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    BOLT RISCHIA DI PERDERE UNA MEDAGLIA! TRA LE PROVETTE DEL 2008 RIESUMATE DAL CIO E POSITIVA AL DOPING C’E’ QUELLA DI NESTA CARTER, VELOCISTA GIAMAICANO CHE HA VINTO CON BOLT LA STAFFETTA 4X100 A PECHINO - AVVOCATI, FEDERAZIONE E COMITATO OLIMPICO STUDIANO LA SITUAZIONE: CARTER POTREBBE ESSERE “SALVATO” PER TUTELARE BOLT


     
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    Gaia Piccardi per il “Corriere della sera”

    BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO

     

    Sono 454 le provette riesumate dal Comitato olimpico internazionale otto anni dopo i Giochi di Pechino 2008. Tra esse una positività postuma, quella del giamaicano Nesta Carter, 31 anni domani, mina la grandezza della più straordinaria storia dell'atletica leggera moderna. Al di là del dilagare del doping e delle lacune della Wada (di cui si è discusso sabato a Losanna), il mal di pancia del presidente del Cio Thomas Bach si chiama Bolt.

     

    Piccolo riassunto. A Pechino Carter corse la prima frazione della finale della 4x100: gli altri staffettisti, nell' ordine, si chiamavano Michael Frater, Asafa Powell e Usain Bolt. In 37''10 (nuovo record del mondo), la Giamaica vinse l'oro davanti a Trinidad e Tobago e Giappone (squalificati in batteria, come da pessima abitudine, gli Usa). È l'oro numero tre - in Cina si era già messo in tasca 100 e 200 - della leggenda olimpica del Lampo, che lo scorso agosto ai Giochi di Rio ha toccato quota nove, la perfezione: terza tripletta (100, 200, 4x100) nella terza Olimpiade consecutiva (Pechino-Londra-Rio).

    BOLT E NESTA CARTER BOLT E NESTA CARTER

     

    «Un mito» ha detto Bach di Bolt in Brasile, lieto che l'ombra del monumento giamaicano alla velocità avesse coperto le magagne di un' Olimpiade tutt'altro che ben organizzata, a partire dalla follia di scorporare l'atletica dal parco olimpico. Un mito a cui Bach, ora, è chiamato a sporcare il record. A meno di non considerare Usain Bolt un atleta a statuto speciale.

     

    BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO

    Togliere la medaglia ai dopati è una regola (art.8.1 e 9.1 delle norme Cio), non un'opinione. Il caso di Anna Chicherova, altra nobile positività a scoppio ritardato di Pechino, fa scuola: test delle urine (numero di protocollo 1846073) il 24 agosto 2008, la notte del bronzo olimpico nell' alto; positività del campione B al turinabol (anabolizzante) riscontrata il 10 giugno 2016; il 7 ottobre 2016 ecco la notifica della sanzione: cancellazione del risultato di Pechino e obbligo di restituzione della medaglia, per tramite della Federazione russa. Il 31 agosto scorso, inoltre - fattispecie ancor più significativa - il Comitato olimpico internazionale ha chiesto indietro l' argento di Pechino alle quattro staffettiste russe della 4x400 in seguito alla positività della terza di esse, Tatyana Firova: articolo 10.1 delle norme Cio.

     

    husain bolt jamaica husain bolt jamaica

    La notizia della positività di Carter risale al 3 giugno scorso: è logico supporre, quindi, che la sua provetta di Pechino sia stata esaminata ben prima di quella della Chicherova, già spogliata della medaglia. La chiave del salvataggio di Bolt risiede nella sostanza del test di Carter: metilexaneamina, stimolante a restrizione d'uso che di norma comporta dai 6 mesi all' anno di squalifica, riclassificato nel 2011 dalla Wada come «specified substance», cioè suscettibile di «credibile spiegazione antidoping».

     

    La battaglia tra Carter, che si è appellato alla contaminazione da integratore, e il Cio è in corso. Salvare Carter dalla restituzione dell' oro significa lasciare intonsa la leggenda di Bolt. All' idea di declassarla la Giamaica è pronta alla sommossa, e pure Bach ha un filo di nausea.

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