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    AMERICA FATTA A MAGLIE - COSA C’È DIETRO (E DAVANTI) L’INCONTRO TRA TRUMP E KIM JONG-UN, CON IN MEZZO I PAESI ASIATICI MINACCIATI E PREOCCUPATI: AL GIAPPONESE ABE LA DECISIONE NON È PIACIUTA PER NIENTE ED È VOLATO IN FLORIDA, MENTRE LA COREA DEL SUD APPARE ANSIOSA DI UNA PACE CHE MANCA DA 65 ANNI - COSA SUCCEDE CON IL TPP? IL GRAN NEMICO RESTA LA CINA, E DONALD RACCOGLIE ALLEATI NELLA GUERRA COMMERCIALE


     
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    Maria Giovanna Maglie per Dagospia

     

    Little Rocket Man e the Old Lunatic Man invece di distruggersi a vicenda  si incontrano. Non senza qualche rischio per il presidente della più grande democrazia del mondo, se deve incontrare un dittatore, terzo di una dinastia di dittatori, totalmente incapace di riconoscere la democrazia dall'inferno. Ma i rischi dell'incontro,  che scommettiamo ci sarà, sono  inferiori di gran lunga a quelli di premere il bottone nucleare. Comunque la mettiate è una notizia di importanza storica.

    CICCIO KIM TRUMP CICCIO KIM TRUMP

     

    Sicuro al 90 per cento, tra la fine di maggio e i primi di giugno, quindi  tra poche settimane, in una città  ancora da scegliere fra cinque individuate in Europa o in Asia, con un protocollo di preparazione rigido e difficile per due Paesi che non si sono più parlati dal 2000, quando Madeleine Albright, alla fine del suo mandato di segretario di stato di Bill Clinton, andò a incontrare il padre di Kim Jong un, ma non se ne fece niente.

     

     Al centro del contenzioso alcune concessioni pre vertice, per esempio la liberazione dei prigionieri americani e giapponesi detenuti o rapiti. Alla base di ogni accordo per il vertice l'esigenza imprescindibile per gli Stati Uniti di uscirne vincitore perché rappresentante del buon diritto. Ma dall'altra parte c'è un dittatore che non deve perdere la faccia  e che sicuramente non si è ancora acconciato del tutto  a rinunciare al nucleare.

     

    mike pompeo 3 mike pompeo 3

    In mezzo i Paesi asiatici minacciati e preoccupati: dal Giappone, il cui premier e’ in visita in Florida per strappare garanzie di sicurezza e la decisione dell'incontro con Kim non gli è piaciuta per niente, alla Corea del Sud, che invece appare ansiosa di una pace che manca da 65 anni, e che va incoraggiata e seguita, se necessario va frenata. E’ un clima che ricorda da vicino i grandi summit dell'epoca della guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Si pattina sul ghiaccio sottile, ma si pattina.

     

     Sul prossimo vertice con la Corea del Nord, impensabile fino a pochi mesi fa, il presidente degli Stati Uniti nutre fondate speranze ma non ostenta certezze. Certo, siamo lontani anni luce dai giorni di scambi di minacce e insulti, quando il resto del mondo c'era cascato, e tutti a dire che, provocando il dittatore, Trump  ci avrebbe portati tutti alla distruzione nucleare. Invece gli annunci sono di altro tipo.

     

    “Spero proprio che sarà un incontro di successo. Se dovessi pensare che non ci sono possibilità di successo non ci andrei. Se ci  vado, e a incontro già iniziato mi accorgo che non serve a niente, mi alzerò e me ne andrò”’.

     

    Può darsi che ai cultori del linguaggio molto istituzionale e presidenziale questo modo di esprimersi alla Chance di Oltre il giardino faccia arricciare il naso, ma più chiaro di così Donald Trump non potrebbe essere.

    KIM JONG UN DONALD TRUMP KIM JONG UN DONALD TRUMP

     

    Che il vertice con Kim jong-un si farà quasi sicuramente tra la fine di maggio  e i primi di giugno, ed è in uno stato soddisfacente di preparazione, si è capito dalla rivelazione di un incontro faccia a faccia segreto a Pasqua tra il neo segretario di stato, Mike Pompeo, e  il dittatore nordcoreano. Ma non ci sarà a tutti i costi, e non farà concessioni che suonino come una resa americana nell'area.

     

    Trump risponde così alle osservazioni preoccupate che nel mondo conservatore stanno prendendo piede, come sul New York Post, che ieri  ricordava che a partire dal Vietnam, continuando con l'Iraq, gli Stati Uniti spesso hanno vinto la guerra e poi hanno mollato, abbandonato, ridotto, si sono ritirati, insomma sono riusciti a perdere dove ce l’avevano fatta, sacrificando vite umane e risorse materiali. Guai a mollare senza aver ottenuto il massimo, insomma.

     

    “Non ripeteremo gli errori di passate Amministrazioni, la nostra campagna di pressione massima continuerà finché non sarà provato che la Corea del Nord abbandona il nucleare”. Che e’ poi la stessa preoccupazione del giapponese Shinzo Abe, che teneva la conferenza ieri sera assieme a Trump, e che ha chiarito che “solo perché la Corea del Nord sta rispondendo al dialogo, non va per questo premiata”.

     

    SHINZO ABE GOLFISTA SHINZO ABE GOLFISTA

    Tra i problemi pregiudiziali dei preparativi c'è la questione dei prigionieri, tanto americani, tre in tutto, quanto giapponesi; alla domanda se andrebbe al vertice comunque, Trump non ha risposto direttamente, ma poi ha aggiunto di  aver promesso al premier giapponese che i suoi prigionieri, 13 secondo I coreani del nord, 17 secondo il Giappone, saranno liberati e restituiti al loro Paese.

     

    Alla Corea del Sud, pronta a iniziare colloqui di pace, il presidente americano ha detto di aver dato la sua benedizione. La firma di un trattato di pace e’ attesa inutilmente da 65 anni, dalla fine della guerra di Corea, e potrebbe essere pronta la prossima settimana nel corso del prossimo incontro fra le due Coree.

     

    I colloqui sono ricominciati già da qualche tempo in realtà, dai Giochi di inverno olimpici dell'inverno scorso, ai quali I coreani del Nord hanno inviato una piccola delegazione di atleti ma soprattutto una folta delegazione politica. Nessuna pace però può essere firmata solo dalla Corea del sud, serve anche la firma degli Stati Uniti che a suo tempo firmarono l'armistizio per conto della Corea del Sud. E quasi sicuramente serve che gli americani ritirino i loro soldati dalla penisola, condizione che hanno sempre rifiutato.

     

    Alla visione globale Trump tiene e lo sottolinea. “C'è una grande occasione per risolvere un problema mondiale.  Non è un problema degli Stati Uniti, non è un problema del Giappone, riguarda il mondo intero”.

    SHINZO E TRUMP GIOCANO A GOLF SHINZO E TRUMP GIOCANO A GOLF

     

    Meno clamorosamente ma altrettanto sostanziosamente riguarda il mondo intero anche il contenzioso commerciale aperto da Donald Trump, e anche qui ci sono novità sia pur da verificare, soprattutto quella che gli Stati Uniti rientrino nella transpacific partnership,TTP, a quali condizioni ancora non si sa, ma sulla cui possibilità c'è grande attesa

     

    Trump ha twittato la sua opinione:

     

    “Would only join TPP if the deal were substantially better than the deal offered to Pres. Obama. We already have BILATERAL deals with six of the eleven nations in TPP, and are working to make a deal with the biggest of those  nations, Japan, who has hit us hard on trade for years”. Solo se l'accordo e’ sostanzialmente migliore di quello offerto a Obama. Abbiamo già  accordi bilaterali soddisfacenti con 6 delle 11 nazioni del TTP, stiamo chiudendo accordi con la più grande di queste nazioni, il Giappone, che ci aveva danneggiato sul commercio per anni”.

     

    Il grande nemico resta la  Cina, e la preoccupazione è quella di isolarla. Dice Larry Kudlow, il nuovo capo consigliere economico, che col Giappone va tutto bene, nessun problema,  e che  i dazi americani intendono punire soltanto la Cina, che si comporta come un'economia da terzo mondo, e che ha tutti contro, tanto è vero che l'iniziativa del presidente americano sta incontrando grande consenso.

     

    trump e shinzo abe le carpe trump e shinzo abe le carpe

    La definisce addirittura "this trade coalition of the willing that I've been talking about, that others have been talking about, is really aimed at China,", la coalizione dei volenterosi sul commercio coalizzata contro la Cina, che su tecnologie e altri prodotti “deve finalmente cominciare a stare alle regole”.

     

    Le misure di ritorsione annunciate da Pechino proprio l'altro ieri  hanno preso di mira  l'esportazione di sorgo, che può sembrare un cereale qualunque ma serve a una infinità di cose, da cibo per il bestiame a dolcificante,  e  hanno colpito duramente i coltivatori in Stati come il Kansas e il Texas, vinti da Trump nel 2016.

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