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    L’ITALIA PRIMA CALA LE BRACHE POI PIANGE SULL’EMBRACO - IL GOVERNO SI SVEGLIA (A POCHI GIORNI DALLE ELEZIONI) E SCOPRE CHE L’EUROPA E' UN'UNIONE FONDATA SUL DUMPING: FISCALE, BUROCRATICO, SOCIALE - CALENDA PIANGE DALLA COMMISSARIA VESTAGER, LAMENTANDOSI CHE ALL’EST IL LAVORO COSTA MENO. PIÙ O MENO IL DIBATTITO CHE CI FU IN FRANCIA SULL’IDRAULICO POLACCO QUANDO NEL 2004 L’UE SI ALLARGÒ AD ALTRI 10 PAESI. ARRIVIAMO COME SEMPRE 15 ANNI DOPO


     
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    Antonio Pollio Salimbeni per il Messaggero

     

    Stop al dumping fiscale e sociale nel mercato unico: è questo il grande obiettivo che si pone il governo italiano. Nell'immediato è in gioco il destino di 500 lavoratori dell'Embraco di Riva di Chieri, provincia di Torino: i brasiliani che hanno acquisito lo stabilimento che produce frigoriferi ed elettrodomestici dall'americana Whirlpool vogliono trasferirsi in Slovacchia. Nella stessa situazione si trovano i 420 dello stabilimento Honeywell Transportation System (turbocompressori) di Atessa (Chieti).

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    Obiettivo sempre la Slovacchia di mezzo perché là saranno trasferite le linee produttive. L'incontro di ieri tra il ministro dello sviluppo Carlo Calenda e la commissaria all'antitrust Ue Margrethe Vestager non ha prodotto risultati concreti. Ma, stando a quanto afferma Calenda, qualcosa potrebbe muoversi. «Ho chiesto a Vestager di verificare se nei casi Embraco e Honeywell ci sono aiuti di Stato illegittimi che riguardano la Slovacchia. Poi ho chiesto se è compatibile con le regole la creazione di un fondo nazionale di aggiustamento alla globalizzazione per la concessione di aiuti pubblici a una intensità superiore a quella normalmente consentita».

     

     Vestager «non si è espressa sulle nostre proposte, ma capisce che un problema c'è, sta analizzando casi simili e sembra aperta ad affrontare il problema, ha detto che sarà molto intransigente se emerge un uso non consentito dei fondi Ue o di aiuti di Stato per attrarre investimenti da paesi che fanno parte dell'Unione».

     

    CARLO CALENDA CARLO CALLENDE CARLO CALENDA CARLO CALLENDE

    I PALETTI

    Non è molto, ma potrebbe essere l'inizio di un processo. La questione è ormai bollente e chiama in causa le condizioni del mercato unico: si verificano all'interno più o meno le stesse storture della concorrenza che si verificano nelle relazioni tra la Ue e i paesi terzi, a partire dalla Cina. E la concorrenza in parte sleale «in casa» è una delle tante facce del sempre più difficile rapporto tra Europa dell'Ovest e del Nord e il fronte dell'Est, che vive sempre di più la Ue esclusivamente dal lato della convenienza economica. Come hanno sempre fatto i britannici. L'Italia vuole che sia passato ai raggi X l'uso dei fondi Ue ricevuti dalla Slovacchia.

     

     Dice Calenda: «Se dobbiamo competere con Paesi che hanno costi del lavoro e spesso dell'energia molto bassi, dato che usano massicciamente il carbone, e per di più usano i fondi strutturali si crea una situazione di chiaro svantaggio per i paesi più sviluppati. Con i fondi Ue si possono liberare risorse di bilancio che permettono un livello di tassazione che nessun paese sviluppato può avere.

     

    CARLO CALENDA CALLENDE CARLO CALENDA CALLENDE

    Una cosa è competere con Francia, Germania e Spagna che hanno livelli di tassazione diversi, ma tale diversità non dipende dallo stadio di sviluppo bensì da politiche fiscali più o meno efficienti. Un'altra cosa è combattere contro chi ha una struttura di costi più bassi» e un fisco favorevole per le imprese che investono. C'è anche una questione politica evidente, aggiunge il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan: l'Italia rispetta le norme sugli aiuti di Stato, dalle banche all'Ilva, che gli altri paesi facciano altrettanto.

     

    LE CRITICHE

    Il caso Embraco (come il caso Honeywell) grida vendetta. «È una situazione inaccettabile che mostra come l'Europa vada profondamente cambiata in tempi rapidi e questo deve essere un impegno di qualunque futuro governo italiano», dice il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Embraco «è l'immagine di una politica industriale europea che non c'è e che facilita soltanto le delocalizzazioni: si permette una concorrenza sleale attraverso il dumping fiscale e sociale alimentato anche con i fondi europei». Anche i sindacati europei si sono schierati, chiedendo per bocca di Luca Visentini di «bloccare l'operazione».

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