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    “ATTACCO LA KAMCHATKA!” - COMPIE 40 ANNI L’EDIZIONE ITALIANA DI “RISIKO” - NATO COME PROTOTIPO IN FRANCIA VERSO LA METÀ DEL 1900 CON IL NOME DI “LE BALON ROUGE” E ARRIVATO NEL NOSTRO PAESE ALLA FINE DEGLI ANNI ‘60 - I CARRARMATI COLORATI SONO UNA TROVATA MADE IN ITALY


     
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    Federico Taddia per “La Stampa”

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    «Ti attacco la Kamchatka!». Eccolo il momento più atteso, l'apice della tensione, il rituale che si ripropone: al di là dell' obiettivo finale e della strategia adottata da 40 anni, è lei, la lontana e misteriosa Kamchatka, il simbolo indiscusso di un gioco entrato a colpi di dadi nell' immaginario di intere generazioni.

     

    Nato come prototipo in Francia verso la metà del 1900 con il nome di «Le balon rouge» e arrivato in Italia alla fine degli Anni 60, portato da una piccola società denominata Giochi Club, che aveva tradotto l' edizione tedesca poco prima di fallire, il RisiKo sbarca sulle nostre tavole nel 1977 grazie a Editrice Giochi.

     

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    Arricchita da regole rivedute e da una geniale intuizione: l' introduzione dei piccoli carri armati colorati. Un' invenzione «made in Italy» che non esiste in nessuna delle edizioni internazionali. «Ci sono persone che se non possono usare il loro colore preferito si disperano e difficilmente vincono: non riescono a seguire la partita, perdono la visione globale del gioco. È un aspetto psicologico divertente e che dice tanto di quanto i carri armatini siano un elemento ludico fondamentale».

     

    Per Spartaco Albertarelli, per esempio, la tinta preferita è il rosso: 54 anni, game designer di professione, è l' uomo che dal 1987 ha curato lo sviluppo creativo della linea RisiKo, realizzando svariate declinazioni tematiche e stilando il regolamento per i tornei ufficiali. «Ogni giocatore, almeno una volta nella vita, ha portato una variante e si è scritto regole personalizzate.

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    Anche con molta fantasia: ho visto una versione in cui la squadra dei verdi era in verità manovrata da un alieno, che si muoveva con modalità tutte sue per impadronirsi del Pianeta. Un'evoluzione ovviamente demenziale, ma che apriva infinite possibilità».

     

    Una community online con almeno 15 mila iscritti, decine di club ufficiali sparsi per il Paese, tornei e ritrovi di appassionati, un numero impossibile da censire di gruppi di amici che si ritrovano per giocare alla guerra e 100 mila pezzi venduti ogni anno. E per celebrare il traguardo dei 40 anni la Spin Master, il colosso canadese che ha acquisito Editrice Giochi, ha lanciato una nuova scatola, con i carri armatini colorati che strizzano l'occhio alla bandiera della pace e la regola del «Time Attack», che permette di stabilire in anticipo la durata della partita per chi non vuole rischiare maratone notturne alla conquista dei continenti.

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    «La forza del RisiKo sta nell'essere uno dei pochi giochi in cui chi vince ha ragione nel dire di essere stato il più bravo e chi perde ha ragione nel dire che è stato sfortunato. Ognuno imputa ai dadi la propria sconfitta e alla strategia la propria vittoria. È una sfida in perfetto equilibrio tra fato e intelligenza, che trova la sua energia nella relazione tra le persone: si è coinvolti sempre, perché ogni mossa può influire sull' esito finale».

     

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    La parola «RisiKo», che in italiano non ha nessun particolar significato, entra sempre di più nel gergo delle analisi geopolitiche, a dimostrazione della popolarità e delle tante variabili che sa attivare e mettere in relazione il gioco.

     

    «Ti chiede di pensare, indubbiamente. Ti fa fare previsioni, ipotesi, ragionamenti. Ci sono Stati più importanti di altri, come la Cina, che ti permette di attaccare tante altre nazioni, ma nello stesso tempo ti chiede più attenzione nella difesa. Altri territori che sono luoghi di passaggio e, quindi, diventano nodali per transitare da un' area all' altra. Ed altre zone, più piccole e remote, di cui puoi mantenere il dominio, dedicando pochissime energie per proteggersi. È necessario uno sguardo d' insieme - conclude Albertarelli -. Ma è anche necessario stare insieme: questo, in fondo, è il cuore dei carri armatini colorati».

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