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    ROCK E MARKETING SHOW: DALLE MAGLIETTE AL DISTINTIVO CON LA CELEBRE LINGUACCIA, LA MOSTRA LONDINESE DEI ROLLING STONES E’ ANCHE UNA GRANDE OPERAZIONE COMMERCIALE - IL 'GUARDIAN': GLI STONES NON SONO COME BOWIE, LUI SI E' REINVENTATO, LORO RESTANO UGUALI


     
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    Enrico Franceschini per “la Repubblica”

     

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    A volte ritornano. Altre volte non se ne sono mai andati. Exhibitionism, grande mostra su cinquant’anni e passa dei Rolling Stones alla Saatchi Gallery di Londra (fino al 4 settembre prossimo), racconta la storia di una band intramontabile: quattro giovanotti ribelli diventati degli irresistibili settantenni e rimasti sostanzialmente sempre se stessi, come se il Dorian Gray di Oscar Wilde si fosse dato al rock.

     

    A conferma di una eterna giovinezza arriva, in coincidenza con la rassegna a loro dedicata dal museo londinese, la notizia di un nuovo album: il primo registrato in studio dal 2005. «Effettivamente stiamo incidendo della nuova roba», dice Keith Richards alla Bbc.

     

    rolling stones a londra rolling stones a londra

    «Abbiamo registrato undici canzoni in due giorni», rivela Ronnie Wood. Anche cover di classici blues di artisti come Howlin’ Wolf e Little Walter. Il nuovo disco dovrebbe essere in commercio entro fine anno. Né il revival si ferma lì: Mick Jagger fa sapere che nei prossimi mesi il gruppo annuncerà una nuova serie di concerti.

     

    Di questa storia infinita, la mostra alla Saatchi, distribuita sui due interi piani dell’edificio, ripercorre tutte le tappe: 500 reperti originali fra strumenti, copertine, abiti di scena, poster, bozze di canzoni e programmi di concerti, oltre a ricostruzioni un po’ hollywoodiane ma divertenti, come l’appartamento su Edith Grove a Chelsea in cui abitavano negli anni 60, completo di letti sfatti, posacenere colmi di sigarette, lavandino pieno di piatti sporchi, interamente ricreate su tre stanze a grandezza naturale;

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    la sala registrazione da cui sono uscite Satisfaction, Sympathy for the devil e tanti altri brani indimenticabili; e un finto backstage, con i camerini personalizzati e il corridoio che porta dritto sul palco.

     

    Inoltre un caleidoscopio di filmati su oltre mezzo secolo di esibizioni, concerti, interviste. «Mi hanno portato via metà del guardaroba, questi per me non sono costumi, io indosso ancora questi dannati vestiti », si è lamentato Richards alla serata di presentazione. Di vestiti ce ne sono così tanti, in effetti, che Jagger si è spinto a paragonare la rassegna allo show dedicato dal Victoria & Albert Museum lo scorso anno al fashion designer Alexander McQueen.

     

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    Un paragone inappropriato, secondo il Guardian, sarebbe invece con la mostra che il medesimo museo aveva allestito su David Bowie: «Perché Bowie si è continuamente reinventato, cambiando faccia e identità, mentre gli Stones restano sempre uguali ». Altro commento della stampa inglese è che, usciti dall’ultima stanza di Exhibitionism (dopo avere pagato 22 sterline, circa 30 euro, per il biglietto d’ingresso), si entra direttamente nello shop della Saatchi, dove il visitatore può spendere ancora di più per acquistare il brand Rolling Stones in tutte le salse, dalle magliette al distintivo con la celebre linguaccia, dalle borse ai cappellini.

     

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    Non è solo rock and roll: è anche una grande operazione di marketing, a cui i quattro vecchietti irresistibili hanno attivamente collaborato e da cui ricaveranno l’ennesima fortuna.

     

    D’altra parte i tempi sono cambiati da quando vivevano nell’appartamentino di Edith Grove: «Era una baraccopoli, non una casa, non certo la parte migliore di King’s road», ricorda Richards, «per mangiare andavamo a rubare nei negozi oppure collezionavamo bottiglie di birra ai party e le restituivamo ai distributori, praticamente era il nostro unico reddito ».

     

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    La King’s road di allora è oggi un ghetto dorato di banchieri, ristoranti e boutique di lusso, eppure Jagger e soci ancora scandalizzano: il metrò di Londra si è rifiutato di esporre la pubblicità della mostra, giudicando troppo osé l’immagine della lingua che esce dagli slip. E nella lunga fila di fans davanti alla Saatchi si distinguono tanti ex ragazzi degli anni Sessanta di ogni nazionalità: in fondo sembra che anche loro, come i Rolling Stones, non invecchino mai.

     

    2. QUANDO ERANO VIETATI DALLE DITTATURE

    Testo di Ian Buruma pubblicato da “la Repubblica”

     

    Per poter cogliere l’importanza dell’esibizione degli Stones di fronte a centinaia di migliaia di cubani in visibilio è necessario comprendere ciò che il rock‘n’roll ha significato per chi vive sotto una dittatura comunista.

     

    Negli anni Settanta la Cecoslovacchia era, al pari di altri Stati comunisti, un luogo tetro, opprimente e triste in cui mediocri uomini di partito facevano il bello e il cattivo tempo e il piacere creativo veniva represso dall’imposizione di una coltre di comunismo. Il rock’n’roll era considerato una forma nociva di decadenza capitalistica.

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    I dischi dei Rolling Stones e di altri gruppi occidentali erano banditi, eppure venivano introdotti illegalmente in Cecoslovacchia e in altri Paesi dell’Europa dell’Est, dove erano apprezzatissimi dai giovani amanti della musica rock – tra i quali vi era Václav Havel, il dissidente e drammaturgo che un giorno sarebbe diventato presidente ceco.

     

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    Quelle sonorità proibite – forti, anarchiche, sensuali – offrivano agli oppressi una via di fuga dalla mestizia della vita di tutti i giorni. Il rock’n’roll consentiva alla gente di immaginare, anche se solo per qualche attimo fugace, come ci potesse sentire ad essere liberi. Ed è per questo che le autorità consideravano quella musica come qualcosa di profondamente sovversivo.

     

    Quando, dopo la caduta del regima comunista, Havel offrì a Frank Zappa un incarico ufficiale nel suo governo democratico, questi rimase colpito dalla proposta, e non fu il solo. Il gesto di Havel testimoniava quale fosse il peso che la musica aveva avuto per persone che, come lui, erano state costrette ad ascoltarla di nascosto, correndo il rischio di farsi arrestare.

     

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    La musica rock produce uno stato di estasi. L’estasi permette di lasciarsi andare, e ciò non è sempre un bene. Anche l’isterismo collettivo dei raduni nazisti rappresentava una forma di estasi, così come il comportamento dei tifosi di calcio che talvolta può sfociare nella violenza.

     

    L’effetto prodotto dalla musica rock non è certo paragonabile al fervore religioso che porta ad esprimersi in lingue sconosciute. Tuttavia i due fenomeni sono collegati tra loro, ed è questo il motivo per cui i custodi ufficiali dell’ordine sociale sono così spesso determinati a vietare pratiche simili.

     

    Già nel 380 a.C. Platone metteva in guardia contro l’allontanamento dalle forme tradizionali di musica. L’innovazione musicale, scriveva in Repubblica, e in particolare le sonorità nuove ed accattivanti, rappresentano una minaccia all’ordine sociale. Egli riteneva inoltre che il mancato rispetto della legge iniziasse con intrattenimenti musicali non convenzionali, e consigliava alle autorità di porre fine a simili esibizioni.

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    Lo scorso mese Mick Jagger ha detto in spagnolo ai suoi fan cubani che «i tempi stanno finalmente cambiando ». Si tratta di belle parole, ma il raggiungimento della libertà politica a Cuba potrebbe richiedere tempi lunghi. E l’esempio della Cina dimostra che l’edonismo individuale può essere compatibile con l’autoritarismo politico. (Gli Stones si sono già esibiti a Shanghai, anche se le autorità politiche hanno insistito per passare preventivamente al vaglio i testi delle loro canzoni).

     

    Si tratta di un primo passo: il rock ‘n’ roll è ufficialmente sbarcato a Cuba. Jagger ha reso il dovuto omaggio alle tradizioni musicali estatiche dell’isola, e i cubani già sanno ballare. Il prossimo passo, ben più importante, si avrà quando gli autocrati si faranno da parte.

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    ( Traduzione di Marzia Porta)

     

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