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    MUTI-SMO DEGENERATO! - IN ITALIA TUTTI OSANNANO MUTI E LA SUA 'AIDA' , MA IL 'NEW YORK TIMES' CALA LA MANNAIA: LUI E' TROPPO PROTAGONISTA E INDEBOLISCE I CANTANTI, LA FILARMONICA DI VIENNA ESAGERA CON I VIRTUOSISMI E L'ENFASI ANNOIA, LA MESSA IN SCENA E' DATATA, UN TIPO DI RECITAZIONE MORTO 50 ANNI FA, I COSTUMI SONO DA RIFUGIATI CHIC - INSOMMA L'AIDA MENO INTIMA E IMPERSONALE POSSIBILE


     
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    Zachary Woolfe per “New York Times

     

    anna netrebko in aida anna netrebko in aida

    Salisburgo, Austria – Per chi di noi ammira la soprano Anna Netrebko, è stato un periodo esaltante. Negli ultimi anni, mentre la sua voce si incupiva e cresceva, ha aggiunto una marea di nuovi ruoli da Puccini, Verdi, Tchaikovsky e Wagner, che richiedono sensibilità lirica e potenza feroce. Prossimamente sarà Tosca, e Maddalena in “Andrea Chénier.”

     

    AIDA RADAMES AIDA RADAMES

    Ma prima ancora si è cimentata in uno dei punti più alti, la Aida di Verdi, in una fredda e impersonale produzione inaugurata domenica, come pezzo forte del festival di Salisburgo. Per la seconda volta ha lavorato con Riccardo Muti, forse il il migliore direttore d’orchestra verdiano, e con la famosa fotografa e videoartista Shirin Neshat, alla direzione della sua prima opera.

     

    RICCARDO MUTI 4 RICCARDO MUTI 4

    La Netrebko è pronta per Aida. Le sue arie domenica erano salde, precise, sincere. Come chiunque lavori con l’esigente Maestro Muti, ha cantato con limpida e anche modesta eleganza. Lo stesso vale per il tenore Francesco Meli, raffinato e dolce Radamès, e per la gelosa Amneris, la mezzo soprano Ekaterina Semenchuk, contenuta fino a diventare debole.La voce della Netrebko sboccia più quando scende nelle profondità rispetto a quando sale; le sue note alte sono sicure, senza essere radiose.

     

    Cantare piano e basso all’inizio della scena della tomba, è una sua qualità quando i suoi personaggi si preparano a spirare: terribile, abbattuta, sobbollente, il suono stesso della morte. Anche le cantanti-star sono costrette ad affievolirsi quando collaborano con questo direttore d’orchestra: non è un caso che nei secondi finali dell’opera, l’unica illuminazione in sala era concentrata esclusivamente sul podio (e non dimenticatelo, sembrava dire).

    aida aida

     

    Muti crea effetti che non ritenevi possibili. All’inizio le frasi del preludio sembravano temerariamente separate e sottili, fili metallici, poi si sono intrecciati e saldati quasi fisicamente. L’arco di ‘Aida’, dal personale all’epico, è stato distillato solo in un paio di minuti.

     

    La Filarmonica di Vienna suona per lui con sorprendente virtuosismo: archi di pienezza tattile; fiati pungenti, ottoni collerici. I canti del coro al tempio alla fine del primo atto portavano angosciosa foschia, come rappresentassero la nascita del mondo, invece di limitarsi a descriverla. Questa virtuosità della Filarmonica però può sembrare eccessiva ed esageratamente dettagliata, come se l’Aida fosse un poema sinfonico orchestrale con un po’ di cantato in sottofondo.

    aida aida

     

    Il dramma diventa qualcosa che riguarda puramente il suono, non i personaggi su un palco. L’impennata di archi durante il duetto di Aida con il padre Amonasro (il solido baritono Luca Salsi), non sembrava il loro battito cardiaco. Erano solo archi suonati con implacabile magnificenza: qualcosa più da ammirare che da provare. L’Aida meno intima possibile, con passaggi (veloci o lenti, forti o adagio) valutati, lucidati, messi su per farne mostra.  

    AIDA 3 AIDA 3

     

    RICCARDO MUTI 3 RICCARDO MUTI 3

    Tutta quell’enfasi è diventata estenuante, perfino noiosa, e la scena clou del giudizio è stata rallentata fino ad arrancare. Negli ultimi anni le opere di Muti in concerto sono state più vive delle sue produzioni allestite, sebbene la sua “Manon Lescaut” con Netrebko, a Roma nel 2014, per la loro prima collaborazione, sia apparsa più personale e più spontanea dell’Aida.

     

    In quel caso costruivano un’opera, non un edificio. La Neshat ha mostrato l’esperienza dell’esilio e della repressione. Almeno a livello tematico, l’Aida andava bene per lei, la quale ha parlato di identificazione con il personaggio del titolo. Ma la produzione non permette a Neshat di essere Neshat. A parte un paio di brevi e tediose video-proiezioni, sul palco non c’è relazione con il suo ossessivo allenamento artistico.

     

    NESHAT NESHAT

    La Aida di Neshat poteva provenire da chiunque e da qualsiasi parte del mondo. L’ideazione dei personaggi appare riciclata da migliaia di messe in scena. Il vocabolario gestuale dei cantanti è datato (mani alla fronte in pose stilizzate per esprimere sofferenza o distese verso il paradiso), presumibilmente morto 50 anni fa. Il set di Christian Schmidt ricorda le strutture anonime e incombenti di Richard Peduzzi per Patrice Chéreau, ma senza quella minacciosità.

     

    I potenti egiziani che governano in “Aida” qui sono un miscuglio di democratici e teocratici: l’esercito ha uniformi che sembrano del 19° secolo, i reali indossano abiti in seta di stile occidentale, come molti del pubblico, i sacerdoti sono una vaga combinazione di musulmani, ebrei e greci-ortodossi, gli etiopi indossano un blu-grigio da rifugiati chic. Come a dire provocatoriamente che ciò che tormenta il mondo contemporaneo è una taciuta alleanza fra le élite politiche, religiose e militari (sia orientali che occidentali), contro la massa che davvero soffre negli scontri di civiltà.

    Shirin Neshat Shirin Neshat

     

    La produzione della Neshat, raffinata, noiosamente senza tempo, insieme alla recitazione ferma agli anni ’50, assicura che qualsiasi critica politica intendesse fare, è troppo debole per turbare la platea alla moda di Salisburgo.

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