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    DAGOREPORT - CHE ROTTURA DI GAZA PER JOE BIDEN: LE UNIVERSITÀ AMERICANE SONO UNA POLVERIERA CON I FILO-PALESTINESI E LE LORO AGGRESSIONI ANTISEMITE. NETANYAHU NON LO ASCOLTA E LA GRANDE STAMPA USA, IN MANO AGLI EBREI, LO INCALZA PER RISOLVERE LA CRISI – ERDOGAN FLIRTA CON HAMAS E I PAESI ARABI (SAUDITI ED EMIRATI IN PRIMIS) NON HANNO FRETTA DI ARRIVARE ALLA PACE: SOGNANO IL RITORNO DI TRUMP E NON VOGLIONO CONCEDERE UN VANTAGGIO ELETTORALE A QUEL “ROMPICOJONI” DI BIDEN…


     
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    joe biden joe biden

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    Per Joe Biden la crisi in Medioriente sta assumendo contorni pericolosi. Il suo sguardo è puntato alle elezioni di novembre, quando si rigiocherà la Casa Bianca in uno scontro bis con Donald Trump.

     

    Ma fino ad allora, il presidente americano ha una bella “rottura di Gaza” da fronteggiare. Le università americane sono una polveriera, con continue manifestazioni antisemite, aggressioni agli ebrei e arresti degli esagitati studenti filo-palestinesi.

     

    proteste alla columbia university 4 proteste alla columbia university 4

    La grande stampa americana, come il “New York Times”, di proprietà di un ebreo, Arthur Gregg Sulzberger, incalza ogni giorno la Casa Bianca sulla crisi mediorientale e sulle ripercussioni politiche in America.

     

    “Sleepy Joe” prova inutilmente, ormai da sei mesi, a spingere Netanyahu a un cessate il fuoco, ma “Bibi” ha dimostrato una durezza fuori dal comune fino a ignorare palesemente gli ammonimenti della Casa Bianca. La Turchia di Erdogan, Paese Nato, invece di favorire una distensione, continua a flirtare con Hamas, ospitando a Istanbul il leader del movimento terrorista, Ismail Haniyeh, e lasciandosi andare a dichiarazioni di fuoco contro Israele.

     

    recep tayyip erdogan ismail haniyeh 2 recep tayyip erdogan ismail haniyeh 2

    Oltre a queste difficoltà interne e con l’alleato Netanyahu, Biden deve fronteggiare la ritrosia dei Paesi arabi, Arabia Saudita ed Emirati su tutti, a risolvere celermente la crisi a Gaza. Il destino dei “fratelli” palestinesi non è la ragione principale del loro ostruzionismo: a Riad e Abu Dhabi preme soprattutto il ritorno di Trump.

     

    Le autocrazie del Golfo, ma paradossalmente anche la democratica Israele, sono convinte di avere maggiori benefici e margini di manovra con il tycoon alla Casa Bianca. Del resto, fu lui ad avviare, per interposto genero (l’ebreo Jared Kushner) il percorso per la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e sauditi, i famosi Accordi di Abramo stoppati dal pogrom del 7 ottobre. Ecco perché non hanno fretta di arrivare a una pace in Medioriente che ovviamente avvantaggerebbe Biden.

     

    benjamin netanyahu, donald trump e i ministri degli esteri di barhein e emirati arabi uniti benjamin netanyahu, donald trump e i ministri degli esteri di barhein e emirati arabi uniti

    Agli occhi dei Bin Salman, il presidente democratico è un “rompicoglioni” su diritti umani e ambiente: uno dei primi atti del presidente fu pubblicare il report della Cia che incolpava MBS dell’omicidio di Jamal Khashoggi. Una presa di posizione a cui sono seguite piccole ritorsioni di Riad sulla produzione del petrolio per condizionarne il prezzo e mettere in difficoltà l’Occidente. Non solo: Biden pretende di allontanare i Paesi arabi dall’orbita russo-cinese, e dunque chiede ai leader prese di posizioni nette contro Putin e Xi Jinping.

     

    mohammed bin salman al saud con donald trump mohammed bin salman al saud con donald trump

    Ps. In Israele una larga fetta di sostenitori di Netanyahu anti-Biden e pro-Trump è rappresentata da ebrei russi, tra i coloni delle zone occupate in Cisgiordania. Sono tra i più fedeli alla linea “Bibi”, forse perché, provenendo da un’autocrazia, hanno un debole per l’uomo forte….

     

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