• Dagospia

    ‘MESSINA DENARO MEGLIO DI PADRE PIO!’. ‘IL BAMBINO SCIOLTO NELL’ACIDO? RIINA HA FATTO BENE’. LE SIMPATICHE CHIACCHIERE DEI MEMBRI DEL CLAN DI COSA NOSTRA ARRESTATI IERI - L'ARRESTO DI 21 PERSONE AVREBBE BLOCCATO LA FAIDA TRA DUE FAMIGLIE DEL TRAPANESE CHE STAVANO PER STERMINARSI - IL BOSS LATITANTE CONTINUA A USARE I ‘PIZZINI’, MA A DIFFERENZA DI PROVENZANO, LI FA DISTRUGGERE


     
    Guarda la fotogallery

     

     

     

    messina denaro messina denaro

    1. PER AFFILIATI MESSINA DENARO 'MEGLIO DI PADRE PIO'

     (ANSA) - "Vedi, una statua gli devono fare... una statua... una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto... Quelli sono i Santi". In odore di santità, idolatrati: continuano a comandare indiscussi, nonostante omicidi e stragi. Don Ciccio Messina Denaro e il figlio Matteo, ultimo latitante di Cosa nostra, conservano il rispetto e la benevolenza dei picciotti. Una sorta di sudditanza che viene fuori dalle intercettazioni dell'ultima inchiesta della dda di Palermo in cui il vecchio capomafia di Castelvetrano morto nel 1998 e la primula rossa di Cosa nostra vengono addirittura paragonati al santo di Pietralcina.

     

    Patrizia Messina Denaro Patrizia Messina Denaro

    "Io ho le mie vedute... che c... vuoi?", prosegue uno dei due. "Significa essere colpevole? Arrestami. Che spacchiu (cavolo ndr) hai? Che fa? Non posso dire quello che penso?". "E' potuto essere stragista... cosa minchia sia a me.. le cose giuste", spiega uno dei due che fa poi un paragone tra i boss e la classe politica. "Voialtri tanto mangiate. State facendo diventare un paese... l'Italia è uno stivale pieno di merda... uno stivale pieno di merda... le persone sono scontente… questo voi fate... e... glielo posso dire? Arrestami... che minchia vuoi?".

     

    Lo spaccato che emerge dalle intercettazioni conferma il potere del capomafia latitante, arbitro indiscusso di affari ed equilibri nella provincia. Ed è emblematico anche della irriducibilità della mentalità mafiosa. Come quando Vittorio Signorello, uomo di fiducia del cognato del padrino, parla in termini raccapriccianti dell'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, "colpevole" di essere figlio di un pentito e per questo tenuto prigioniero per oltre 700 giorni, strangolato e sciolto nell'acido.

    messina denaro 7 messina denaro 7

     

    "Allora ha sciolto a quello nell'acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene", dice Signorello. "Se la stirpe è quella... suo padre perché ha cantato?", conviene l'interlocutore. Il mafioso rincara la dose, esaltando la decisione di Riina di eliminare il bambino di soli 13 anni come giusta ritorsione rispetto al pentimento del padre, colpevole di avere danneggiato Cosa nostra. "Ha rovinato mezza Palermo quello... allora perfetto". "Il bambino è giusto che non si tocca - aggiunge l'altro - però aspetta un minuto ... perché se no a due giorni lo poteva sciogliere ... settecento giorni sono due anni ... tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi".

     

    TOTO RIINA TOTO RIINA

     "Giusto! Perfetto!...e allora ... fuori dai coglioni - gli fa eco l'altro - dice: 'io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente'...si a te... però ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte".

     

     

    2. MAFIA: BLITZ CONTRO FAMIGLIA MESSINA DENARO, 21 ARRESTI

    Lara Sirignano per l’ANSA

     

    TOTO RIINA TOTO RIINA

    Soffiavano venti di guerra nel trapanese: due clan ai ferri corti e un omicidio presagio di futuri lutti. Il blitz di oggi ha scongiurato nuovo sangue. Un'operazione come non se ne vedevano da tempo nel regno dell'ultimo grosso latitante di Cosa nostra: Matteo Messina Denaro, stragista vicino a Totò Riina ma, a differenza dei vecchi padrini corleonesi, mafioso moderno. Il fermo, disposto dalla Dda di Palermo, porta in cella 21 tra boss, gregari, estorsori dei clan di Mazara del Vallo e Castelvetrano.

     

    In manette anche Gaspare Como e Rosario Allegra, due cognati del capomafia ancora una volta sfuggito alla cattura. E' stato lui, da sempre attento ai rapporti di sangue, a indicarli al vertice delle cosche, lui a investirli della responsabilità di gestire gli affari della "famiglia": racket, energie rinnovabili come l'eolico, grande distribuzione alimentare e scommesse online. Indagato anche Carlo Cattaneo, titolare di una serie di agenzie di scommesse affiliate al portale "Betaland.it", pronto a finanziare la cosca in cambio dell'"autorizzazione" a esercitare.

     

    IL PICCOLO GIUSEPPE DI MATTEO IL PICCOLO GIUSEPPE DI MATTEO

    "Io il mio dovere l'ho fatto, lo rifarò ma già il mio dovere l'ho fatto...", diceva non sapendo di essere intercettato. L'inchiesta, che ha messo insieme il lavoro svolto da carabinieri e polizia nella ricerca del latitante, sferra un colpo decisivo al clan colpito nei suoi vertici e nei quadri. In manette, oltre ai cognati di Messina Denaro, uomini come Vittorio Signorello, ufficialmente dipendente dell'aeroporto di Birgi, in realtà violento e crudele factotum al servizio di Como. E' lui, intercettato, che rivendica la bontà della scelta di Totò Riina di rapire e uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito strangolato dopo oltre 700 giorni di prigionia e sciolto nell'acido.

     

    Dall'indagine emerge inoltre la catena di comunicazione del boss che continua a usare i "pizzini". Al contrario di Bernardo Provenzano però non li conserva, ma li fa distruggere. Gli inquirenti hanno ascoltato in diretta mafiosi leggere gli ordini del boss, hanno addirittura udito il fruscio della carta. Ma dei messaggi nessuna traccia. "Messina Denaro è certamente in Sicilia - ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi - ma, nel tempo, si è spostato e continua a spostarsi e questo rende ancor più difficili le indagini per la sua cattura".

     

    Vicino al suo territorio, come i vecchi latitanti mafiosi, ma pronto a muoversi, dunque. E parte della latitanza il boss l'avrebbe trascorsa anche in Calabria. Ne parlano due affiliati dicendo che "fuori Matteo riceveva anche cristiani" (persone ndr). "Sua madre si lamenta perché non scrive", diceva uno di loro. "Lui pensa solo a sè", commentava l'interlocutore confermando l'idea che in molti, anche in seno a Cosa nostra hanno dell'ultimo latitante mafioso.

    BERNARDO PROVENZANO BERNARDO PROVENZANO BERNARDO PROVENZANO BERNARDO PROVENZANO PROVENZANO PROVENZANO BERNARDO PROVENZANO BERNARDO PROVENZANO

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport