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    “LE RICCHEZZE D’ITALIA SE L’E’ MANGIATE IL DIAVOLO” - L'EPISTOLARIO DI GIUSEPPE VERDI DISILLUSO DALL’UNITA’: "VEDO TUTTI I GIORNI BASTIMENTI CARICHI ALMENO DI MILLE EMIGRANTI! MISERIA E FAME! VEDO NELLE CAMPAGNE PROPRIETARI DI QUALCHE ANNO FÀ [SIC], RIDOTTI ORA A CONTADINI"


     
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    Sandro Cappelletto per La Stampa

     

    «Dalla mia finestra vedo tutti i giorni un bastimento e qualche volta due carichi almeno di mille emigranti ciascuno! Miseria e fame! Vedo nelle campagne proprietarj di qualche anno fà [sic], ridotti ora a Contadini, Giornalieri, od emigranti (miseria e fame). I ricchi, di cui la fortuna diminuisce d' anno in anno, non possono più spendere come prima, e quindi miseria e fame!».

     

    FUNERALI VERDI FUNERALI VERDI

    È il 10 febbraio 1889, Giuseppe Verdi e sua moglie Giuseppina Strepponi stanno, come abitudine, passando l' inverno a Genova e dal loro palazzo affacciato sul porto vedono partire gli emigranti italiani. Due giorni prima, a Roma, alcune centinaia di operai edili rimasti disoccupati avevano manifestato per le strade del centro e con vanghe e badili avevano sfasciato vetrine, divelto lampioni, eretto barricate.

     

    giuseppe verdi 3 giuseppe verdi 3

    Come sono lontani gli entusiasmi risorgimentali: nel 1848-49 Verdi voleva sentir parlare solo di «musica del cannone», scriveva che «la carta da musica è buona per avvolgere pallottole» e fremeva al pensiero di una patria «una, libera, indipendente». Quarant' anni più tardi, prevale il disincanto sulle sorti della nazione. «Cosa vuol dire che quando l' Italia era divisa in tanti piccoli Stati, tutti quasi avevano le Finanze in ottimo stato, ed ora che siamo uniti siamo rovinati. Ma tutte le ricchezze d' una volta se l' è mangiate il Diavolo? Voi mi risponderete: l' armata e la marina... E mandateli a casa tutti. Cosa ne faremo? Chi si batterà con noi?

     

    <Eppoi: quando si hanno risultati come quelli di Custozza [sic] e Lissa è meglio non aver nulla. - Vi giuro che tutto ciò mi rattrista e m' annienta ed i sarcasmi degli stranieri gli meritiamo...» (18 giugno 1867, quando ancora bruciano le sconfitte della Terza Guerra d' Indipendenza).

     

    CARTEGGIO VERDI PIROLI CARTEGGIO VERDI PIROLI

    Il carteggio, appena pubblicato, tra Giuseppe Verdi e Giuseppe Piroli, nato anch' egli a Busseto, avvocato, docente universitario, deputato già nell' ultima legislatura Subalpina nel 1860, poi nel neonato Regno d' Italia dal 1861 al 1876, proclamato senatore nel 1884, come dieci anni prima lo era stato Verdi, aiuta a comporre un sempre più attendibile ritratto del pensiero politico e civile del Maestro. Un corpus di 721 tra lettere e biglietti, curato scrupolosamente da Giuseppe Martini e compreso in un arco di tempo esteso dal 1859 al 1890, anno della scomparsa dell' amico, al quale Verdi sopravvive undici anni. Quasi interamente inediti i documenti di Piroli; per la prima volta pubblicati integralmente e disposti cronologicamente, correggendo numerose lacune e sviste, quelli verdiani.

     

    I due tomi (pp. 1214, 69,90), resi possibili anche dal contributo del Rotary Club di Salsomaggiore, compongono il primo volume della Edizione Nazionale dell' epistolario e dei documenti verdiani , affidata dal Mibact all' Istituto Nazionale di Studi Verdiani di Parma. La pubblicazione è corredata da preziose appendici. «Anno dopo anno», riflette Martini, «emerge in Verdi la convinzione che l' amicizia di poche persone con le quali ci si trova sulla stessa lunghezza d' onda sia forse la maggiore felicità alla quale può aspirare l' essere umano».

    Giuseppe Piroli Giuseppe Piroli

     

    Liberale, «moderato e indipendente», Piroli è celebre soprattutto per il suo intervento in aula nel 1864 come relatore della commissione di inchiesta sulla Società delle Ferrovie Meridionali, che scoperchia i primi intrighi fra finanza e politica della nuova Italia. Quando nel carteggio si parla di musica - Pirolì era un ascoltatore appassionato, un devoto ammiratore più che un intenditore - lo si fa soprattutto relativamente al problema del costo degli allestimenti e della tutela del diritto d' autore, battaglia che vide il compositore impegnato in prima persona, fino a essere tra i fondatori di quella che diventerà la Siae.

     

    Verdi appartiene alla diffusa categoria degli italiani che tende a limitare al minimo i rapporti con lo Stato, con il quale preferisce non avere né debiti né crediti. Quando, nel 1869, gli viene conferito l' Ordine civile di Savoia, reagisce così: «Inter nos debbo dirvela? - Non mi ha fatto piacere. Prima di tutto v' è attaccata una pensione di 600 lire, che avrei rifiutato se avessi potuto...».

     

    Non ne aveva bisogno e detestava dover ringraziare una qualche autorità. Ma è uomo pratico, e all' amico politico chiede favori: accelerare la pratica per la chiusa sul torrente Ongina e poter irrigare i suoi campi, aiutare - lui laico, ateo, spesso mangiapreti - il sacerdote che vuole cambiare parrocchia, trovare un passaporto per andare in Svizzera, fermare esecuzioni pirata della Messa da requiem .

    emigranti italiani emigranti italiani

     

     

    Nella privata biografia verdiana l' amicizia con Piroli ha soltanto altri due riscontri: il mantovano Opprandino Arrivabene, nobile, liberale, giornalista, e la contessa Clara Carrara-Spinelli, patriota e mecenate, moglie di Andrea Maffei, traduttore di Schiller e Shakespeare. Per Verdi una sorta di sorella maggiore alla quale chiedere consigli, dalla quale imparare a muoversi nel gran mondo milanese.

     

    EMIGRANTI ITALIANI EMIGRANTI ITALIANI

    Ma soltanto a Piroli Verdi riserva questo slancio d' affetto: «28 ottobre 1871. Vedo che partite malvolentieri per Roma; e me ne duole per voi e per me. No: non verrà mai meno la nostra amicizia, e come io ho fatto sempre capitale della vostra in ogni occorrenza, fate voi altrettanto della mia in qualunque circostanza potessi fare qualche cosa per voi. Potete credermi: io parlo poco, ma quel che dico è sempre vero». Si conosceva bene.

     

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