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    FINISCE IN FUMO IL PROCESSO ALLA MAFIA CINESE - MOTIVO? DIFFICOLTA’ DI TRADUZIONE E BUROCRAZIA - L’INCHIESTA IN TOSCANA AVEVA OLTRE 400 IMPUTATI, LE TRIADI RICICLARONO DALL’ITALIA ALLA CINA QUASI 3 MILIARDI DI EURO SOTTRAENDOLI AL FISCO    


     
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    Matteo Indici per “la Stampa”

     

    MAFIA CINESE MAFIA CINESE

    I filmati del 2010 mostrano i finanzieri in una serie di villette fra i capannoni di Prato, poi la telecamera fissa la Porsche Cayenne fuori dal giardino d'uno dei principali indagati. Ne arrestarono a decine, sequestrando 93 milioni di beni e accusando oltre 400 persone d'aver partecipato a una gigantesca organizzazione criminale: «Fra il 2006 e il 2010 hanno riciclato dall'Italia alla Cina - l' addebito rimarcato nelle informative delle Fiamme Gialle - quasi 3 miliardi di euro sottraendoli al Fisco poiché provento di vari reati, grazie a una rete di money transfer sparsi in otto regioni».

     

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    Frammentavano in tranche da 1999 euro per depistare, e sul caso intervenne l'allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso certificando la potenza finanziaria della Triade versione italiana. Otto anni dopo, del primo maxi-processo alla presunta mafia cinese non resta pressoché nulla: nei giorni scorsi i giudici Francesco Gratteri, Carlo Cataudella e Daniela Migliorati hanno dichiarato prescritti gran parte degli addebiti nel troncone principale, coordinato dalla Dda di Firenze, che contava a un certo punto 297 imputati fra imprenditori, prestanome e mediatori.

     

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    Il resto delle accuse scadrà in un anno e mezzo massimo, e tenuto conto che non c'è ancora il primo grado è impossibile si materializzi un verdetto definitivo in tempo. Persino peggio è andata per il secondo filone, gestito dalla Procura di Prato con 128 indiziati, arenato alla chiusura d' indagine preliminare con chance di Cassazione inesistenti.

     

    Com'è stato possibile? In ballo non ci sono tanto le prove, incamerate con pedinamenti e registrazioni, ma il tempo necessario a circoscriverle. Gran parte del "nero", oltre che dalla prostituzione in centri massaggi, derivava dalle sotto-fatturazioni in dogana di tonnellate di stoffe provenienti dall' Oriente.

     

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    L'importatore era in realtà fasullo e rivendeva tutto sovente a italiani, ingrassando le plusvalenze da inoltrare alla Repubblica Popolare. La difficoltà nel tradurre i documenti, specie le intercettazioni, oltre che gli avvicendamenti fra magistrati e una burocrazia elefantiaca, hanno dilatato a dismisura i rilievi, sbriciolando l'aggravante mafiosa e via via il resto.

     

    mafia cinese mafia cinese

    Tra gli effetti perversi del naufragio c'è la progressiva restituzione - si rasenta ormai l' 80% - di ciò ch'era stato sequestrato: nel 2010 scattarono sigilli per 73 aziende, 181 immobili, 300 conti correnti e 166 auto fra Toscana, Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia, Lazio, Campania e Sicilia.

     

    Va annotato che nel frattempo altre indagini sul riciclaggio hanno fatto scattare nuove retate. Ed è di ieri la notizia dell' impiego proprio a Prato di cani addestrati a fiutare le banconote, mentre l' ultimo dossier della Direzione nazionale antimafia indica in 3-4 miliardi annui il giro dei money-transfer cinesi (nel 2005 erano 80 milioni).

     

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    L'affaire Firenze è emblematico pure sul fronte prescrizione: dal 2014 i processi cancellati, ridotti del 40% nel decennio precedente, sono in costante crescita. È l' effetto della ex Cirielli varata nel 2005 sotto Berlusconi, che abbreviava parecchio i tempi (è stata modificata nel 2016 dall' esecutivo Gentiloni ma i nuovi paletti valgono solo sui reati successivi). I riflessi, come accade sempre quando s' interviene in quest' ambito, si palesano 8-10 anni dopo, sebbene il problema patologico resti l' insosteninbile lunghezza dei dibattimenti.

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