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    DAGO MAGISTRALIS! - IL VIDEO INTEGRALE DELLA LEZIONE DI ROBERTO D’AGOSTINO ALLA TRIENNALE DI MILANO - FILIPPO FACCI: “E' UN VERO RIVOLUZIONARIO: PER ANNI HA OSSERVATO E CENSITO E SPREMUTO IL 'TUTTO' MEDIATICO PER TRARNE UN PENSIERO MATURO ED E’ IL MIGLIORE TITOLISTA VIVENTE” - VIDEO E FOTO


     
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    Foto di Angela Bartolo per AFIP International

     

    Filippo Facci per “Libero quotidiano”

     

    thorinbert dago. gastel. triennale thorinbert dago. gastel. triennale

    Roberto D' Agostino ha tenuto una lectio alla Triennale di Milano (roba seria) e il Roberto D' Agostino dei primi anni 2000, probabilmente, avrebbe cominciato questo articolo dalla fine, ossia dalla cena a casa del designer Stefano Giovannoni laddove c' era-questo-c' era quello: e si sarebbe soffermato sul climax, sulle mozzarelle in carrozza mischiate con lingua alla milanese e budella alla palermitana, sull' insopportabile musica sparata a palla, soprattutto sul fondamentale gorilla di plastica piazzato in terrazza.

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    Quel Roberto D' Agostino, forse, giovedì sera non avrebbe avuto tutti gli adulatori che ha oggi, oggetto com'è di infinite consacrazioni promosse anche da chi - nostro parere - per lustri ha compulsato il sito Dagospia quasi in segreto, e d'un tratto, ora, si ritrova trendy quasi retroattivamente, ergo festeggia il nuovo D'Agostino ma col pensiero comunque grato al vecchio.

     

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    Così il rischio - sempre nostro parere - è che la setta allargata degli adoratori di Dagospia non colga che il D'Agostino rivoluzionario è questo, colui che per anni ha osservato e censito e spremuto il "tutto" mediatico per trarne un pensiero maturo.

     

    Come dovremmo definirlo, D' Agostino? Scrittore? Giornalista? Personaggio magari televisivo? Collezionista e critico d' arte? Anzi di fotografia, visto che la sua lectio era titolata Scrivo foto? La verità è che D' Agostino è un pensatore nonché fotografo della realtà (questa, ora e subito) senza i tempi di elaborazione che sociologi, filosofi e osservatori si prenderanno domani per spiegarci l' oggi, con vista a cannocchiale rovesciato.

     

     

    IVAN CATTANEO E DAGO IVAN CATTANEO E DAGO

    D' Agostino ha il cannocchiale dalla parte giusta, o forse ha una sega settòria, un rettoscopio, dipende: ma la genialità della sintesi (D' Agostino è probabilmente il miglior titolista vivente) non è sfuggita a chi ne capisce. Per esempio alle avanguardie di Sky e alla casa di produzione Magnolia, che hanno prodotto Dago in the Sky (tutto materiale preso da internet) e dove si descriveva il viaggio dal medioevo analogico al rinascimento digitale.

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    Poi il salto di qualità della cornice rispetto al quadro: questo appuntamento in Triennale con le Lezioni Magistrali di Fotografia e Dintorni, con un D' Agostino visibilmente emozionato (sul serio) nella Sala d' onore piena di un pubblico adulto e interessato a comprendere la realtà , mentre i più giovani, fuori, la realtà si limitavano a viverla.

    «Scrivo foto: è il nuovo linguaggio. Mentre la letteratura isola, la televisione esclude, il cinema rende passivo lo spettatore, ma la fotografia digitale include», esordiva D' Agostino.

     

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    Include perché è istantaneamente condivisibile come già prevedeva Roland Barthes nel 1980: «Nell' era della fotografia assistiamo all' esplosione del privato nel pubblico, o meglio, alla creazione di quella nuova valuta sociale che è la pubblicizzazione del privato». Così ogni foto è una storia, l' alfabeto della propria storia, il suo diario, la memoria istantanea, la fissazione immediata, una «protesi dello sguardo» che spieghi non ciò che si è: ma ciò che si vorrebbe essere. La fotografia in rete diviene insomma l' arte di costruire un proprio brand, la propria marca personale: si diviene presidente e amministratore della «Io Spa».

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    La tecnologia è la nuova totalizzante ideologia: il trasferimento della vita di ciascuno dalla realtà (vera) a quella di internet, una comunità locale e globale, una realtà come volontà e rappresentazione fotografica.

    «Da una parte, lo strip-tease dell' intimo. Dall' altra, entra in ballo il voyeurismo pubblico. E tale, del resto, è qualunque esercizio fotografico. Il desiderio di essere visto è altrettanto primitivo quanto quello di guardare», dice D' Agostino.

     

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    Ed è qui che entra in ballo l' aspetto più disturbante e seduttivo della rivoluzione tecnologica: la nostra identità digitale. In un mondo globalizzato che non dà lavoro né assicura benessere, cioè, «i Millenials devono fare affidamento sul proprio marchio. La loro identità è micro, perché raramente arriva in superficie, ma vive nei capillari dei social media, reality, talent». Inquietante?

     

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    Sì e no: «Nessuno è soddisfatto di se stesso: la felicità dipende dalle nostre aspettative e non dalle effettive condizioni in cui viviamo. Quindi, nonostante i miglioramenti enormi di quest' ultime, l' insoddisfazione è sempre la stessa e la reazione è l' ulteriore ricerca del piacere. Ecco: l' enorme successo di internet ha origine dalla sua capacità di creare un mondo parallelo a quello reale. Io sono la mia fiction: questo porta ad una socializzazione che comporta molti rischi (sul piano dello sviluppo delle identità) perché ciascuno pensa di essere qualcosa solo perché il social network ci rappresenta così».

     

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    Ecco dunque che i selfie divengono il tentativo di creare un senso di sé. E quando D' Agostino, rivolto alla platea, declara «io voglio essere la pizza», il discorso rischia di sfuggire di mano: a Milano è già ora di cena. Intendeva, come ci spiega poi: «Ciascuno in cuor suo vuol essere come la pizza, cioè piacere a tutti. È una balla che ciascuno vuole essere se stesso. Vuole piacere». Piacere a chi: è l' unica variante possibile.

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