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    RIBOLLE LA BOLLA? - DALLE QUOTAZIONI DEI COLOSSI DI SILICON VALLEY AL VALORE IMMOBILIARE DI HONG KONG, BERLINO O DELLA SVEZIA (DOVE I PREZZI SONO ESPLOSI DEL 50%), FINO ALLA FEBBRE DEL MERCATO DELL'ARTE E DELLE CRIPTOMONETE, C’E’ UN’EUFORIA SENZA FRENI - MA GLI ECONOMISTI DELL’OCSE SMONTANO GLI ENTUSIASMI - ECCO PERCHE'


     
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    Federico Fubini per il “l’Economia - Corriere della Sera”

     

    stanford university e la silicon valley stanford university e la silicon valley

    Se volete sapere a che punto siamo, prendete una selezione delle notizie più lette nel mondo la settimana scorsa. Le imprese di Silicon Valley affittano modelle e modelli per animare la conversazione con i loro dipendenti ai party aziendali (costo orario, fino a duecento dollari a testa). Il principe Mohammed bin Salman ha speso 450 milioni di dollari per comprare il «Salvator Mundi» di Leonardo da Vinci.

     

    Hong Kong ha già le quotazioni immobiliari fra le più alte al mondo ma quest' anno i prezzi al metro quadro sono saliti dell' 11% e l'anno prossimo si prevede un altro balzo del 10%. Intanto alcune piattaforme che scambiano bitcoin iniziano a sperimentare «problemi tecnici» per l'ondata di acquisti che ha fatto esplodere il valore della criptovaluta del 40% in 40 ore, come ha ricordato il Wall Street Journal.

    DONALD TRUMP PERSONA DELL ANNO DONALD TRUMP PERSONA DELL ANNO

     

    Non sembrano titoli da un' economia internazionale in crisi. Non sembrano gli stessi tempi nei quali i ceti medi impoveriti votano Donald Trump negli Stati Uniti e l' uscita dall' Unione europea in Gran Bretagna. Non sembra lo stesso mondo avanzato nel quale i redditi delle nuove generazioni - a differenza dalle precedenti - hanno smesso di crescere molto presto. Né sembrano questi gli stessi sistemi nei quali la produttività viaggia a passo di lumaca, come negli Stati Uniti dove segna «zero virgola» dal 2011.

     

    Quello delle notizie più lette della scorsa settimana è un altro mondo. Dalle quotazioni dei colossi di Silicon Valley che portano Facebook a valere più o meno come l' intera Borsa italiana, all' immobiliare di Hong Kong, Berlino o della Svezia (dove i prezzi sono esplosi del 50% in termini reali dal 2010), alla febbre del mercato dell' arte, fino ai 500 miliardi di dollari di valore delle criptomonete, in questo secondo mondo l' aria è diversa.

    WALL STREET 1 WALL STREET 1

     

    Un' inconfondibile euforia di tutto ciò in cui si possa investire un patrimonio accompagna il 2017 verso l' uscita di scena. E una quiete apparente regna ovunque sui mercati: la volatilità è in costante calo da anni nei mercati valutari delle sette economie avanzate, come nelle Borse degli Stati Uniti, dell' area euro e del Giappone, come nel mercato del reddito fisso sia in America che (soprattutto) in Europa .

     

    I mercati sembrano un'autostrada così dritta e tranquilla, così sgombra e in discesa, che qualche conducente rischia di farsi trovare a velocità decisamente eccessiva per poter controllare la prossima curva. A Wall Street e nel mercato obbligazionario europeo le quotazioni restano storicamente molto alte.

     

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    In base all' indice del rapporto fra prezzi azionari e utili d' impresa messo a punto dal premio Nobel Robert Shiller, l'S&P 500 di New York viaggia su medie superiori a quelle di qualunque momento della sua storia tranne la bolla delle dotcom del Duemila. Il titolo di Stato decennale dell' Italia oggi rende lo 0,70% in meno dell' equivalente degli Stati Uniti. In altri termini, oggi il bond di uno degli Stati più indebitati e a bassa crescita del mondo, che cinque anni fa non riusciva quasi ad affacciarsi sul mercato, ora offre un premio di rischio più basso di quello della prima economia globale che ha la nota di credito più robusta.

     

    Nel frattempo il debito sale ovunque più in fretta del reddito, nei Paesi avanzati come in quelli emergenti. E lo fa in un modo che sembra creare un cuscinetto di pura rendita finanziaria, accanto a uno zoccolo più piccolo di capitale effettivamente produttivo, capace cioè di creare posti di lavoro per tutti. Il grafico a destra fra i tre a pagina 5 (vedi) mostra le stime dell' Ocse di quella che l' organizzazione di Parigi definisce «la disconnessione fra debito e investimento».

     

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    È da due decenni che l'indebitamento delle imprese cresce più in fretta della capacità produttiva installata. La crisi finanziaria del 2008-2012 non ha invertito questa tendenza, al contrario. E la differenza in quella forbice è la pura rendita finanziaria: denaro preso in prestito dalle imprese per riacquistare le proprie stesse azioni e sostenerne il valore, o per investire in titoli finanziari, oppure per remunerare i manager.

     

    In una conversazione con L'Economia del «Corriere», la capo-economista dell' Ocse Catherine Mann si mostra preoccupata: «Ci sono oggi varie vulnerabilità nel settore finanziario - dice -. Le quotazioni azionarie soprattutto negli Stati Uniti sembrano scontare una crescita futura a tassi d' interesse molto bassi. Eppure, con la politica monetaria della Federal Reserve che torna verso livelli più normali - aggiunge Mann - uno si chiede se quelle quotazioni saranno sostenute dagli utili d' impresa. Noi pensiamo che probabilmente non sarà così», conclude.

     

    Quanto all' Europa, le valutazioni esagerate sono visibili soprattutto nel reddito fisso. «Ci sono distorsioni dei prezzi - nota la capo-economista dell' Ocse -. La caccia al rendimento ha portato a degli spread che sono più stretti di quanto sia realistico, viste le vulnerabilità potenziali future».

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    Inutile però chiedere a Catherine Mann se il mondo sia di nuovo di fronte a una grande bolla come nel 2007. «Questa è una parola che provoca una risposta immediata - frena l' economista -. Meglio guardare alcuni indicatori di allerta precoce: la quantità di credito e lo stock di capitale produttivo in proporzione al reddito lordo delle grandi economie o i prezzi delle case rispetto al reddito disponibile delle famiglie». La capo-economista dell' Ocse aggiunge: «Quegli indicatori nel 2007 erano altrettante spie rosse accese.

    Oggi danno senz' altro valori elevati, ma non sono spie rosse accese. Noi diciamo solo che è meglio prestare molta attenzione».

     

    Naturalmente alla base di tanta euforia c' è la liquidità con la quale le grandi banche centrali - Federal Reserve, Banca centrale europea, Bank of England, People' s Bank of China, Banca del Giappone e Banca nazionale svizzera - hanno dovuto rispondere agli infarti finanziari degli anni scorsi. Dal 2008 i loro bilanci in aggregato sono esplosi da 5.600 a 20 mila miliardi di dollari. Questa alta marea di denaro, a contatto con i mercati, si è moltiplicata esponenzialmente: come nota Alessandro Fugnoli di Kairos, la capitalizzazione delle Borse globali è passata da 34 mila miliardi nel 2008 a 80 mila miliardi oggi.

     

    i paesi sviluppati con maggiori disparita?? di reddito i paesi sviluppati con maggiori disparita?? di reddito

    La domanda inevitabile riguarda gli sviluppi del 2018, se l' inflazione inizia a emergere non solo nei prezzi finanziari e immobiliari e se le banche centrali reagiranno ad essa prima e con più forza di quanto ora i mercati pensino. La Fed, da sola, dovrebbe ritirare 800 miliardi netti di liquidità entro il 2019. La sfida oggi dunque non è cavalcare la galoppata del bitcoin o dei junk bonds, ma saperne governare i balzi e gli scarti senza rompersi l' osso del collo.

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