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    PORCO BIO! - CRISTIANA LAURO E LA QUESTIONE DEI VINI BIOLOGICI: ''I PUNTI CRITICI SONO TANTI E IL PROTOCOLLO EUROPEO È IN SCADENZA. LIMITARE L'USO DEL RAME? SENZA, NELLA PIOVOSA ANNATA 2018, MOLTI VITICOLTORI NON AVREBBERO RACCOLTO UN CHILO D'UVA. BISOGNEREBBE ESSERE LAICI, ANZICHÉ LANCIARSI SU POSIZIONI RADICALI - GLI INCROCI AL CONFINE DELL'OGM, I CONTROLLI DELLA NONNA, LA GRANDE DISTRIBUZIONE PIÙ ATTENTA DI MOLTI ALTRI…


     
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    CRISTIANA LAURO CRISTIANA LAURO

    Cristiana Lauro per Dagospia

     

    La discussione sul vino biologico è più che mai in movimento ed essendo in scadenza il protocollo comunitario, l’Europa sta ragionando su numerosi aspetti che generano altrettanti scazzi soprattutto coi paesi del nord. Si punta il dito contro il rame perché è un metallo pesante che si deposita nei terreni per diversi anni. Il rame e lo zolfo servono a combattere soprattutto gli attacchi alle piante di peronospora e oidio, specie di flagelli di Dio per le campagne in caso di annate troppo umide.

     

    Nella piovosa annata 2018 senza l’utilizzo del rame molti viticoltori non avrebbero raccolto un kg di uva. La normativa attuale permette di utilizzare sei chili di rame per ettaro all’anno col meccanismo della compensazione nell’arco di sette anni. In pratica un anno sull’altro è permesso di utilizzare gli eventuali chili di rame risparmiati l’anno prima. L'Unione Europea - soprattutto i paesi del nord Europa - volevano ridurre a due chili anziché sei la quantità di rame impiegabile a norma di legge nell’ottica futura di eliminarlo completamente, ed è probabile che la partita si chiuderà a quattro chili.

     

    Il nuovo protocollo, inoltre, dovrebbe durare cinque anni e non più sette. Bisognerebbe essere laici, in verità, un po’ come sulla questione dei vaccini, anziché lanciarsi su posizioni radicali prive di buon senso. Il rame si deposita sui terreni - non è veleno però è difficile da smaltire - ridurne l’utilizzo e aumentare nel contempo le analisi sui multiresiduali potrebbe essere un intervento saggio a tutela della salubrità del consumatore.

     

    VINO BIOLOGICO VINO BIOLOGICO

    Sul biologico la ricerca procede, ci sono paesi e aziende che stanno investendo su vari indirizzi di studio. Gli esperimenti sugli incroci di vitis vinifera ad esempio, per creare varietà nuove; era una tecnica usata dai contadini che praticavano gli innesti con l’obiettivo di creare la “razza” più resistente e d’altra parte è risaputo che attraverso l’accoppiamento fra consanguinei la razza si debiliti.

     

    L’università di Udine sta lavorando sugli ibridi ovvero sugli incroci di vitis vinifera con vitis asiatica e vitis americana nel tentativo di generare una specie più resistente ad alcune patologie. Un altro filone di studi e sperimentazioni riguarda il metodo della cisgenetica che interviene sui geni responsabili di alcune patologie in una pianta d’uva di cui si conosce il DNA.

     

    vino rosso vino rosso

    I geni in questione vengono scambiati con quelli di altre piante appartenenti alla stessa specie: quella pianta e i suoi “parenti”, quindi non è transgenìa. La cisgenetica si pone il problema di superare, ad esempio, il brutto guaio dei cambiamenti climatici, oramai sotto gli occhi di tutti, basti vedere l’alternanza di annate piovose o eccessivamente torride. Ma ci sono correnti che accostano la cisgenetica all’OGM.

     

    Questione spinosa, piuttosto delicata. Non si fanno le nozze coi fichi secchi, quindi il sostenibile per certi versi non è praticabile se non attraverso una buona dose di flessibiltà e il valore salvifico del pensiero laico. A meno di vedere come alternativa la riduzione dei 600.000 ettari di vigna che abbiamo in Italia a 200.000, col risultato di darsi la zappa sui piedi.

     

    Ricordiamo inoltre che il biologico (chiaramente più costoso ma non per questo da bandire) ha più passaggi in vigna quindi più macchine, ovvero più consumo di gasolio e mentre alcuni paesi come il Brasile hanno ridotto l’utilizzo di combustibili di origine fossile, l’Italia per ora non si è mossa.

     

    VIGNA VIGNA

    Di sicuro bisogna regolamentare l’uso di prodotti di sintesi aumentando anche i controlli, ma non si può pensare che rimedi apparentemente naturali e sostenibili non presentino dei punti critici. Le commissioni di controllo delle doc e docg non dovrebbero limitarsi ai controlli analitici secondo i parametri della nonna che si limitano alla verifica di acidità, grado alcolico e residuo secco.

     

    Forse sarebbe il caso di aggiornare le regole e inserire anche l’analisi dei multiresiduali. Adeguare i protocolli delle doc e docg e le misure di controllo - con la garanzia della certezza delle pene per i trasgressori - è misura necessaria a tutelare il consumatore. I discount tedeschi fanno controlli a campione regolarmente e la catena Lidl (udite, udite!) da questo punto di vista è fra le più serie. E comunque la grande distribuzione in generale, anche in Italia, esegue molti più controlli rispetto a tanti altri.

    vigna di prosecco vigna di prosecco

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