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    NOI DUE, TRE METRI SOPRA LA VETTA - MARITO E MEGLIO ENTRANO NEL GUINNESS DEI PRIMATI PER AVER SCALATO TUTTE E 14 LE MONTAGNE PIU’ ALTE DI OTTOMILA METRI - NEL 2009 LEI SMISE PER ASSISTERE LUI MALATO DI APLASIA MIDOLLARE - LA LORO STORIA NEL LIBRO “NON TI FARO’ ASPETTARE”


     
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    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

    Franco Brevini per il “Corriere della Sera”

     

    Ci sono tanti modi per realizzare un sogno d' amore. Quello scelto da Nives Meroi e Romano Benet non è fra i più agevoli: raggiungere la vetta di tutti i 14 ottomila del pianeta. Ma ieri alle nove del mattino ce l' hanno fatta, calcando gli 8.091 metri dell'Annapurna. Per la storia dell'alpinismo fu la prima grande vetta himalayana a cadere grazie all' impresa di Maurice Herzog e Luis Lachenal. Per la coppia friulana è stata l'ultima, ma ai due intrepidi coniugi ha assegnato il duplice titolo di prima coppia e di prima cordata al mondo ad avere conquistato tutti i quattordici giganti della terra.

    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

     

    I due scalatori di Tarvisio iniziarono nel 1994, tentando una nuova via sul versante nord dell' ottomila più difficile, il K2. Non andò bene e ci vollero altri quattro anni per la prima grande vetta: il Nanga Parbat nel 1998. Seguono l'anno dopo lo Shisha Pangma e il Cho Oyu. Nel 2003 la Meroi è la prima donna a portare a termine la traversata di altri tre ottomila: Gasherbrum I, Gasherbrum II e Broad Peak.

     

    Nel 2004 è la volta del Lhotse, nel 2006 del Dhaulagiri. Nello stesso anno è raggiunto il K2 e la Meroi è la prima donna italiana che conquisti la «montagna degli italiani». Primato anche sull' Everest, l'anno dopo, dove la scalatrice friulana è la prima italiana in vetta senza ossigeno. Con il Manaslu del 2008 siamo a quota undici. Poi la malattia. Durante la salita al Kanghchenjunga, la terza cima più alta del pianeta, tra il campo due e il campo tre, Benet si sente male. Sono le avvisaglie del male che scoprirà al ritorno in Italia.

     

    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

    Propone alla moglie di raggiungere la cima da sola, ma lei è inflessibile: in quel momento marito e compagno di cordata si fondono in un unico impegno di solidarietà e condivisione. Nives gli resterà accanto nella lotta contro l'aplasia midollare, che richiederà due trapianti di midollo osseo, e per due anni la montagna cede il passo alla Clinica ematologica del Policlinico universitario di Udine.

     

    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

    Per la Meroi è una rinuncia non da poco, un grande gesto d' amore verso Romano, che racconterà nel libro Non ti farò aspettare. La scalatrice friulana era infatti in pole position per il titolo di prima donna ad avere completato la scalata di tutti gli ottomila, ma il suo ritiro dalla competizione ha favorito la coreana Oh Eun-Sun, la spagnola Edurne Pasaban e l'austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, la sola che non abbia mai fatto uso di ossigeno.

     

    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

    Il ritorno alla montagna dopo la malattia di Romano è premiato nel 2014 dalla conquista del dodicesimo ottomila, il Kanghchenjunga. La coppia aveva con quella montagna un conto aperto e lo salda dopo dodici ore di lotta durissima, con Benet che era anche reduce da un intervento chirurgico per l'applicazione di una protesi all' anca. La vetta del Makalu sarebbe caduta nel 2016. Ne restava solo una, l'Annapurna, su cui la coppia dell' aria rarefatta ha piantato la piccozza ieri mattina.

     

    Nives Meroi e Romano Benet Nives Meroi e Romano Benet

    La vittoria che consegna Nives e Romano alla storia dell' alpinismo li consacra fautori di quella montagna by fair means (nel modo «giusto»), che già nell' Ottocento l'alpinista inglese Albert Frederick Mummery additava alla comunità degli scalatori. Le loro ascensioni sono state condotte senza portatori in quota, senza ricorso all' ossigeno, senza supporto di campi fissi. Un alpinismo leggero e veloce, praticato con un' umiltà e un senso della concretezza tutte friulane e raccontato con sobrietà, a mezza voce, lontano dai clamori mediatici. La coppia più formidabile del mondo verticale ha dimostrato che tutti gli ostacoli si possono superare, nella buona e nella cattiva sorte, stringendo quel nodo di cui la cordata è l' emblema.

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