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    MACRONATE- C’E’ LA MANO DEGLI EMIRATI ARABI DIETRO IL SUMMIT LIBICO ALL’ELISEO – IL PRIMO MINISTRO DI ABU DHABI, CHE A MAGGIO AVEVA ORGANIZZATO IL PRIMO INCONTRO TRA IL PREMIER DI TRIPOLI SARRAJ E IL GENERALE HAFTAR, HA TROVATO UNO SPONDA NEL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE LE DRIAN VECCHIA CONOSCENZA NEL PAESE ARABO...


     
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    MACRON SERRAJ HAFTAR MACRON SERRAJ HAFTAR

    Francesca Schianchi per la Stampa

     

    C' è un filo rosso che unisce Abu Dhabi a Parigi dietro al vertice libico di martedì in Francia. Dietro alla foto della stretta di mano tra il capo del governo di Tripoli sostenuto dall' Onu, Fayez al-Sarraj, e l' uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, dietro a quell' immagine che vuole suggellare l' inizio di un percorso di riconciliazione nazionale, patrocinato da un soddisfatto presidente Emmanuel Macron, c' è un intenso lavorìo diplomatico portato avanti fin dall' elezione all' Eliseo del giovane capo di Stato dal suo ministro degli Esteri con gli Emirati Arabi Uniti.

     

    Mohammed bin Rashid Al Maktoum Mohammed bin Rashid Al Maktoum

    La situazione in Libia, la frammentazione e il caos di cui è ancora preda, si intrecciano a un' altra crisi: quella che investe il Qatar, isolato da altri quattro Paesi del golfo con l' accusa di sostenere il terrorismo. Tra i più convinti della pericolosità di Doha sono proprio gli Emirati Arabi, che osservano con preoccupazione il rischio di una presenza qatarina sempre più influente in Libia, soprattutto in Cirenaica. Dinanzi all' ipotesi che, in una situazione molto fluida, Doha possa acquisire un ruolo di primo piano sullo scacchiere libico, sono stati i primi ad allarmarsi. E a cercare una soluzione: proprio ad Abu Dhabi si è tenuto un primo incontro tra al-Sarraj e Haftar lo scorso 2 maggio, portatore però più di promesse cariche di speranze che di fatti concreti.

     

    Soprattutto, hanno cercato una sponda importante in Europa. Non l' Italia, che vedono preoccupata più che altro di trovare un argine alla crisi dei migranti, ma la Francia, attraverso il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, vecchia conoscenza nel Paese arabo in quanto già alla guida della Difesa per cinque anni nel precedente governo Hollande. È a lui che si sono rivolti, è stato lui a girare le preoccupazioni di Dubai e del suo premier Mohammed bin Rashid Al Maktoum al presidente francese Macron. Un confronto fondamentale per arrivare all' incontro di martedì: perché al via libera dell'

    MACRON LE DRIAN MACRON LE DRIAN

     

    inquilino dell' Eliseo, interessato a impegnarsi al più presto in questa mediazione tra parti libiche, sono stati gli Emirati a intercedere con i due protagonisti perché si potesse organizzare l' incontro parigino di due giorni fa. In questo modo, mettendo allo stesso tavolo al-Sarraj e Haftar, il presidente Macron ha mosso una seconda pedina nella regione dopo che, a inizio luglio, è volato a Bamako, in Mali, a tenere a battesimo il lancio di una forza militare congiunta di quasi 4 mila uomini messi a disposizione dal G5 Sahel (Mauritania, Mali, Burkina Fasu, Niger e Ciad) che affiancheranno le truppe francesi in Mali nella lotta ai jihadisti. Da una parte il negoziato, insomma, dall' altra il tentativo di creare una «cintura di sicurezza» al sud della Libia.

     

    Jean Yves Le Drian Jean Yves Le Drian

    Mentre tutto questo accadeva, dall' osservatorio di Roma, da sempre in prima fila nel dossier libico per gli storici rapporti e la vicinanza geografica, si assisteva alla maturazione dell' operazione. Fino al summit parigino di due giorni fa, che ha oscurato gli sforzi italiani fatti fin qui provocando qualche malumore, pur negato dal premier Paolo Gentiloni che ieri ha ringraziato la Francia e «l' impegno personale» di Macron per «un incontro che va nella giusta direzione», ricordando che «se si fanno passi avanti in Libia, il Paese europeo più felice è l' Italia». Passi avanti che, però, visti dall' altra sponda del Mediterraneo appaiono ancora lontani.

     

    Il presidente al-Sarraj è venuto in Europa senza un mandato del Consiglio presidenziale a trattare con Haftar, e per questo rischia di essere sconfessato negli impegni presi al ritorno, in particolare dalle milizie di Tripoli e di Misurata, che vedono il generale di Bengasi come fumo negli occhi. Ancora, si parla di irritazione anche del Parlamento di Tobruk, scavalcato nelle trattative dal generale Haftar. La stabilizzazione sembra ancora lontana. Ma è la Francia, con l' aiuto degli Emirati, ad aver fatto il passo più importante.

    Mohammed bin Rashid al-Maktum Mohammed bin Rashid al-Maktum

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