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    CHE DIO NON VI T-ASSISTA – CITTA’ BLOCCATE PER LO SCIOPERO DEI TAXI: A ROMA BOMBE CARTA E TRAFFICO IMPAZZITO – LA PROTESTA CONTRO NCC, UBER E LA RIFORMA DEL SETTORE - IL VICEMINISTRO NENCINI: CANCELLARE LE RIFORME DIGITALI? ASSURDO. LA STORIA NON SI FERMA


     
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    Lorenzo De Cicco e Giusy Franzese per il Messaggero

     

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    La beffa è che mentre i tassisti battagliavano contro le app e spegnevano i motori per protesta, i turisti smanettavano sui cellulari per scaricare Uber e le applicazioni gemelle. E l'effetto, per i conducenti che ieri hanno scioperato a Roma e in altre città italiane, ha rischiato di essere l'opposto di quello sperato, perché il blocco delle auto bianche ha costretto molti a testare le soluzioni offerte dal mercato. Va detto che la serrata contro gli Ncc, cominciata ieri mattina alle 8 e proseguita fino alle 22, ha prodotto disagi a macchia di leopardo, lungo lo Stivale. In alcune città dello sciopero non si è accorto praticamente nessuno, per esempio ad Ancona, Perugia e Aosta. Tutto regolare.

     

    Hanno dovuto fare a meno dei taxi, invece, gli abitanti di Milano, Genova, Bologna, Trieste e Palermo. Disservizi marcati anche a Napoli e a Torino. La giornata peggiore, sul versante traffico e disagi, l'hanno vissuta i romani, che si sono trovati a corto di auto bianche mentre le prime due linee della metropolitana viaggiavano al rallentatore «per mancanza di treni disponibili», così ha spiegato Atac, l'azienda del trasporto pubblico della Capitale. E così alla stazione Termini gli abusivi hanno potuto fare affari indisturbati, mentre all'aeroporto di Fiumicino i passeggeri venivano indirizzati dagli addetti dell'hub verso i treni o alle auto del car sharing.

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    TUTTO FERMO Nel frattempo, per tutta la giornata, cinquecento tassisti si sono radunati con le loro vetture intorno a Porta Pia, nel cuore di Roma, col risultato di paralizzare il traffico, mentre qualche autista accendeva fumogeni e faceva esplodere bombe carta, nonostante la polizia. 

     

    Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, ieri era a Genova, dove ha incontrato una delegazione di tassisti, assicurando «ascolto e attenzione». «I tassisti hanno chiesto di tenere presente le specificità delle Regioni e dei Comuni nelle autorizzazioni, è una cosa che il nostro progetto di riforma tiene già presente», ha sottolineato Delrio.

     

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    La riforma della legge quadro, in ogni caso, «va avanti», spiega il viceministro Riccardo Nencini, che da mesi segue personalmente il tavolo di trattativa con i tassisti. «Perché sarebbe colpevole non correggere una legge che risale al 1992, 25 anni fa, quando il mondo del trasporto pubblico, e non solo, era completamente diverso». Nencini ricorda «i cinque incontri, le ore e ore di riunioni». E dice: «Il governo ha accolto le proposte più significative, molte presentate congiuntamente da tassisti e Ncc: è previsto un regime differenziato per l'iscrizione al registro, da una parte quello per le cooperative, dall'altro quello a titolo oneroso per le grandi piattaforme digitali; è previsto che pagheranno le tasse in Italia; ci sono norme che non consentono il caporalato».

     

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    LA ROTTURA L'altro giorno sembrava quasi fatta. Invece poi è saltato tutto. Il viceministro adombra «calcoli politici dietro la protesta». «Il fatto - dice - è che al tavolo delle trattativa ci sono trenta sigle, alcune hanno seguito gli incontri in costante rapporto con parlamentari dei Cinquestelle. E guarda caso, sono le più oltranziste. Ma deve essere chiaro: riformare e regolamentare è una cosa, cancellare completamente le piattaforme digitali è un'altra. Sarebbe assurdo, verremmo trascinati via da una corrente impetuosa. La storia - conclude - non si ferma».

     

    Tra i conducenti, il fronte mostra le prime crepe. Un sindacalista della Cgil ieri è stato insultato dai dimostranti davanti alla sede del Ministero. E le Tassiste di Roma non hanno aderito all'agitazione: «Non volevamo penalizzare gli utenti - hanno spiegato - ventitré sigle sindacali ci rappresentano senza un mandato diretto, promettono le stesse cose da vent'anni».

     

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