meraviglie" dedicata all' Italia fuori dall' Italia?

    «È una bella idea per il probabile nuovo ciclo».

     

    Ogni settimana sei milioni di italiani si " meravigliano" dell' Italia di Angela, un' Italia da cartolina, bella gioiosa e preziosa. Attorno alla reggia di Caserta non ci sono, per esempio, gli abusivi e le baby gang. Nella Pompei, che tu hai raccontato tante volte, anche in quel libro tradotto in francese (" Les trois jours de Pompéi", Payot) che ha venduto più di duecentomila copie, spariscono le bancarelle, il suk di madonne di plastica e di guerrieri di gesso.

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    «Ma l' umanità sporca e cattiva c' è dovunque, non è identitaria, sicuramente è anche ciclica, ma non è eterna come il mondo che Pompei conserva. La reggia di Caserta è un grido di bellezza che viene dal passato. Davvero lì c' è già tutto, come nella Roma antica che racconta anche l' Europa di oggi, la moneta unica, le leggi, il razzismo, la religione...».

     

    Hai letto il libro di Boris Johnson "The Dream of Rome", (pubblicato in Italia da Garzanti), un long seller che in Inghilterra da dieci anni incanta tutti, specie i ragazzi?

    «È bellissimo. Ed è sorprendente, per un sostenitore della Brexit, il paragone tra l' impero romano e l' unità europea».

     

    L'Italia che racconti è quella che raccontano gli stranieri. I viaggi in Italia per noi sono quelli di Piovene e di Ceronetti e, in tv, di Soldati e di Pasolini: il male d' Italia. Invece tu sembri francese: Montaigne, Chateaubriand, Dumas, Gautier, Stendhal..., il Grand Tour come educazione sentimentale. La bella Italia era il luogo dove il mondo cercava il mondo fuori da sé.

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    «È vero che io sono nato a Parigi, ho vissuto in Belgio e ho studiato alla scuola francese a Roma, ma mi sono laureato alla Sapienza. E anche se ho poi ho studiato in America sono fierissimo di essere italiano. Purtroppo agli italiani piace parlare male dell' Italia, e magari assecondare i pregiudizi coltivati all' estero. E guarda che non c' è solo la bellezza dell' arte. C' è l' eccellenza degli scienziati, dei ricercatori, di una certa imprenditoria creativa di cui nessuno parla, dalla plastica alle pompe idrauliche, al pelo della moquette».

     

    L'Italia a dispense?

    «Sì. È la cultura della divulgazione».

     

    C'è tuo padre, ovviamente. Ma anche Severino raccontò la filosofia a dispense e Biagi la storia d' Italia a fumetti.

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    «E su Raiuno abbiamo il dovere di essere ancora più semplici e chiari».

     

    Non pensi che sia al limite del ridicolo l'apparizione ad Assisi di un attore in costume trecentesco che dice "qui c'è anche il mio maestro Cimabue"? E dice ancora: "Io rappresento il vero e il reale in un tempo e in un luogo dove il reale non era rappresentato".

    «È didascalico. È chiaro che Giotto non l'avrebbe mai detto. Ma forse è un modo efficace di spiegare Giotto».

     

    Meglio la bella Rosina che, in sottoveste, dice...

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    «... dice: "la solitudine è sempre ingiusta ma in una camera da letto è crudele". È una frase romantica che acchiappa la storia attraverso un dettaglio e cioè la vita eccessiva di Vittorio Emanule, il re dell' Unità d' Italia. Con la storia noi siamo molto attenti ai documenti".

     

    Si vede: c'è il rigore storico. Ma c' è anche la soap opera.

    «È una trasmissione sperimentale. Funziona?»

     

    Accidenti se funziona.

    «E c'è il dio dell' Italia in Paolo Conte che nella puntata sulle Langhe racconta di avere, per tutta la vita, cercato nel jazz il rumore del trattore che sentiva da bambino».

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    Utilizzi un linguaggio epico e patriottico: unico, meraviglioso, straordinario. Anche la musica è epica, quella composta per te e quella lirica: la Traviata, il Nabucco, "Nessun dorma...".  E usi la voce di Bocelli, che stasera avrai come ospite, in più puntate. Sembri straniero nell' amor d' Italia, ma sei italianissimo nel fisico, con quelle mani mai ferme.

    «Le mani parlano, anzi mettono la punteggiatura nel linguaggio parlato. Io non credo che chi gesticola sia un cafone. Tutt' altro. Nel Mediterraneo anche il pensiero è un manu-fatto. E del Sud mi piace tutto».

     

    Eppure sei di famiglia torinese. Chi sono i tuoi maestri?

    «Mi ispiro a mio padre e a mio nonno che fu uno psichiatra antifascista di Giustizia e libertà, decorato come "Giusto tra le nazioni" perché salvò molti ebrei. I miei valori sono, fortissimamente, quelli di famiglia».

    alberto angela icona erotica alberto angela icona erotica

     

    Fai il mestiere di tuo padre. E sei un' eccezione positiva nel disastroso familismo italiano.

    «All' inizio ho dovuto combattere con il mio cognome. Ma sono andato avanti per la mia strada».

     

    E ora invece di dire che sei il figlio di Piero dicono che Piero è il padre di Alberto.

    «È una battuta che fa anche lui, per ridere».

     

    Fisicamente hai un corpo sodo: fai sport?

    «Nuoto, un giorno sì e uno no. E faccio immersioni, ma non so se è uno sport».

     

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    Hai mai fumato?

    «Mai fumato. Mai droghe. E non bevo. Non mi piace il vino».

     

    Ti imbarazza essere considerato un sex symbol? Ho letto: "sembra una statua di Fidia”

    «Mi fa sorridere, non ci do peso. Neanche alle volgarità che girano sui social».

     

    Sei forse al massimo del tuo successo. Ne conosci la fragilità? In Italia c'è un gusto speciale nell' erigere monumenti per abbatterli.

    «Certo. Effimero e fragile è il successo. Penso a Zidane che rappresentava l'eleganza della Francia vincente. Come sai, è bastata una testata».

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