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    IL CINEMA DEI GIUSTI - E ALLA FINE ARRIVO’ IL FILM DI NATALE AMBIENTATO NEL CUORE DI GOMORRA CON LILLO E GREG E UN PEPPINO DI CAPRI SDOPPIATO GIA' DI CULTO - IL NEW-CINEPANETTONE PIÙ POLITICAMENTE SCORRETTO CHE DE LAURENTIIS POTESSE IDEARE


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    NATALE COL BOSS NATALE COL BOSS

    E alla fine arrivò il film di Natale ambientato nel cuore di Gomorra. Aurelio De Laurentiis si presenta a Natale al cinema col cinepanettone o new-cinepanettone o post-cinepanettone più politicamente scorretto che potesse ideare, Natale col boss, diretto da Volfango De Biasi, portando Lillo e Greg, come chirurghi, ma gli attori napoletani li chiamano sempre chirurgi, Paolino Ruffini e Francesco Mandelli come poliziotti stupidotti, ma il loro capo corrotto li chiama deficienti con la i, proprio nel cuore di Gomorra.

     

    Mettendo di mezzo decine di geniali attori napoletani, da Gianfelice Imparato a Francesco Di Leva, da Giovanni Esposito a Antonio Pennarella, e addirittura sdoppiando un mito della canzone come Peppino Di Capri sul modello del non dimenticato Fracchia la belva umana, con un Peppino buono e un Peppino cattivo.

     

    NATALE COL BOSS POSTER NATALE COL BOSS POSTER

    Magari non tutto torna, a livello di racconto e di ritmo, troppi sceneggiatori, troppe trame diverse, magari c’è qualche lentezza, ma in generale questo Natale col boss, costruito su un’idea di Greg, con due sciocchi chirurghi che  ricostruiscono la faccia di un terribile boss, Gaetano Amato, ma si confondono su un nome, lui voleva diventare Leonardo Di Caprio e loro capiscono Peppino Di Capri, e da qui partono tutte le confusioni fra i due Peppini e le situazioni comiche, fa parecchio ridere sia nella sua costruzione a grossi sketch, divisi fra quelli dei chirurghi in fuga Lillo e Greg e quelli dei poliziotti Ruffini e Mandelli, sia per la presenza di grandi attori secondari napoletani.

     

    E il risultato è di molto superiore, sotto ogni livello, a quello del film dell’anno scorso, Un Natale stupefacente, che pure era un buon primo tentativo di liberarsi dalla vecchia tradizione cinepanettonistica.

     

    NATALE COL BOSS NATALE COL BOSS

    Questo è anche un film con molte anime diverse. Quella di Lillo e Greg, evidentemente, che costruiscono la storiella dei loro chirurghi alle prese con la camorra come fossero i Geraldine e Josephine di A qualcuno piace caldo di Billy Wilder o i Franco e Ciccio di Un mostro e mezzo, o infilando gag visive alla Tex Avery, quella della botta in testa col commissario corrotto del catanese Enrico Guarnelli.

     

    Poi c’è quella di Ruffini e Mandelli, comici e registi più moderni e sofisticati, che avrebbero forse meritato un film tutto loro, più parodia delle serie americane e della stessa Gomorra, “shit-cazzo-fuck”, e quando si mettono in mutande col mitra e entrano nei quartieri della camorra come fossero i balordi di Garrone danno vita a una delle più belle sequenze del nostro cinema comico attuale, che terminerà con il cieco di Gianfelice Imparato, cioè l’esattore di Gomorra il film, che riuscirà a versare il caffè bollente sulle mutande di Mandelli. E, inoltre, sono attori bravissimi, lo dimostrano già nella prima scena, molto elaborata, quando per la prima volta scoprono il boss della camorra.

     

    NATALE COL BOSS NATALE COL BOSS

    Poi c’è l’anima neo-cinepanettonara di Volfango De Biasi, che punta, un po’ come Ruffini e Mandelli, a un film più attento ai nuovi modelli di genere e di parodia di genere, per farne un film comico d’azione. Il personaggio della moglie di Mandelli, una Giulia Bevilacqua in gran forma, dovrebbe proprio portare a quel tipo di action-comedy. Senza scordare il ruolo dei produttori, Aurelio e Luigi De Laurentiis, che non saranno certo stati zitti sulla costruzione e sul montaggio del film.

     

    Alla fine, viene fuori un film non del tutto omogeneo, ovvio, ma dove dal compromesso con queste anime diverse, che possono coesistere perché tra i quattro comici principali si legge un bel rapporto di collaborazione e di amicizia,  caso raro nel nostro cinema, vengono fuori una serie di belle idee comiche e parodistiche fortificate e unite dalla massiccia presenza di grandi attori napoletani che sviluppano assieme a loro una commedia piuttosto singolare e mai provata nel nostro cinema comico.

     

    NATALE COL BOSS NATALE COL BOSS

    Al punto che il film ha momenti davvero sorprendenti e non consueti, penso alla grande sequenza in carcere dove nasce la storia d’amore fra un gigante peloso, il grosso signor Tappabuchi, Roberto D’Alessandro, e Lillo, quella magistrale del cieco di Gianfelice Imparato, quella del raduno dei boss con Giovanni Esposito come figlio cattivo del Mammasantissima, veccho decrepito che nasconde sotto alla faccia di gomma il secondo ruolo di Francesco Mandelli, tutte le situazioni col cattivo Peppino, che ha ancora la voce del boss Gaetano Amato, il suo secondo, Francesco Di Leva, bravissimo, il buffo Frncesco Pennasilico, e Lillo e Greg, il dialogo in carcere tra il cattivissimo Pennarella e Greg.

     

    Indecisi tra un remake di Fracchia la belva umana, una parodia dei Soprano, una di True Detective, una rivisitazione comica di Gomorra, De Biasi e i suoi sceneggiatori hanno puntato a un frittone misto natalizio, a volte c’è un po’ di caciara, specialmente quando si tentano i vecchi quiproquo da vecchio cinepanettone desichiano, ma il funzionamento dei singoli sketch comici alla fine fa funzionare tutto, perché, anche se con qualche pausa, con qualche gag già vista (quella dello spray la ritroviamo identica in Vacanze ai Caraibi di Neri Parenti!), è un film divertente e gioioso.

    NATALE COL BOSS NATALE COL BOSS

     

    aurelio de laurentiis foto lapresse aurelio de laurentiis foto lapresse

    Lo stesso Peppino Di Capri ingentilisce le sue scene e le sue situazioni di doppio le rendono già di culto. Inoltre il fatto di non avere né i protagonisti della serie Gomorra fra gli attori, né i comici alla Made in Sud, ha dirottato De Biasi su attori veri e perfetti, come Imparato, Di Leva, Esposito, Amato, Pennasilico, Guarnelli. C’è pure il catanese Renato Zappalà in un piccolo ruolo di cattivo. Esce in 600 copie il 16 dicembre. 

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