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    LA VERSIONE DI MUGHINI - A BRIGITTE BARDOT CAPITAVA DI PEGGIO MA D’ALEMA CON L’INVIATA DE “L’ARENA” DI GILETTI DOVEVA COMPORTARSI COME FECE ENRICO CUCCIA CON ‘STRISCIA’ - RIDURRE LA POLITICA ODIERNA A DELLE “PAPARAZZATE” È IL SEGNO DELLO SPAVENTOSO ABISSO IN CUI STIAMO CADENDO TUTTI”


     
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    Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

     

    Caro Dago, vedo che all’inviata di RaiUno (della trasmissione condotta da Massimo Giletti) mandata a stuzzicare un Massimo D’Alema che stava portando a passeggio il cane, è andata male. Da come lei si voltava ogni 15 secondi a guardare se la camera da presa li stava inquadrando, lei e il riottoso ex presidente del Consiglio, credo che la ragazza sperasse che D’Alema l’avrebbe stuprata in diretta a confermare quanto è “Cattivo” e “Antipatico” (quelle che io reputo le sue doti migliori).

     

    E invece D’Alema si è limitato a dare una manata al piatto di ravioli (o qualcosa del genere) che lei gli metteva sotto il naso nella speranza che lui eruttasse qualcosa di acre nei confronti di Matteo Renzi. D’Alema che mentre passeggia il cane dice qualcosa di malevolo nei confronti del suo Nemico Assoluto. Questa sì che è comunicazione, spettacolo, informazione, contributo al dibattito corrente. Questa sì che è rottura di coglioni per chi ne è oggetto.

     

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    Non vorrei mi fraintendeste. Ovvio che non si dà una manata a un piatto di ravioli, tanto più se è una donna a mettertelo sotto il naso. Una donna e tutto ciò che le pertiene non vanno sfiorati nemmeno con una rosa. Giletti e i suoi collaboratori fanno il loro mestiere, a un tempo in cui tutto dell’informazione è innanzitutto intrattenimento, e più corsaro è quell’intrattenimento e meglio è. Solo che anche il “cattivo” D’Alema ha un qualche diritto. Di non farsi rompere i coglioni, di non farsi cavare con le tanaglie una qualche puttanata verbale di cui il web si innamorerà per una settimana.

     

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    Eccome se lo ha questo diritto, esattamente come io _ nel mio piccolo _ ho il diritto di mandare a fare in culo qualcuno dei 50 sconosciuti al giorno che mi chiedono un selfie e anche se non sanno neppure come mi chiamo, ma solo mi “riconoscono” dall’avermi visto inquadrato sul piccolo schermo.

     

    A Brigitte Bardot capitava ben di peggio che a D’Alema. I “paparazzi” la torturavano a tal punto 24 ore al giorno, che una volta lei finì per terra avvinghiata nella lotta contro uno di loro che l’aveva tormentata oltremodo. Per l’appunto. D’Alema non doveva avvinghiarsi nella lotta contro la valorosa inviata di RaiUno che si stava guadagnando il suo pane.

     

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    Doveva fare quello che ha fatto una volta Enrico Cuccia. Gli inviati di “Striscia” gli si erano messi alle calcagna, per un paio di centinaia di metri, e lui non ha battuto ciglio, non ha detto una parola, non ha fatto una sola smorfia, non s’è mai accorto che i disturbatori esistessero a questo mondo.

     

    Mi direte che senza le “paparazzate” non avremmo avuto sui giornali _ e poi sui libri _ le tracce di come è evoluta la storia e toponomastica del nostro costume eccetera. Certo. Solo che ridurre la politica odierna, e i suoi problemi e i suoi protagonisti a delle “paparazzate” più o meno riuscite è il segno dello spaventoso abisso in cui stiamo cadendo tutti noi occidentali, e quelli che rompono i coglioni e quelli che se li fanno rompere. Sia detto con rispetto di quelli che fanno l’oneroso mestiere di puntare un microfono contro la bocca di un vip.

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    Giampiero Mughini

     

    BRIGITTE BARDOT BRIGITTE BARDOT

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