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    BRACCIA STRAPPATE AL CUCITO: SE LA MELANDRINA SI ACCORGE CHE IL “SUO” MAXXI STA OSPITANDO DUE MOSTRE DI GRANDE SIGNIFICATO POLITICO CORRE A CENSURARLE - LA TINAGLI NELLA TENAGLIA: IL TECNICO CHE NON SA NULLA DI TASSAZIONE DI RENDITE FINANZIARIE - SI RIPETE IL RITO ANNUALE ALLA CORTE DEI CONTI: NEANCHE STAVOLTA IL PRESIDENTE ORDINA AI CARABINIERI DI ARRESTARE MEZZA PRIMA FILA…


     
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    Giovanna MelandriGiovanna Melandri Giovanna MelandriGiovanna Melandri

    1. BRACCIA STRAPPATE AL CUCITO
    Pino Corrias per Vanity Fair

    Mettete un politico a governare un museo (un ospedale, una tv) e lui farà la sola cosa che gli hanno insegnato: il palo per la propria banda e la guardia contro gli estranei. Giovanna Melandri – detta “la Melandrina”: 5 legislature in Parlamento – ha fatto se possibile di più e di peggio.

    Appena nominata alla presidenza del Maxxi, il più importante museo nazionale di Arte contemporanea, ha censurato la proiezione di un film: “Girlfriend in a Coma”, La fidanzata in coma, che Bill Emmott ha dedicato all’Italia. Lo ha fatto, dice, “perché non è opportuno ospitare iniziative che hanno un evidente profilo politico in campagna elettorale”. E ha aggiunto: “A me sembra logico e rispettoso della funzione e della vocazione del museo pubblico”.

    Logico? Rispettoso? Ignora che la funzione di qualsiasi museo sia prima di tutto la libertà di espressione in tutte le forme, opportune o inopportune. E neanche sospetta, ostile com’è al principio di non contraddizione -  sebbene sia di sinistra e dunque frequenti le feste da ballo di Briatore a Malindi – che non esiste arte senza politica, essendo l’arte un discorso sul mondo e un agire nel mondo.

    Né esiste una mostra priva di un profilo politico. L’aiuterebbero a capire questa sorprendente equivalenza due mostre in corso proprio nel suo museo, “Vertical Thinking” di William Kentridge, e la magnifica retrospettiva  di Alighiero Boetti, artista quanto mai anarchico e “non opportuno”. Il guaio che ove le capisse, si precipiterebbe a censurarle, almeno “per il periodo elettorale”.

    2. L’ECONOMISTA TINAGLI BOCCIATA IN TASSE
    G. Me. per il “Fatto quotidiano”


    All’improvviso Irene Tinagli, docente di Economia all’Università Carlos III di Madrid, comincia a impappinarsi come una studentessa che non ha studiato. E il suo collega universitario Francesco Boccia, che la coglie in fallo, diventa crudele come i professori degli incubi. È accaduto ieri mattina a Omnibus (La7). Lei, intellettuale montezemoliana, capolista per Monti in Emilia Romagna, accusa il deputato Pd di voler tassare le rendite finanziarie .

    Lui non fa una piega: “Sa a quanto ammontano le aliquote sulle rendite finanziarie?”. Lei sbianca. Spettatori, microfoni, antenne, satelliti e l’etere tutto capiscono all’istante che non ne ha la minima idea. Magari conosce quelle spagnole. Straparla: “Dipendono da quali considera...”. Lui ripete la domanda, due, tre, quattro, cinque volte. Lei va nel pallone: “I patrimoni finanziari sono la cosa più mobile che esiste”. Lui infierisce. Lei vaneggia: “Lei parla di soldi”. A questo punto la conduttrice Alessandra Sardoni fa suonare il gong, con sadico ritardo. Sipario. E questi sarebbero i tecnici.


    3. IL MONITIFICIO…
    Massimo Gramellini per “la Stampa”

    Saranno piovute anche a casa vostra le immagini arabescate dei tg sull’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, la magistratura che ha il compito di fare le bucce ai bilanci dello Stato. Un rito che il potere mette in scena ogni primo martedì di febbraio. In un’aula stipata di giudici spagnolescamente agghindati, alla presenza delle Gentili Autorità e di carabinieri muniti di pennacchio, un giudice più agghindato degli altri, il Presidente, pronuncia discorsi solenni in una lingua arcaica e sovrabbondante, la cui sintesi è: facciamo schifo.

    La corruzione ha raggiunto livelli sistemici (gli incorruttibili vengono ormai additati nei corridoi dei ministeri come anime bizzarre), le imprese sono strangolate da mazzette e mancati pagamenti, il lavoro è soffocato da tasse e austerità, le famiglie boccheggiano.

    Un ritratto della nazione che, liberato dalle sue bardature linguistiche, potrebbe essere stato scritto da un rivoluzionario con dolori alla cistifellea o più banalmente da chiunque di noi, ma che contrasta col contesto parrucchiforme in cui viene declamato.

    Ogni anno, al termine del discorso, mi aspetto sempre che il Presidente ordini ai carabinieri col pennacchio di arrestare parecchie delle persone sedute nelle prime file, sicure corresponsabili del disastro. Invece il fustigatore si limita ad auspicare una presa di coscienza che il quadro appena delineato rende necessaria e addirittura impellente, eccetera. A quel punto gli accusati applaudono l’accusatore e poi tutti vanno a pranzo perché si è fatta una cert’ora. Anche ieri. Se stanotte mi verrà un incubo, sarà a forma di monito.

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