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    “DE ROSSI, A UN CERTO PUNTO LA FORTUNA FINISCE” – DOPO LO SCIALBO ZERO A ZERO DI LECCE, IL "CORRIERE DELLO SPORT" SBATTE IN FACCIA AL TECNICO GIALLOROSSO IL CALENDARIO TOSTISSIMO PER LA CORSA CHAMPIONS, SENZA CONTARE I DUE CONFRONTI DI EUROPA LEAGUE CON IL MILAN – DE ROSSI RECLAMA PER IL PENALTY NON CONCESSO AI GIALLOROSSI. L’ARBITRO ERA QUEL MARCENARO GIA’ FUSTIGATO DA MOURINHO (“NON HA STABILITÀ EMOZIONALE”). E FRIEDKIN? SEMPRE MUTO...


     
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    MARCENARO, LE PAROLE DI MOURINHO A DICEMBRE

    Da corrieredellosport.it

    Alla vigilia della trasferta contro il Sassuolo, all’inizio di dicembre, Josè Mourinho disse testuali parole sull’arbitro genovese: "La sensazione è che non abbia la stabilità emozionale per una gara di questa livello".

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    DE ROSSI

    Da corrieredellosport.it

     

    Intervistato ai microfoni di DAZN dopo il pareggio senza reti tra Lecce e Roma, Daniele De Rossi ha recriminato un rigore non concesso ai giallorossi per un'uscita a valanga di Falcone su Zalweski. L'allenatore ha commentato così l'episodio: "Ho visto che era netto e non ci è stato dato. Peccato. In un'epoca in cui danno i rigori per lo step on foot su un mignolino... Le regole devono essere uguali: se passo con il rosso va bene, se passo con il verde va bene. Poi si fanno incidenti..."

     

    Roma, De Rossi: "Ho visto fischiare rigori per molto meno..."

    L'ex arbitro e opinionista Luca Marelli ha replicato confermando il suo punto di vista per cui su una situazione del genere non si fischia mai la massima punizione ma De Rossi è rimasto sulla sua posizione: "Ripeto che ne ho visti fischiare tantissimi con degli impatti molto meno forti ed energici. Io a calcio ci ho giocato eh..."

     

    IL GIOCO E’ FINITO

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    Marco Evangelisti per il Corriere dello Sport

     

    Caro Ddr, 

     

      

    Il gioco è finito. Perlomeno si interrompe qui. Nel vento di Lecce, dove la Roma si perde, rotola, si accartoccia, si ritrova illesa più o meno miracolosamente alla fine di un’ordalia persino prevedibile, annunciata da segni premonitori come le migliori apocalissi. Qui non si tratta del capolinea del mondo, ma di sicuro d’ora in poi il campionato della Roma sarà differente, dovrà esserlo. Mentre quello del Lecce, che continua a divertirsi, a divertire e a sprecare sé stesso, tutto sommato va anche bene così. 

     

     

     È che a un certo punto la fortuna finisce, la discesa anche e bisogna riprendere a pedalare con gran pianto e stridore di denti. Alla Roma che andava come un treno cominceranno tra poco a sfilare davanti al finestrino Lazio e poi, dopo l’Udinese in trasferta, Bologna, Napoli, Juventus, Atalanta, senza contare i due confronti di Europa League con il Milan. D’accordo, aprile è il mese più crudele, potrebbe essere terra desolata, ma neppure maggio sorride se non di traverso e sinistramente. 

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    Sono poche e quasi tagliate sino al midollo le sicurezze di questa Roma, strizzate e sgocciolanti, fragili, qualcuna in estinzione, scoperte di fronte a ogni vento e sensibili al cambiamento climatico. Non è per cesaronismo postpasquale che De Rossi scende a Lecce - per affrontare una squadra sveglia e aggressiva dalla testa ai piedi, da Piccoli a Falcone, e decisamente ben rifinita dalla guida tecnica - risparmiando qua e là in vista del derby, bensì per consapevolezza dei limiti e sensibilità calcistica.

     

    Ha l’occhio lungo e le orecchie da coniglio mannaro. Sente gli scricchiolii fisici nei punti di equilibrio ben prima che Cristante, in tutta la sua montagnosità apparentemente inattaccabile, si volti a dirgli che o qualcuno lo aiuta a tappare le falle dello scafo o lui finirà per annegare nel suo stesso acido lattico. 

     

    Sin qui la Roma si è lasciata accarezzare dall’insolita gentilezza del calendario, che le ha lasciato il tempo di adattarsi alla riforma istituzionale in panchina e l’agio di conservare il meglio di sé per l’Europa League. Oltre naturalmente a consentirle di tenere il passo del gruppone all’inseguimento della Champions. Non si può pretendere di più dalla sorte né indurre ulteriormente in tentazione il cielo.

     

    Adesso che il gioco è finito, bisogna recuperare il gioco. In questo doppio senso sta il destino prossimo venturo di De Rossi.

     

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    Che ha persino provato a maneggiare la partita come se la Roma fosse una squadra di primo livello: tenendo a bada i tassi di adrenalina nel primo tempo, tentando di approfittare del calo di ritmo del Lecce nel secondo. Ma la sua formazione non è abbastanza matura né abbastanza grande per cambiare passo in misura decente. E poi la sofferenza mostrata a centrocampo e in difesa non sono un buon viatico per il calvario che l’attende nelle prossime settimane. Leao non esiterà come Piccoli, Koopmeiners non sbaglierà come Dorgu. 

     

    La Roma è quella che sappiamo e semmai aveva stupito la sua versione allegra e piacevole, estroversa e intraprendente delle uscite europee e delle prime esperienze con De Rossi. Non le primissime: diciamo dalla sconfitta persino brillante subita con l’Inter. In seguito Paredes è tornato faro intermittente, Lukaku ha cominciato a non esprimere più neppure la potenza che lo rende unico e insostituibile nell’ambito del nostro campionato, Angeliño intorno al quale in giro si erano ascoltati racconti di visioni salvifiche è rimasto l’uomo di un cross ben riuscito, Baldanzi promette di continuo cose che non riesce a mantenere. Eccetera eccetera. Soltanto Svilar, a dirla tutta, prosegue nella sua trasfigurazione, un autentico dono del cielo per la Roma. Del resto è noto che questa squadra avrà bisogno di cambiamenti profondi in estate, ammesso che possa permetterseli. Intanto però il treno ha perso slancio, proprio adesso che arriva lo scambio. 

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