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    C’È VITA DOPO IL PORNO? NO, C’E’ MORTE - BARBARA COSTA: “LA QUASI TOTALITÀ DI ATTORI PORNO CHE NEGLI ULTIMI TEMPI SI È TOLTA LA VITA LO HA FATTO A CAUSA DEGLI OSTACOLI A PERSEGUIRE UN LAVORO ‘ONESTO’ UNA VOLTA DECISO DI LASCIARE IL PORNO. CHIUNQUE ENTRA NEL PORNO NE È COME ‘MARCHIATO’. RIMANE FISSO NON SOLO NEL CURRICULUM, MA DAVANTI AGLI OCCHI DI CHIUNQUE DECIDA DI DIGITARE IL SUO NOME DA PORNOSTAR SUL WEB. L’OBLIO NON ESISTE. TE LO PORTI APPRESSO SEMPRE” - I CASI DI EMILY WILLIS, KAGNEY LINN KARTER E ANGELA PLEASE…


     
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    Barbara Costa per Dagospia

     

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    Il porno uccide? Di porno si muore? Se fai porno, fai una brutta fine? Sono queste le domande – in alcuni casi, le sentenze – che vengono a galla ogni volta che il porno va in cronaca nera, perché una star si toglie la vita. La gretta morbosità di cui il porno – come mestiere di fatto particolare – è avvolto, trascina i non addetti ai lavori a reputare questi suicidi come estrema moneta da pagare per aver scelto una vita moralmente irregolare. Io vorrei, con voi, cari Dago-lettori, fare un po’ di sincera chiarezza.

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    Non è vero che il porno è il settore dove avvengono più suicidi. È questa una percezione errata data dai riflettori che ogni morte nel porno ha, e la narrazione moralistica che se ne dà. Come se queste povere anime schiacciate fossero destinate a questa fine… No. Vi faccio un esempio macabro ma concreto: è recente un report del Corriere della Sera, lo firma Elena Gabanelli, che conta i suicidi nelle forze dell’ordine negli ultimi 5 anni: 275. Uno ogni 6 giorni.

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    Avete per caso sentito qualcuno collegare il fatto di indossare una divisa al destino suicida? No! E ci mancherebbe il contrario! È solo il mondo del porno che è slealmente e intenzionalmente colpito dal giudizio suicida-perché-sei-pornostar. Ovvero: persona destinata a finire male poiché fuori dai collettivi canoni etici che una società si dà. È vero che chi fa porno – lo recita, lo dirige, finanche lo scrive – si pone ai bordi della società. Lo sa. Lo fa. Ma non intraprende una strada che, senza scampo, lo porterà al baratro. Proprio no.

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    Analizzando in modo crudo gli ultimi casi di suicidio o tentato tale di pornostar, emerge un quesito differente: non l’impossibilità, di un/a performer porno, di andare avanti con la vita, e la professione che si è scelta, ma la sua difficoltà ad affrontare la vita post porno. E infatti. Fermo restando che una persona che si suicida lo fa per cause personalissime e intimissime e intoccabilissime, gran parte se non la quasi totalità di attori porno che negli ultimi tempi si è tolta la vita lo ha fatto strangolata dagli ostacoli a perseguire un lavoro "onesto" una volta deciso di lasciare il porno.

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    È una verità: chiunque entra nel porno, sia che faccia limitate scene, sia che vi svetti da divo, ne è come… "marchiato". Il porno rimane fisso non solo nel curriculum, ma davanti agli occhi di chiunque decide di digitare il tuo nome da pornostar sul web. L’oblio nel porno non esiste. Te lo porti appresso sempre, e per sempre. È una legge che dovrebbe stamparsi in testa chiunque si mette in testa di pornare, e a ogni livello, e grado. E ora, andiamo al sodo.

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    Emily Willis, 25 anni, è da febbraio ricoverata tra la vita e la morte dopo una sospetta overdose. Scrivo sospetta perché i siti che hanno sparato la notizia non ne danno conferma. La famiglia Willis spiega che la figlia è in ospedale (in stato vegetativo?) ma non ne dice il motivo.

     

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    Emily Willis è pornostar oltre media: famosissima, pregiatissima, premiatissima, e Miglior Attrice 2021. Perché questo schianto di ragazza avrebbe tentato di uccidersi, tramite overdose in quanto – e non è provato – tossicodipendente, e in rehab (lo riporta TMZ)? Per il porno? Perché pornostar? Noi non sappiamo il perché vero. Ma c’è questo: c’è che Emily Willis da due anni aveva mollato la sua splendente carriera nel porno per fare l’attrice non porno. E che il cinema non porno non è che finora le avesse riservato grandi onori. Una partecipazione al film underground "Divinity". E stop.

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    La pornostar Kagney Linn Karter si è suicidata il 20 febbraio. E daje col porno colpevole. Ma Kagney era fuori dal porno e stentava a riuscire nella sua nuova attività di titolare di una palestra. La pornostar Sophia Leone è morta il 1 marzo. Lei sì, che era in piena porno attività. Molto probabilmente non si è uccisa, Sophia è stata assassinata – cito le indagini di polizia – per una rapina in casa.

     

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    Non è che fare porno ti porta una vita tutta radiosa, piena di soldi, successo, felicità. Perché nessuna vita è mai completamente felice o infelice, o facile. Certo, alcune sono più fortunate, e comode, di altre. Quella di attrice porno, se ce la fai, ed è durissimo farcela, ti assicura soldi, e fama, ma ti devi dotare, e fin da subito, da che sei nessuno, di una pelle molto ma molto più spessa delle altre.

     

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    La morale corrente, social-e, non perdona. E sei sola. Ci sono attrici e attori porno che, oggi meno che in passato, cadono nelle droghe. Pure qui, la scelta è personale. Non è mai il porno che porta alle droghe, ma è la singola persona che, per mille motivi e nessuno, "prende" quel tipo di vita, incastrandosene. Non è che il porno "ti offre" la droga. È questa classica "spiegazione" per animi semplici.

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    L’attrice trans Angelina Please è morta dopo un festino di cocaina a casa sua. Nel porno da poco, cercava di imporsi. La sua è stata una morte incidentale di un modello di vita – non lavorativo, ma personale – non sano. Pericoloso. In qualche modo legato al suo essere trans, e al suo fare porno? È da infami solo pensarlo. Non etichettiamo, vi prego, e post mortem, persone che diverse da noi non sono, mai state, né per sesso, né per nessun’altra ragione.

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