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    GLI INCUBI DELL’ESTATE – NEL CENTRO ITALIA E’ PSICOSI RAGNO VIOLINO: UN CAMIONISTA DI LIVORNO MORSO A PISA RISCHIA DI PERDERE UNA GAMBA – IN PIEMONTE ATTENTI ALLE ZECCHE MENTRE IN PUGLIA E IN SARDEGNA VENGONO SEGNALATE ALGHE TOSSICHE…


     
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    alghe tossiche alghe tossiche

    Nicola Pinna per la Stampa

    Tre giorni fa l' ultima segnalazione a Bari e sempre in Puglia, tra Brindisi e Lecce, alcuni bagnanti sono persino finiti in ospedale. E a Cagliari, a metà luglio, il Comune ha dovuto far scattare il divieto di balneazione. Il pericolo invisibile che minaccia le spiagge italiane si chiama Ostreopsis Ovata ed è un alga tossica che in un attimo è in grado di trasformare la vacanza in un incubo.

     

    Mentre i bagnanti la temono, i biologi ne seguono le tracce: gli spostamenti sono continui e le segnalazioni sempre più frequenti. Effetto del surriscaldamento dell' acqua del nostro Mediterraneo e anche dell' arrivo, con le correnti e con le navi, di microrganismi tipici di altre zone del mondo. Stesse condizioni che hanno favorito la diffusione delle altre alghe tossiche che si mimetizzano nel blu delle coste nostrane.

     

    caravella portoghese 5 caravella portoghese 5

    Le quattro più temute Quattro sono quelle che gli studiosi tengono d' occhio con maggiore preoccupazione. Per due ragioni: i rischi per l' uomo e il cambiamento degli habitat naturali. «I casi sono in aumento ed è vero, ma è altrettanto vero che questa percezione deriva anche dal fatto che i controlli sono stati intensificati - spiega la biologa Marina Montresor, ricercatrice della Stazione zoologica di Napoli -. I cambiamenti climatici hanno certamente il loro ruolo nella presenza sempre più frequente di alghe tossiche. L' acqua è più calda, il mare molto più calmo e la mancanza di mareggiate favoriscono questi fenomeni».

     

    caravella portoghese 4 caravella portoghese 4

    Nella lista nera c' è al primo posto la Ostreopsis Ovata, che già qualche anno fa aveva provocato intossicazioni di massa nelle spiagge della Liguria. Allora sembrava un fenomeno isolato, ma negli ultimi tempi l' invisibile ostreopsis è stata segnalata anche in Toscana, Emilia Romagna, Sicilia, Liguria e più recentemente in Sardegna e Puglia. E i rischi per l' uomo? «Faringite, tosse, disturbi respiratori, cefalea, nausea, raffreddore, congiuntivite, vomito, dermatite e febbre».

     

    Il contagio dei mitili La Pseudo-nitzschia attacca i mitili ma può essere molto pericolosa per l' uomo. È rara ma in Italia è già stata scovata nelle acque dell' Adriatico del nord e nel Golfo di Napoli. «Appartiene alla famiglia delle diatomee e la specie trovata dalle nostre parti, per fortuna, non è la più tossica - spiega la ricercatrice - La pericolosità per l' uomo in questo caso è indiretta, perché questi microrganismi contaminano le cozze e così i loro effetti dannosi vengono trasmessi anche ai consumatori».

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    Da Suez ai nostri mari Il percorso è quasi sempre questo e in qualche modo segue le rotte delle navi mercantili che trasportano merci da un continente all' altro. Come nel caso dell' Alexandrium, che i biologi hanno intercettato al largo della Sardegna. Sotto osservazione anche gli spostamenti dell' alga Dinophysis, un' alga che produce pericolose tossine in grado di causare fastidiose infezioni intestinali. «Queste alghe sono state trovate anche all' interno di parchi marini - sottolinea la biologa Montresor - E questo non significa che la loro presenza sia legata principalmente all' inquinamento dei mari. Semmai al cambiamento degli equilibri».

     

    UNA ZECCA UNA ZECCA

    2. RADDOPPIANO LE ZECCHE

    Bernardo Basilici Menini per la Stampa

     

    Malattie che sono tornate dopo molti anni e parassiti in grande diffusione. L' aumento delle zecche in Piemonte comincia a destare preoccupazione. I primi segnali erano partiti dagli escursionisti e dai medici degli uffici di igiene pubblica, che si erano subito accorti di una casistica assolutamente fuori dalla norma.

     

    Ora, invece, cominciano ad arrivare le conferme ufficiali, grazie a uno studio condotto dai ricercatori del dipartimento di Scienze veterinarie dell' Università di Torino, commissionato dall' Ente parco delle Alpi Cozie, in cui è stato ricostruito un quadro che indica chiaramente come il numero di zecche nelle colline e nelle montagne piemontesi si sia gonfiato.

     

    «Bisogna partire dal presupposto che le nostre zone, che fino a pochi anni fa non erano assolutamente interessate al fenomeno, adesso sono popolate da un alto numero di parassiti - spiega Luca Rossi, che ha condotto la ricerca insieme a Laura Tomassone - Inoltre sono aumentate le patologie correlate, anche quelle trasmissibili all' uomo.

     

    La malattia di Lyme, per esempio, si è già manifestata in alcune decine di casi sugli esseri umani, recentemente, mentre fino a dieci anni fa non se ne parlava nemmeno».

    zecca zecca

    La crescita, in sostanza, è doppia: da un lato i parassiti, dall' altro quelli che sono portatori della malattia, circa uno su dieci. «Abbiamo la sensazione che il problema stia aumentando», continua Rossi. Dietro a tutto, il cambiamento climatico, visto che le zecche ora possono insediarsi laddove prima non riuscivano, per via di estati miti e inverni freddi, che impedivano rispettivamente la nascita e la proliferazione. A essere più a rischio non sono le aree aperte, ma quelle boschive, dove le tante latifoglie permettono di prosperare nell' umidità, al riparo tra le grandi foglie.

     

    Non a caso lo studio è cominciato cinque anni fa, proprio a partire dalle segnalazioni che arrivavano dalla Val di Susa, durante le settimane verdi organizzate per bambini e ragazzi. «Lo studio sul campo è stato condotto anche trasportando un particolare drappo di un metro quadro, fatto strisciare al suolo. In cento metri abbiamo raccolto anche trenta zecche», racconta Rossi. E se il trend è generale, nell' estate in corso sembra essersi ulteriormente acutizzato, sempre per un cambiamento climatico che, alterando l' ambiente delle montagne piemontesi, ha creato un terreno fertile e un nuovo ecosistema di parassiti.

     

    ragno violino ragno violino

    ATTENTI AL RAGNO VIOLINO

    Lara Loreti per la Stampa

     

    Una scampagnata con la famiglia nel parco di San Rossore, alle porte di Pisa. Un piccolo segno rosso sotto al ginocchio, forse la puntura di un insetto. Nessuno può immaginare che quel prurito quasi impercettibile si trasformerà in un incubo: a mordere Davide Mazzella, autotrasportatore livornese di 53 anni, è stato il famigerato ragno violino. Specie di aracnide mediterranea che adora il caldo e che proprio per questo nelle ultime settimane si è diffusa a ritmo crescente, sia in campagna sia in città, soprattutto nel centro Italia: Lazio, Umbria e Toscana. Il 53enne ha rischiato di perdere la gamba. Il veleno iniettato dal ragno si è diffuso nell' arto causando una grave infezione.

     

    ragno violino puntura ragno violino puntura

    «Dopo la gita a Pisa, ho cenato e dormito tranquillamente - racconta Mazzella - Il giorno dopo ho notato il puntino rosso e nel giro di poco la gamba e il piede si sono così gonfiati da non riuscire a infilare la scarpa». La cosa più terribile è che all' inizio è molto difficile accorgersi che si è stati punti e capire da che cosa. Solo entro i due giorni successivi al morso sulla pelle si formano crosticine rosse. E poi si possono presentare febbre, vista annebbiata e nei casi più gravi, infezioni, con il rischio di necrosi. È quello che è successo al livornese, costretto ad andare in ospedale. «Non riuscivano a capire che cosa avessi; poi in dermatologia, con grandi lenti, gli specialisti hanno visto il morso e mi hanno spedito con urgenza al Centro anti-veleni di Milano». Lì i medici intervengono subito, riuscendo a evitare l' amputazione dell' arto. «C' è voluto un mese e mezzo di antibiotici per guarire, ho avuto paura», dice Mazzella.

     

    ragno violino ragno violino

    Un caso analogo è accaduto nei giorni scorsi a Terni dove un vigile di 59 anni è stato punto a un braccio nel giardino di casa. Il problema è che il morso del ragno può veicolare batteri anaerobi, microrganismi che vivono senza ossigeno che possono causare danni alla cute, ai muscoli e anche ai reni, come spiegano i medici.

     

    Ma da che cosa dipende il boom del Loxosceles rufescens (questo il nome scientifico del ragno, detto violino per la macchia a forma di strumento musicale che ha sul corpo)?

    Giallastro, con lunghe zampe dai 7 ai 9 millimetri, in realtà è un solitario e si inserisce nelle fessure, ma amando l' afa in questa stagione tende a uscire e, imbattendosi nell' uomo, punge per difesa. Come dicono gli esperti, sono proprio le temperature molto alte dell' attuale estate e in generale riscaldamento climatico a determinare l' aumento del suo diffondersi, anche in città.

    ragno violino ragno violino

     

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