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    COME E' POP LA SVASTICA - MASSIMILIANO PARENTE E MAX PAPESCHI SFIDANO IL POLITICAMENTE CORRETTO CON LA MOSTRA “MAX VS. MAX”: GIOCATA SULLA DISSACRAZIONE DI HITLER E DEL NAZISMO - DA “CAMERA A GAS CON VISTA” ALLA DONNA NUDA CON LA MASCHERA DI TOPOLINO E IL VESSILLO NAZISTA SULLO SFONDO: ECCO COME SI ROMPE IL TABÙ DELL’ICONOGRAFIA STORICA


     
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    Alessandro Rico per “la Verità”

     

    max vs max mostra di max papeschi e massimiliano parente 1 max vs max mostra di max papeschi e massimiliano parente 1

    Un Max vero e un Max fittizio, uniti da un' iconografia che dissacra la cornucopia di documentari, cerimonie, rievocazioni e moniti, su una ferita aperta della storia contemporanea : il nazismo.

    Il Max reale è l' artista Max Papeschi; quello immaginario è Max Fontana, il protagonista del romanzo cult di Massimiliano Parente, appena ripubblicato da Giunti, Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler. Se in Italia ci sono persone capaci di sfidare i tabù dell' arte e della letteratura, depotenziandone con una satira sapientemente calibrata la drammatica carica politica, quelle persone sono proprio Parente e Papeschi.

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    L' occasione per affrontare con spregiudicatezza, cioè libertà dai condizionamenti politicamente corretti, l' iconografia proibita per eccellenza, quella della svastica, è la mostra Max vs Max, che si apre oggi a Roma al Contemporary cluster. Parallelamente corre un libro, che della mostra è il catalogo, con testi critici di Gianluca Marziani e Angelo Crespi, tutto giocato su un' irriverente tenzone tra Parente e Papeschi. Che rappresentano il mostro nazista quasi come un elemento pop, ma non ne ridicolizzando la tragedia.

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    Anzi, la brillantezza dei due (o dei tre, giacché molte delle didascalie che accompagnano le opere sono appunto firmate dal fantomatico Max Fontana), sta proprio nell' usare una chiave espressiva brutale, a tratti un pugno nello stomaco, per attualizzare, svecchiare, liberare dal giogo di retorica e opportunismo la denuncia di quella che resta una calamità storica.

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    Come non sentire il retrogusto della «banalità del male», ad esempio, nel commento a margine di Camera a gas con vista, il quadro che ritrae il cancello di Auschwitz che s' affaccia su un paesaggio idilliaco. Perché «i luoghi cambiano a seconda di come li vivi» e «un bel paesaggio può essere lo sfondo di un crimine, di un genocidio». L' ordinario è il teatro dell' agghiacciante, così come nella burocratizzazione dei massacri descritta da Hannah Arendt.

     

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    Il senso di tutta l' operazione lo trasmette forse l' opera più famosa, la donna nuda con la maschera di Topolino e il vessillo nazista sullo sfondo. Come ricordano gli autori, il ministro nazista della Propaganda, Joseph Göbbels, dichiarò: «Noi governiamo con l' amore, non con la baionetta». Attenzione, allora: il male può annidarsi in ciò che ci seduce.

    O nelle cose che ostentano una bontà di maniera.

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