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    COME DAGOANTICIPATO (IL 20/10), FABRIZIO PAGANI PUNTA A TRASFERIRSI A MEDIOBANCA-PARIGI. L’UOMO PIU’ FIDATO DI PADOAN (E DI ENRICO LETTA) ASPETTA SOLO IL MOMENTO GIUSTO: RAGIONI FAMILIARI, VOTO ANTICIPATO O IL MINISTRO CAMBIA LAVORO?


     
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    Andrea Greco per la Repubblica

    FABRIZIO PAGANI FABRIZIO PAGANI

     

    L’abboccamento – meglio, pourparler - è durato settimane. E malgrado la riservatezza è girato tra un numero di protagonisti della scena politico- finanziaria. Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del Tesoro, avrebbe discusso con l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel un possibile futuro nell’istituto, da responsabile della sede di Parigi (una delle prime aperte dai successori di Enrico Cuccia all’estero, nel 2004).

     

    alberto nagel alberto nagel

    Mediobanca conosce bene la Francia: il suo secondo socio è francese, e proprio con Vincent Bolloré collaborazioni e consulenze sono sempre più fitte. Anche Pagani conosce e ama la Francia: lo scorso decennio diresse gli uffici G8 e G20 dell’Ocse a Parigi, prima che Enrico Letta – suo nume politico - lo richiamasse nel governo Prodi bis. Alla prestigiosa Sciences Po parigina ha insegnato, a Parigi vive la sua famiglia.

     

    Sembra che la stima e l’affinità maturata con Nagel, dopo la caduta del governo Renzi, abbia indotto i due a progetti comuni. Pagani, contattato, smentisce con forza l’ipotesi. Banchiere, in effetti, non lo fu mai; piuttosto uno sherpa, che da anni prepara i summit internazionali e sovraintende ai grandi dossier per l’Italia. Anche di banche e imprese comunque il dirigente si intende: è consigliere dell’Eni per il Tesoro (in scadenza con tutto il cda), fu mentore delle Poste in Borsa, è stato interlocutore ascoltato nel riordino triplice del sistema bancario (protocollo Fondazioni, riforme di Popolari, Bcc).

     

    PADOAN PADOAN

    Certo il lavoro in via XX Settembre non è finito. La manovra aggiuntiva dei conti pubblici da affinare con Bruxelles, la nazionalizzazione del Monte dei Paschi, quelle (forse solo parziali) di Vicenza e Veneto Banca, le nomine delle partecipate statali, la tranche 2 di Poste in Borsa. Ultimo ma non ultimo il dossier di Intesa Sanpaolo su Generali, dove Mediobanca in trincea difende lo status quo (sempre che poi non sia la francese Axa a papparsi il Leone). La ritrovata centralità del Tesoro e motivi di opportunità inducono a tenere le posizioni. 

     

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