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    “LE NUOVE TECNOLOGIE PRODUCONO DISEGUAGLIANZE” - L’ECONOMISTA JEFFREY SACHS: “LA ROBOTICA E LA MIOPIA DI POLITICHE TROPPO CONCENTRATE SUL TAGLIO DELLE TASSE CREANO PROBLEMI. ANCHE SE LA GLOBALIZZAZIONE RESTERÀ LA FORZA TRAINANTE DEL MONDO PERCHÉ I PAESI CHE OGGI LA GUIDANO, A PARTIRE DALLA CINA, SE NE GUARDANO BENE DAL CHIUDERE I CONFINI…”


     
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    Francesca Paci per “la Stampa”

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    «Ora la partita del clima è in mano all' Europa: deve programmare un piano diversificato di energie rinnovabili, coinvolgere Cina e India, prepararsi al rientro degli Usa nell' accordo di Parigi al massimo tra 5 anni». Jeffrey Sachs, direttore dell' Earth Institute della Columbia University e verosimile ispiratore economico dell' enciclica Laudato si', rifugge dalla logica tafazziana del piangersi addosso: lo strappo di Trump sull' ambiente, dice, serva a darsi una mossa.

     

    Come fa l'Europa a tenere Cina e India nell'accordo sul clima dopo la defezione americana?

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    «Ha un solo modo: mostrarsi decisa e programmare un serio piano di sviluppo delle rinnovabili, nucleari e non. Non esistono alternative all' azione. C' è l' auto elettrica, per esempio: raccomando ai produttori di quattro ruote, come l'Italia, di mettersi al lavoro perché lì è il futuro e lì sono i soldi, solo chi investe nell'auto elettrica resterà sul mercato. Ci sono il solare e l'eolico. E c'è il nucleare, da non demonizzare. Il mondo continuerà a guardare al nucleare perché non ha grandi opzioni al carbone.

     

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    Non aspettiamoci che la Francia dismetta le sue centrali, Cina e Giappone ne creeranno sempre di più. Certo, non tutti sono sulla stessa linea, la Germania va da tempo su una strada verde. Ma l'Europa, finora troppo timida, deve sfruttare il fatto di essere composta da Paesi diversi e lavorare su più piani per avere il massimo spettro di chance energetiche».

     

    Il clima unirà l'Europa cronicamente divisa dall' economia?

    «I cambiamenti climatici sono evidenti, il pericolo è tangibile, la scienza è chiara. Vedremo sempre più terremoti, uragani, calamità naturali, le cose peggioreranno prima di migliorare. L'Europa deve accettare che le rinnovabili non bastano da sole a compensare la de-carbonizzazione e deve studiare una strategia diversificata che affianchi per esempio il nucleare francese alle rinnovabili verdi della Germania».

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    Trump dice di voler rinegoziare Parigi. Come può farlo?

    «Non rinegozierà nulla, sono dichiarazioni rivolte all' estero. Internamente ha detto all' industria del petrolio di andare avanti, ha dato il via libera ai suoi elettori contrari a qualsiasi taglio delle emissioni. Vuole guadagnare tempo sul piano diplomatico, ma non ha alcuna intenzione di cambiare la sua posizione. Ed è una posizione irricevibile dagli altri partner internazionali».

     

    Ha senso un accordo sul clima senza gli Stati Uniti?

    ROBOTICA ROBOTICA

    «Entro 5 anni gli Stati Uniti saranno di nuovo a bordo. Quella di Trump è una decisione politica basata sugli interessi di una minoranza del Paese, la parte che ha finanziato la sua campagna elettorale. Il 70% degli americani è favorevole al taglio delle emissioni, voglio dire che il grosso dell' opinione pubblica rifiuta questa rottura.

     

    Se il presidente dovesse evitare l'impeachment non sarà mai rieletto una seconda volta, è impossibile. Il ritorno dell' America nell' accordo di Parigi è questione di tempo e noi ambientalisti che abbiamo perso il primo round non perderemo il secondo».

     

    Pechino sembra nutrire qualche dubbio. Perché la Cina esita?

    MANO ROBOTICA CON PELLE ARTIFICIALE MANO ROBOTICA CON PELLE ARTIFICIALE

    «La scelta di Trump rallenta le cose ma la direzione è giusta, il mercato cresce, gli Stati Uniti alla fine resteranno soli. La Cina è seria per almeno tre ragioni. Primo: essendo sovrappopolata è estremamente vulnerabile ai mutamenti climatici, ha problemi di approvvigionamento idrico ed è a rischio sicurezza alimentare.

     

    Secondo: è molto inquinata e se archivia il carbone le restano solo le energie rinnovabili perché non dispone di gas o petrolio. Infine, è il maggior produttore di gas serra con il 28% delle emissioni globali ed è particolarmente esposta alle pressioni diplomatiche. Pechino non vuole uscire dal mercato globale e non tornerà indietro, resterà in pieno nell'accordo di Parigi».

     

    La Cina resterà global. Ma la globalizzazione è davvero colpevole delle diseguaglianze, come l'accusano i suoi detrattori?

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    «Le diseguaglianze dipendono dalla globalizzazione ma anche dalle nuove tecnologie, la robotica e la miopia di politiche troppo concentrate sul taglio delle tasse. Inutile illudersi: la globalizzazione resterà la forza trainante del mondo, anche perché i Paesi che oggi la guidano, a partire dalla Cina, se ne guardano bene dal chiudere i confini.

     

    E non è neppure un male: per vincere le diseguaglianze non serve cancellare la globalizzazione ma redistribuirne i molti e indubbi benefici con una politica fiscale che tassi in modo progressivo ed eviti assolutamente il dumping fiscale, uno dei peggiori effetti del libero mercato. Immagino una globalizzazione socialdemocratica».

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