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    MUSK IL CINESE – LE VENDITE DI TESLA ARRANCANO E IL FONDATORE DELLA CASA AUTOMOBILISTICA È COSTRETTO A ELEMOSINARE L’APPOGGIO DI PECHINO: E INFATTI È VOLATO DAL SUO VECCHIO AMICO, IL PREMIER LI QIANG (CHE NEL 2018 INAUGURÒ L’IMPIANTO DI SHANGHAI) PER CONVINCERLO AD APPROVARE LA GUIDA AUTONOMA NEL PAESE – MUSK È UN GRANDE NEMICO DEL DISACCOPPIAMENTO DELLE ECONOMIE DI USA E CINA, MA LA CONCORRENZA A BASSO COSTO DELLE AZIENDE ASIATICHE STANNO AMMAZZANDO TESLA…


     
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    Estratto dell’articolo di Lorenzo Lamperti per “La Stampa”

     

    ELON MUSK CON IL PREMIER CINESE LI QIANG ELON MUSK CON IL PREMIER CINESE LI QIANG

    Esce Antony Blinken, entra Elon Musk. Per come la racconta la Cina: esce la «mentalità da guerra fredda», entra la cooperazione win-win. […] Pechino resta crocevia degli interessi strategici e commerciali degli Stati Uniti.

     

    Dopo i complicati colloqui politici di Blinken di venerdì, ieri Musk è arrivato nella capitale cinese in una visita non annunciata. Dopo essere atterrato con un jet privato, ha subito incontrato Ren Hongbin, direttore del Consiglio per la promozione del commercio internazionale. Poi è stato significativamente ricevuto dal numero due di Xi Jinping, il premier e "vecchio amico" Li Qiang.

     

    ARRIVO DI ELON MUSK IN CINA ARRIVO DI ELON MUSK IN CINA

    Nel 2018, quando era capo del Partito comunista a Shanghai, Li inaugurò il primo impianto di fabbricazione di Tesla all'estero. Le foto e i video di loro due, accanto a loghi e modelli auto del colosso statunitense, hanno rafforzato le credenziali di Li come leader orientato al mercato e aperto agli investimenti stranieri. Una fama che prova a mantenere anche oggi che è il braccio destro del presidente.

     

    «Saremo sempre aperti alle imprese internazionali», ha garantito Li. «Tesla è ansiosa di fare il prossimo passo per approfondire la cooperazione con la Cina e raggiungere risultati più vantaggiosi per tutti», ha risposto Musk, al suo secondo viaggio nel Paese asiatico in meno di un anno.

    ELON MUSK IN CINA ELON MUSK IN CINA

     

    La visita arriva solo pochi giorni dopo che le autorità federali degli Usa hanno affermato che una «lacuna critica nella sicurezza» del sistema di guida autonoma di Tesla ha contribuito ad almeno 467 incidenti, di cui 13 con morti o feriti gravi.

     

    L'obiettivo principale del viaggio di Musk è quello di ottenere l'abilitazione della tecnologia Full Self-Driving, che in Cina non è ancora autorizzata. Tesla ha venduto più di 1,7 milioni di auto nel Paese nel giro di un decennio e la fabbrica di Shanghai è la più grande a livello globale. Ma negli ultimi tempi ha avuto parecchi problemi, a partire dalla spietata concorrenza delle case automotive locali, in primis BYD e Xpeng. Tesla ha risposto tagliando a più riprese i prezzi, ma le vendite del primo trimestre del 2024 sono scese del 13%.

     

    IMPIANTO TESLA A SHANGHAI IMPIANTO TESLA A SHANGHAI

    Il mercato cinese resta in ogni caso cruciale per Musk, la cui visita coincide col salone dell'auto di Pechino, dove Tesla non ha però un suo stand. Segnale di un'accoglienza forse meno trionfale per il tycoon sudafricano, rispetto a quando sui social cinesi veniva chiamato affettuosamente "fratello Ma", ammirato come "pioniere" e persino suggerito come presidente degli Stati Uniti. Ora i campioni nazionali sembrano destinati a dominare il mercato globale delle auto elettriche.

     

    «L'approvazione del Full Self-Driving è l'ultima speranza di Tesla per salvare le sue vendite», scrive un commentatore su Weibo, l'X cinese. Musk punterebbe anche a ottenere la possibilità di trasferire all'estero i dati raccolti in Cina, sin qui conservati a Shanghai, per testare gli algoritmi delle tecnologie di guida autonoma. L'eventuale accordo rappresenterebbe una svolta sulla posizione intransigente di Pechino sul trasferimento di dati oltreconfine.

    Elon Musk Jin Zhuanglong Elon Musk Jin Zhuanglong

     

    Musk, che in passato si era dilettato a pubblicare sui social dei poemi in mandarino, si è più volte opposto al disaccoppiamento delle economie di Washington e Pechino, definite «gemelle congiunte». Una posizione che la Cina usa per sostenere che gli imprenditori americani non approvano la strategia di "riduzione del rischio" perseguita da Joe Biden. […]

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