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    TI PRENDO PER I CAPELLI - IL PARRUCCHIERE DEI VIP, ROBERTINO D'ANTONIO: "PETTINO TUTTI, DI SINISTRA O DI DESTRA. CON LA ROSSANDA FUI SBRIGATIVO PERCHE’ NON LA RICONOBBI. LA SANTANCHÉ MI USA COME UFFICIO. IO PERÒ CORTEGGEREI LA BOSCHI - L’OMOSESSUALITA’? NON LA OSTENTO, MA È UN DATO DI FATTO: NON CAPISCO QUELLI CHE VOGLIONO UN FIGLIO..." – "QUELLA VOLTA CHE A UN MATRIMONIO SCAMBIAI TERESA CIABATTI PER UNA CAMERIERA E LE CHIESI DI SERVIRMI UNA MOZZARELLA. E POI RENATO ZERO CHE..."


     
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    Antonello Piroso per “la Verità”

     

    Quando arrivo nel suo salone per signore e signori, Roberto D' Antonio è tutto un parlottare «piccipicci» all' orecchio di Bianca Berlinguer, mentre le svolazza intorno con una forbice.

     

    roberto d'antonio roberto d'antonio

    Devo definirti hair stylist o posso chiamarti parrucchiere? «Delle dive», come scriveva una volta la stampa rosa.

    «Allora aggiungi «e dei divi», se proprio vuoi perculare».

    Ci conosciamo da trent' anni, siamo quasi coetanei. Posso confessarti che ti trovo in forma? In passato ti ho visto...

    «Sfatto?»

    Eri fisicamente «esploso», ho temuto per te.

    «Sono arrivato a 164 chili. Il punto di svolta è stato il Festival del cinema di Venezia nel 2015, dove dovevo preparare Valeria Golino, premiata con la Coppa Volpi. Arrivai alla stazione ferroviaria e mentre aspettavo la carrozzina che mi avrebbe caricato, vidi dal finestrino Marina Ripa di Meana con il marito Carlo, già malato, che però le camminava a fianco. A fatica, ma pur sempre sulle sue gambe».

     

    roberto d'antonio roberto d'antonio

    Cosa aveva innescato questa corsa al rialzo?

    «Sono stato smodato. Pensavo solo al lavoro, 16-18 ore al giorno, fumavo 100 sigarette, bevevo, insomma: non mi volevo bene».

     

    Per William Blake «La via dell' eccesso conduce al palazzo della saggezza». È andata così per te?

    «O reagivo o morivo. Mi sono dato una regolata, mi sono sottoposto a un intervento di diminuzione dell' apparato digerente e ho iniziato l' analisi con una persona incontrata tramite Riccardo Tozzi e Cristina Comencini (marito e moglie, lui produttore, lei regista e madre di Carlo Calenda, già ministro nel governo di Paolo Gentiloni, ndr)».

    parlato rossanda parlato rossanda

     

    Adesso quanto segna la bilancia?

    «72 chili. Ho ripreso il controllo della mia vita, anche se al compimento dei 60 anni, il 15 ottobre scorso, ho ricominciato a fumare».

     

    Come hai festeggiato il genetliaco?

    «Sono stato tutto giorno in studio per il programma di Serena Dandini, poi ho annunciato che avrei passato la serata con il mio fidanzato (che non ho), invece mi sono rintanato in casa da solo sul divano. La signora che mi accudisce mi ha preparato un piatto di spaghetti in bianco con tonno, limone e capperi, e sono stato in grazia di Dio».

     

    Parli con disinvoltura della tua omosessualità.

    «Non dovrei? Non la ostento, ma è un dato di fatto: forse non lo sai, ma come ci sono gli etero, esistono anche i gay. E le lesbiche».

     

    Quindi non sei mai stato al Gay Pride?

    «Per carità. L' esibizionismo mi disturba. Non uso neppure i social, hanno dato la possibilità a legioni di imbecilli senza arte né parte di sentirsi legittimati a ergersi a inquisitori e sputare sentenze. Sono su Instagram solo per promuovere la mia attività, se ne occupano i miei collaboratori. Non ho neppure lo smartphone, ma un vecchio cellulare a conchiglia».

    Valeria Golino, Alba Rowvacher e Roberto D'Antonio Valeria Golino, Alba Rowvacher e Roberto D'Antonio

     

    I tuoi come l' hanno presa?

    «Ho cominciato a fare i conti con la mia diversità a 12 anni.Ma anziché andare a bottega da mio padre che era barbiere a Nepi (mai piaciute, le barbe), ho cominciato a esercitarmi con i capelli delle bambole, che tagliavo, incollavo, allungavo».

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    Una tecnica ante litteram di extension.

    «Più o meno. Così, a 16 anni mi trasferii a Santa Severa, sul litorale laziale, a casa degli zii, dove noi quattro nipoti (due maschi, due femmine) a turno andavamo in vacanza qualche giorno in agosto, perché di più non ci potevamo permettere.

    Motivo per cui tuttora odio l' estate, l' ora legale e l' allungamento delle giornate: mi rammentano un periodo di indigenza».

     

    Sei scappato perché in famiglia non accettavano la tua «diversità»?

    «No, perché volevo essere autonomo e autosufficiente. Non mi sono mai sentito figlio: i miei, che pure mi hanno insegnato il senso del dovere e l' onestà, sono stati anaffettivi».

     

    Potrei osservare che uno nella vita può non diventare genitore, per volontà o impossibilità, ma sarà comunque figlio. Tu non hai il desiderio di un erede?

    «No. Anche perché ritengo che i figli siano delle madri».

     

    Non tutti gli omosessuali la pensano così. Mi viene in mente Nichi Vendola. E te lo cito perché, se non ricordo male, hai simpatie di sinistra.

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    «Sono rispettoso di ogni mio prossimo, per cui non mi permetto di sindacare le scelte altrui. Ma se proprio vuoi un figlio, mi verrebbe da dire, adottane uno, c' è un' infanzia disperata che non aspetta altro. Quello che mi infastidisce è il desiderio di addomesticare la diversità omologandola alla cosiddetta "normalità", a cominciare dalla battaglia per il matrimonio. Peraltro, io non mi sarei sposato anche fossi stato etero!».

     

    Come sei arrivato a sbarcare, a metà degli anni Ottanta, nel cuore della Capitale, dietro Montecitorio?

    «Con tre ingredienti: il lavoro, il lavoro e il lavoro. A Santa Severa, di giorno ero il factotum nel negozio di parrucchiere, di notte ci dormivo. Siccome lì veniva in vacanza Carlo Azeglio Ciampi, all' epoca governatore della Banca d' Italia, la moglie Franca mi prese in simpatia e andavo a casa a farle i capelli. E quando vent' anni fa è morta mia madre, lei è venuta di persona in salone a farmi le condoglianze».

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    È vero che non consideri, anzi, odii proprio, le persone che non sai chi siano?

    «Mi fai così snob? Io vivo di reputazione e del passaparola. Ma un certo distacco non è figlio dell' alterigia, è di carattere. Perfino quando invito la gente a casa, perché non faccio vita mondana, non sono io a tenere banco, mi piace ascoltare. Sarà fragilità, insicurezza o quel fondo di provincialismo per cui mi sento sempre sotto la lente d' ingrandimento».

     

    Quella frase la disse anni fa un' amica a Teresa Ciabatti, finalista al premio Strega nel 2017 con La più amata, che le aveva chiesto di intercedere per conoscerti. Ricordi come finì?

    «A un matrimonio la scambiai per una cameriera e le chiesi di servirmi una mozzarella».

    Si sarà sentita gratificata nell' ego.

    «Ma poi mi sono scusato e siamo diventati amici. Del resto, io alle gaffe sono abbonato.

    maria elena boschi alla leopolda maria elena boschi alla leopolda

    Quando Carla Mosca, giornalista Rai, mi telefonò: "Ti mando una persona a me cara, puoi occupartene?", mi trovai di fronte questa signora a me totalmente ignota, che per me stava bene come stava, e fui piuttosto sbrigativo. Be', era Rossana Rossanda».

     

    Ti sei scusato pure con lei?

    «Di più, sono diventato di casa, tanto che lo scorso agosto sono andato da lei, che ha 94 anni, perché voleva che la rimettessi in ordine. E mi ha pure rimproverato, un po' civettuola, perché non avevo portato nulla per rifarle le sopracciglia».

    Chiara Mastroianni e Roberto D'Antonio Chiara Mastroianni e Roberto D'Antonio

     

    Mentre parlavi ho sentito che sta per arrivare Renato Zero.

    «Viene a farsi dare una lucidata alla chioma. Renato si ama e non si discute. Semmai è lui che una volta ha incrociato qui Barbara Palombelli, accompagnata da Francesco Rutelli, e la conversazione si è accesa».

     

    Motivo?

    «Non lo so. Quando sento alzare la voce, io vado a nascondermi. Sono cresciuto con un padre che urlava, e ancora oggi è una cosa che non tollero».

     

    Sai che fino ad ora mi hai citato solo amici o clienti di sinistra, cui aggiungo io Maria Elena Boschi e Marianna Madia?

    Lapo e Roberto D'Antonio Lapo e Roberto D'Antonio

    «Ah, Maria Elena: la donna che se fossi etero corteggerei. Quanto a destra e sinistra, per il Roberto parrucchiere ogni cliente è una testa. Per il Roberto persona in quella testa poi ci devono essere ironia, intelligenza, educazione. E in ogni caso: vuoi che ti dica come ho accorciato i capelli la prima volta a Mara Carfagna? O degli interventi su Beatrice Lorenzin e Mariastella Gelmini? O sulla leghista Lucia Borgonzoni, neo sottosegretario ai Beni culturali? Senza dimenticare Daniela Santanchè, che a un certo punto usava il mio ufficio in negozio come se fosse il suo».

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    Com' è nato il rapporto con il cinema? E con la tv?

    «La prima in assoluto è stata Sabrina Ferilli, ancora mi ricordo l' emozione del debutto al Sistina con Alleluja brava gente nel 1994. È rimasta sempre sé stessa, il successo non l' ha cambiata. Come Mara Venier, con cui ci siamo inventati il «biondo Mara». Ma lo stesso potrei dire di Margherita Buy e Sergio Rubini, di Roberto Benigni e Nicoletta Braschi per La vita è bella, di Sergio Castellitto e Jasmine Trinca che, in accordo con Sergio, abbiamo voluto bionda in Fortunata, arrivando a Paolo Sorrentino e sua moglie. Con lui non ho mai lavorato, ma posso dire che il nostro è un rapporto di famiglia».

     

    E con gli stranieri?

    «Sconto un grave handicap: mastico malissimo l' inglese, ed è una cosa che mi pesa tantissimo perché ha limitato le mie possibilità. Questo non mi ha impedito di instaurare un rapporto proficuo per esempio con Willem Dafoe, che ho fatto biondo per il film di Julian Schnabel su Vincent Van Gogh, ma che invece avevo scurito per fargli interpretare il Pasolini di Abel Ferrara. Mi ricordo il confronto con lui per scegliere la tonalità più giusta, poi una volta l' ho provocato: "Non ti preoccupare dei capelli, se vuoi calarti nel personaggio è su altri aspetti della sua personalità che devi fare pratica". È arrossito e poi è scoppiato a ridere».

    d'antonio dago d'antonio dago

     

    Oggi di cosa hai paura?

    «Di perdere la vista. Mi hanno proposto di assicurare le mani, per via del mio lavoro.

    Ma io ho risposto: semmai devo assicurarmi gli occhi, perché senza mani posso ancora prendermi cura dei capelli dei clienti, anche se per interposta persona. Ma come potrei mai giudicare qual è l' intervento più adatto per quella persona, se nonriesco a vederla?».

     

    Per chiudere: che ci facevi sul palcoscenico del teatro Parioli con due magistrati quali Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, e Antonio Catricalà?

    «Era un processo postumo a Mary Quant, e io e Guillermo Mariotto eravamo testi a difesa della minigonna. Io in particolare del suo taglio a caschetto. Quello sì che fu rivoluzionario, liberò le donne dalla schiavitù di boccoli e bigodini. Vuoi mettere?».

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