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    BARBARA COSTA E GLI OSCAR DEL #METOO: ''LE FEMMINISTE NON NE HANNO MAI ABBASTANZA DI ESSERE PRESE PER IL CULO. LE ATTRICI PENSANO SOLO A CACCIARE DAL ''MOVIMENTO'' LE COLLEGHE STRONZE CHE ALLE PREMIAZIONI NON SI SONO VESTITE DI NERO, O A INTERVISTARSI TRA LORO, O AD ATTACCARE CHI E' Più SEXY DI LORO - CHIEDO ALLE LETTRICI DI DAGOSPIA: MA DA QUANDO È SCOPPIATO IL CASO WEINSTEIN E TUTTE QUESTE EROINE SI SONO MESSE A LIBERARCI, VOI COME VI SENTITE: PIÙ LIBERE, COME PRIMA, O CON UNA SACROSANTA VOGLIA DI MANDARLE TUTTE AFFANCULO?''


     
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    Barbara Costa per Dagospia

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    Non ci sono dubbi, le femministe vanno pazze per il sesso anale, nel senso che non ne hanno mai abbastanza di essere prese per il culo, di passare per ridicole. Non vogliono capire che la presenza di una vagina o di un pene tra le gambe non uniforma il cervello, organo che va costantemente allenato a proficue letture e interessi per far sì che produca validi pensieri, e non mediocrità.

     

    metoo oprah 2020 metoo oprah 2020

    Il Metoo, il Time’s Up, tutta questa roba qui, sta andando incontro a seri casini interni. Da un lato si predica la sorellanza, dall’altro si snobba il MosqueMetoo, le denunce social delle islamiche stufe di ritrovarsi le mani degli islamici sul culo tutti i giorni, persino durante il pellegrinaggio alla Mecca: le attrici di Hollywood non hanno tempo per queste molestie qui, devono pensare agli Oscar, a cacciare dal Metoo le colleghe che alle recenti premiazioni non si sono vestite di nero, ufficialmente stronze, da ultimo a intervistarsi e ad incensarsi tra loro.

     

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    Buttati già nel secchio magliette, cartelli e spillette "Oprah 2020", e persa la causa legale contro IMDb.com, sito maleducato perché pubblica la vera età delle attrici e questo, pensate un po’, causerebbe discriminazione sessuale ai casting, le metooiste litigano sul loro simbolo, il "pussy hat", il cappellino rosa sfoggiato alle marce anti-Trump, perché non va più usato il termine pussy, in nessun caso, e poi c’è il problema che il rosa non va bene alle afroamericane femministe che dicono di avere la vagina rosa ma non quel rosa lì, e mettici pure che tale cappellino è detestato dalle femministe trans e da quelle non etero che ne pretendono uno bicolore, un po’ rosa e un po’ no.

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    Nel frattempo in Inghilterra, nel partito laburista, le deputate con le vagine stanno litigando con le colleghe che la vagina ce l’hanno ma sono dalla parte di quelle che ne sono prive e sono in lista d’attesa per averne una e quelle che sono laburiste ma tra le gambe hanno un pene.

     

    Cioè: le laburiste si stanno scannando per i posti relativi alle quota rosa, se queste quote spettino anche alle trans, e se sì, chi tra le operate o meno, e poi che fare coi trans laburisti, ovvero se si vuole candidare un uomo che prima era una donna? Va accettato? E se sì, in quota rosa? Insomma: si è più donna – e femminista – con una vagina vera, e di quale colore, oppure con una "costruita", o forse con una che prima c’era e ora non più?

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    Quando non sono impegnate a dirimere questi dubbi amletici, o a postare like a favore dell’uguaglianza sessuale dei capezzoli (perché non è giusto che i capezzoli femminili continuino ad essere considerati in maniera diversa da quelli maschili, è ora che vengano esibiti, ovunque, uscendo dalla condizione di sudditanza in cui sono stati confinati, ovvero dentro reggiseni, sotto i vestiti, e per questa cazzata si fanno marce, sit-in, docufilm, sito e hashtag, #freethenipple), le metooiste attaccano chi è donna, femminista, ma ha il torto di essere bella e di non nasconderlo.

     

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    Ci avete fatto caso? Le femministe vanno sempre contro donne sexy e belle, per invidia ma quella cattiva, quella che avvelena la loro vuota esistenza, vuota di scopate soprattutto.

     

    Come spiegare altrimenti il loro attacco social contro Jennifer Lawrence, attrice che ha lavorato con Weinstein senza subirne cunnilingus non richiesto, e che grazie a quel film – e a quel produttore – ha rimediato un Oscar, ma pure una che ha aderito immediatamente al Time’s Up, frignando che le attrici devono esser pagate quanto gli uomini (Jennifer Lawrence è tra le paperone di Hollywood, ma nel 2017 ha guadagnato "solo" 24 milioni di dollari, l’anno prima 46, dati Forbes).

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    Le femministe si erano trovate questa portabandiera, e che hanno pensato di fare? Di mettersela contro. Appena hanno visto Jennifer sexy(s)vestita alla première londinese di "Red Sparrow", a prendersi la scena nonostante il gelo, esibendo la sua innegabile bellezza, hanno iniziato a sputar bile, a rosicar da matte. Per uscire vincenti da un confronto reale solo nella loro testa, si sono precipitate su siti femministi come Jezebel.com, a sfotterla: ma ditemi voi se non è la solita storia di donne invidiose della più bella del reame, queste sono complessate gravi, altro che guerriere capaci di cambiare il mondo!

     

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    Femministe, scusate, ma Jennifer Lawrence non è simbolo di realizzazione e successo, di quel potere che tanto reclamate? O per stare con voi, ottenere la vostra approvazione, bisogna essere per forza delle racchie?

     

    È che la bellezza altrui vi terrorizza, vi fa sentire inferiori, la sdegnate e la compatite ma davanti agli altri perché in realtà la vorreste, soprattutto vorreste che gli uomini sbavassero per voi come sbavano per Jennifer, mentre gli uomini vi scoperebbero meglio e di più se la finireste con le cretinate, se vi deste una calmata, se ragionaste e impegnaste le vostre energie per cause più serie, e magari ad amarli un po’ di più, gli uomini, che non son tutti maniaci-ingrifati-bavosi a prescindere.

     

    Alle lettrici di Dagospia: ragazze, dite la verità, ma da quando è scoppiato il caso Weinstein e tutte queste eroine del Metoo si sono messe a liberarci, voi come vi sentite: più libere, come prima, o con una sacrosanta voglia di mandarle tutte affanc…?

    jennifer lawrence kris jenner instagram jennifer lawrence kris jenner instagram

     

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