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    C'È UN MILIARDO DI RAGIONI DIETRO AL SILURAMENTO DI FOA IN RAI. IL BANANA VUOLE GARANZIE DA SALVINI SULLA FETTONA DI PUBBLICITÀ INCASSATA OGNI ANNO DA MEDIASET, CHE PUR AVENDO IL 30-35% DI SHARE, PORTA A CASA IL 55-60% DELLA TORTA. CON UNA RAI E UN GOVERNO AGGUERRITO, IL BISCIONE POTREBBE PERDERE CENTINAIA DI MILIONI, INVECE SILVIO VUOLE VENDERE ALLE SUE CONDIZIONI L'IMPERO TV


     
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    Estratto dall'articolo di Marco Palombi per ''il Fatto Quotidiano''

     

    Dietro l' impasse che paralizza la Rai e il mezzo niet, poi in modo fortuito divenuto pieno, di Silvio Berlusconi a Marcello Foa c' è la pubblicità. O meglio, le garanzie sul mantenimento dell' attuale assetto del mercato pubblicitario che il fu Caimano, indebolito dagli anni e dai tracolli elettorali, chiede all' alleato Matteo Salvini e, tramite lui, ai Cinque Stelle, di cui si fida pochissimo (...)

     

    salvini berlusconi salvini berlusconi

    Berlusconi è alla guida di un partito che si va spegnendo e, soprattutto, di un' azienda ancora ricca ma il cui modello di business è obsoleto: (...) Serve una media-company ad ampio spettro - cinema, tv, musica, società di comunicazione, internet, telefonia - com' era la Vivendi di Vincent Bolloré, a cui il fu Cavaliere voleva inizialmente rifilare solo la pencolante divisione "Premium" tenendosi "il bancomat" della tv generalista.

     

    (...) cosa fa la forza di Mediaset? Gli ascolti, certo, ma soprattutto gli incassi pubblicitari fuori scala.

     

    Il mercato pubblicitario e la megaquota di Arcore

    I numeri aiutano a capire le preoccupazioni di Berlusconi: in Italia le aziende, i cosiddetti "brand", investono in pubblicità 6 miliardi abbondanti di euro l' anno; la percentuale di questa cifra riservata alla tv è più del doppio rispetto agli altri Paesi europei e la maggior parte finisce a Mediaset.

    berlusconi salvini di maio berlusconi salvini di maio

     

    Publitalia - grazie ad antiche alleanze commerciali coi Centri Media che gestiscono i budget delle aziende (primo tra tutti GroupM del colosso WPP , a lungo guidato da Stefano Sala, attuale numero uno della concessionaria di B.) - riesce alla fine a portare al Biscione circa due miliardi e mezzo: in sostanza le tv del leader di Forza Italia con uno share medio stimabile nella fascia 30-35% incamerano pubblicità per il 55-60% del totale.

     

    Un paradiso che, coi nuovi attori spuntati come funghi nel mercato dei media e una maggioranza di governo ostile, avrebbe vita breve: un' apertura del mercato potrebbe costare a Mediaset tra 750 milioni e 1 miliardo l' anno.

     

    L' intesa quadripartisan inizia con Cdp-Telecom

    E qui torniamo a Foa, a Salvini, ai 5 Stelle e pure al Pd.

    Marcello Foa Marcello Foa

    L' accordo per lasciare tranquillo lo zio Silvio per qualche anno e dargli tempo di sistemare gli affari di famiglia risale all' inizio della legislatura, quando il governo gialloverde era di là da venire e a Palazzo Chigi c' era ancora Paolo Gentiloni. Fu quell' esecutivo all' inizio di aprile a decidere (benedicenti Renzi, Lega e M5S ) l' ingresso di Cassa depositi e prestiti in Telecom per mettere all' angolo Vivendi facendo un bel favore a Mediaset. Sfilati i telefonini ai francesi, bisognava poi garantire lo statu quo nel mercato pubblicitario. Salvini e la Lega, a suo tempo, avevano dato le loro più ampie garanzie alla casa di Arcore, poi Berlusconi e il partito Mediaset hanno iniziato a non fidarsi più.

     

    berlusconi bollore vivendi mediaset berlusconi bollore vivendi mediaset

    I motivi sono molteplici, ne indichiamo alcuni: il primo è l' autonomia politica del leader leghista, che ha smesso di rassicurare Berlusconi e s' è mangiato Forza Italia; un altro è che alla fine la delicata delega sulle Comunicazioni al ministero dello Sviluppo è rimasta in mano a Luigi Di Maio; un altro ancora riguarda la scelta dei nomi per la Rai, concordata da Salvini col solo alleato grillino che ha prodotto l' arrivo a viale Mazzini del nuovo ad Fabrizio Salini, malvisto a Cologno Monzese, e di un presidente quasi sconosciuto. Più fantapolitica che altro invece la notizia per cui i 5 Stelle starebbero mettendo a punto una tassa ad hoc sugli spot pubblicitari in tv: il fatto che uomini Fininvest la prendano sul serio è il segno della paranoia berlusconiana.

     

    (…)

     

    Ora tutti gli attori devono capire come uscire dal cul de sac in cui si sono infilati: bruciato (definitivamente?) come presidente della Rai Marcello Foa, bisognerà trovare un nuovo nome che rigeneri l' accordone sulle tv.

     

    (…)

    BERLUSCONI DI MAIO BERLUSCONI DI MAIO

     

    Se, però, il Pd si sfila dall' accordone e si mette all' opposizione, il cerino resta in mano ai 5 Stelle: per il ministro competente Di Maio, a quel punto, far finta di nulla rischia di essere assai complicato. Può stare tranquillo l' ex Cavaliere?

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