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    MANETTI BROS A MANETTA! "I FINANZIAMENTI STATALI SONO LA MORTE DEL CINEMA ITALIANO. L’ARTE DEVE ESSERE LIBERA. ANZI, SE SERVE, DEVE SPUTARE IN FACCIA ALLO STATO" - NOI PIONIERI DEL CINEMA "DI GENERE"? NON AMIAMO QUESTA RIDUZIONE" –E POI PARLANO DI MAX PEZZALI "GRANDE POETA DELLA PROVINCIA", DI MORELLI CHE IN "AMMORE E MALAVITA" NON DOVEVA ESSERCI, DI SERENA ROSSI INCINTA E DI QUELLA VOLTA CHE HABER…- VIDEO


     
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    Alessandro Ferrucci per il Fatto Quotidiano

    MANETTI BROS MANETTI BROS

     

    L' ufficio dei Manetti bros, al secolo Marco e Antonio, è la perfetta sintesi del loro mondo, storia, essenza; tra echi giovanili mai abbandonati (poster, fumetti, i Kiss troneggiano, libri) e il presente, quindi sceneggiature sparse, i collaboratori in circolazione, le stanze tutte aperte: si condivide; per ridurlo a un' immagine cinematografica, sembra di oltrepassare uno di quegli uffici moderni raccontati dai film sulla nuova vita professionale a New York.

     

    Loro due sono tra le ex rivelazioni diventate certezza della cinematografia italiana, e sono in sala con Ammore e malavita (applauditissimo a Venezia). In vent' anni hanno scalato la hit di credibilità, riconoscibilità nell' ambiente e appeal sui fan. Guai a definirli registi "di genere", non lo amano, quando parlano spesso sembrano sincronizzati, uno smette l' altro riprende, difficilmente si sovrappongono o sono in disaccordo: al massimo su qualche sfumatura, mai la sostanza. Sempre per restare dentro la "pellicola", hanno un qualcosa dei Blues Brothers; Marco ricorda Jake (John Belushi), capelli da Medusa, barba grigia e pronunciata, non sta mai fermo, combatte una battaglia perenne con i cuscini del divano, viaggia a un' alta velocità verbale;

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    Antonio è molto Elwood (Dan Aykroyd), più alto di Marco, più cauto in certe situazioni, si muove poco sul divano e sa come mediare con il fratello.

    Perennemente insieme

    (Antonio) La nostra fortuna è aver condiviso da subito questa passione; sin da piccoli non ci immaginavamo in nessun altro contesto professionale.

     

    Avete dichiarato di non apprezzare chi attinge ai finanziamenti statali per i film.

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    (Marco) Li consideriamo la morte del cinema italiano, è sbagliato in assoluto, anche sul piano etico perché può sfociare nella censura; l' arte dovrebbe essere libera dallo Stato, anzi se serve deve sputare in faccia allo Stato stesso.

     

    E invece?

    (Antonio) Sul piano pratico dimostra che il cinema è una specie protetta.

    (Marco) Infatti sono nati e cresciuti dei produttori italiani che non sono neanche interessati alla qualità o all' incasso; sono degli pseudo-professionisti che all' attore da cassetta preferiscono l' amico sfigato che costa meno.

    Siete considerati dei pionieri del cinema di genere

    (Marco) In parte forse è vero. Ma non amiamo questa riduzione.

     

    Perché?

    (Marco) Non ha molto senso, ogni nostro film è diverso dall' altro, siamo tra i pochi registi italiani a non fossilizzarci su un genere. (...)

     

    Gli attori vi pressano molto per ottenere una parte?

    (Antonio) È la dannazione dell' essere regista, anche perché per loro è un momento particolare, con poco lavoro, quindi si amplificano tutte le nevrosi e le fragilità. E poi se si sentono bocciati, stanno male, la prendono sul personale.

    (Marco) Il dramma dell' attore è che il suo talento non è l' unica variabile per ottenere una parte. Le offro un esempio: se giro il film dedicato a una nana in un carcere femminile, tra una nana che non sa recitare e Laurence Olivier, chi prendo?

     

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    Chi prende?

    (Marco) La nana che non sa recitare. Ma l' attore questo aspetto non lo accetta.

    Quindi vi angosciano (Marco) Tutti. E la frase classica è: "Non mi vuoi più bene". E io: "Ma no, non ho un ruolo per te, non è colpa mia". Allora insistono: "Creamelo". Ma non sempre si può.

     

    Per Giampaolo Morelli, il vostro attore "feticcio", lo create

    (Antonio) In Amore e malavita non doveva esserci, poi per inserirlo abbiamo leggermente adattato il personaggio, e funziona bene

    Alessandro Haber è celebre per inseguire i registi, a partire da Pupi Avati

    (Antonio) A lui sono state proposte delle parti, ma piccole, magari due giorni di lavoro, e con il suo vocione ci ha risposto: "Ma allora non mi stimate!"

    (Marco) Una volta lo incontro per strada, appena mi vede inizia: "Sei uno stronzo! Se non mi stimi dimmelo". E io: "Ma se ti stimiamo tantissimo". Ed è vero. Ma l' aspetto spiacevole è un altro: quasi sempre gli attori si presentano con atteggiamenti seducenti, si comportano subito da amici. (...)

     

    Avete raccontato che per pensare bisogna immergersi in una vasca calda con in mano una mela.

    (Marco) Sono stato io. Ma lo spunto nasce dalla mia passione per Agatha Christie, era il suo segreto per scrivere e un po' funziona Ah, la mela è inutile, l' ho eliminata, il resto va bene, liberi la testa.

     

    Il giorno dopo la presentazione del film, leggete le critiche?

    serena rossi e uno dei manetti bros serena rossi e uno dei manetti bros

    (Antonio) Siamo degli appassionati, le divoriamo tutte. Se ci danno fastidio? Il problema è che di frequente c' è l' abitudine a buttarla sul personale, una volta un critico ha scritto di noi: "Questo è cinema da Dams (Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo, ndr) dei bolognesi".

    Peccato che noi non abbiamo mai frequentato il Dams e siamo di Roma.

    (Marco) È importantissimo leggerle, non mi piacciono quando entrano negli strumenti del regista, quando spiegano come avremmo dovuto migliorare la pellicola. A ciascuno il proprio mestiere.

     

    Come vi trovate ai festival?

    (Marco) Bene! I film ci hanno permesso di realizzare dei viaggi bellissimi, come in Cina e Israele. Però non andiamo a prescindere, solo se presentiamo una pellicola.

    Avete diretto ben dieci video musicali con gli 883 e Max Pezzali: sulla carta un mondo molto lontano da voi.

    (Antonio) Non solo: ne abbiamo finito pure un altro. Ma lui è stata una scoperta, lavorandoci insieme abbiamo trovato un grande poeta della provincia e una persona fantastica.

    (Marco) Max è una sorpresa, è un tipo preparatissimo, uno che approfondisce le questioni e con una memoria prodigiosa, a volte mi impressiona: si ricorda episodi assurdi.

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    In "L' arrivo di Wang" avete utilizzato Ennio Fantastichini, uno dei migliori attori italiani, forse un po' sottovalutato.

    (Antonio) Perché è uno libero, non ha cricche alle spalle, dice quello che pensa, non è un calcolatore, non è soggetto da salotti.

     

    Esistono i "salotti per registi"?

    (Marco) Sono molto importanti, aiutano. Eccome se aiutano.

     

    Vi hanno mai irretito?

    (Marco) C' è un aspetto concreto a salvarci: proprio non ci va, non siamo tentati.

     

    Su cosa litigate?

    (Antonio) Per motivi stupidi, quasi mai artistici, magari organizzativi tipo quando si deve girare una scena.

     

    La fiction "Boris" dedicata alle nevrosi del cinema, quanto è reale?

    (Antonio) Ci piace tantissimo, ed è talmente fedele alla realtà da non farmi capire come possa piacere fuori dell' ambiente cinematografico.

    (Marco) Perché lo spettatore comprende sempre qual è la realtà. Però non l' ho visto tantissimo, sempre per quella mia distanza dagli italiani.

     

    I vostri occhi sulla fauna dei frequentatori da Festival

    ammore e malavita ammore e malavita

    (Antonio) È pieno di pseudo-attori ultra-cinquantenni che vanno a tutti gli appuntamenti e si propongono in una maniera assurda, convinti che ogni incontro gli possa svoltare la carriera.

    (Marco) La nostra ex agente, Carol Levi, diceva: "Ai Festival si danno quattro pacche sulle spalle, gli incontri di lavoro si fanno in ufficio. Ed è vero".

     

    Torniamo a Giampaolo Morelli: viene invidiato per i tanti lavori con voi?

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    (Marco) Forse un po'. Ma noi lavoriamo sempre con la stessa troupe. Sempre. E con un nucleo ristretto di attori.

    Abbiamo costruito una famiglia, non riusciamo a fare niente senza di loro.

    (Antonio) Alcuni mi fermano e dicono: "Voglio essere anche io il vostro attore feticcio.

    (Marco) Serena Rossi (tra i protagonisti di Ammore e malavita ), dopo aver firmato è venuta da noi disperata: "Ho scoperto di essere incinta". Era convinta di dover lasciare. E noi: "Senza di te non giriamo. Andiamo avanti lo stesso". Quindi abbiamo trovato delle soluzioni, come dei campi lunghi con sua sorella da controfigura. Insomma: è incinta ma non si vede.

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    Scelta di cuore

    (Antonio) Anche furba e cinica, siamo convinti sia meglio per tutti, c' era bisogno di lei e così siamo andati avanti.

    (Silenzio) Siamo così, ci piace l' effetto-famiglia.

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