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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – DOPO AVER VINTO L’OSCAR DELLA MIGLIOR REGIA PER “IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI”, JONATHAN DEMME CI HA SALVATO DA INUTILI SEQUEL REINVENTANDOSI SEMPRE CON FILM COME” PHILADELPHIA” O COME IL GIGANTESCO “BELOVED”. HA STRAVOLTO GENERI E MODELLI E RACCONTATO ANCHE ENZO AVITABILE CHE RICORDA: "HA RESO BELLE ANCHE LE COSE BRUTTE. GLI DEVO DIRE SOLO GRAZIE…" - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    DEMME DEMME

    Dopo aver vinto l’Oscar della miglior regia per Il silenzio degli innocenti, Jonathan Demme avrebbe potuto fare davvero tutto quello che avrebbe voluto. Ci ha salvato, invece, da inutili sequel e dalla ripetizione della formula a oltranza reinventandosi sempre assieme al suo cinema.

     

    Demme, scomparso a 73 anni nella sua New York mercoledì 26 aprile per un tumore all’esofago, si è invece aperto alle operazioni più diverse sui generi, sui video, i documentari, sul cinema indipendente che amava e frequentava. Come ha dimostrato grazie a film strani e coraggiosi. E penso a operazioni così diverse come Philadelphia, il più celebre film sull’Aids visto come un problema legale prima che umano,

     

    IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI DEMME 1 IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI DEMME 1

    o a Rachel si sposa, al gigantesco Beloved, tratto dal romanzo di Toni Morrison, una sorta di Colore viola meno zuccheroso e spielberghiano, al suo strambo remake di Charade, che diventa The Truth About Charlie, quasi un saggio sulla Nouvelle Vague, con la deliziosa Thandie Newton e Mark Whalberg, alle sue commedie di costume,  un percorso originale che va da Qualcosa di travolgente con Michelle Pfeiffer e Jeff daniels a Dove eravamo rimasti con Glenn Close e Kevin Kline, ai suoi documentari su personalità così apparentemente lontane come Neil Young e Enzo Avitabile, i Talking Heads e Bruce Springsteen.

     

    E decine e decine di video, di piccoli e grandi documentari musicali, di pilot per serie tv. Fino all’ultima, Short Fired. Demme si era formata alla scuola di Roger Corman, come Francis Coppola, Martin Scorsese, Ron Howard. Con loro divide una libertà totale nella scelta dei soggetti e nel tipo di cinema da seguire. Corman lo indirizza al genere erotico-action-black, visto che il suo esordio è il geniale Femmine in gabbia (Caged Heat!), con un gruppo di detenute nere violente capitanate da Juanita Brown che se la vedono con una sceondina sadica come Barbara Steele.

    DEMME HOPKINS DEMME HOPKINS

     

    Come assistente e sceneggiatore si era già fatto le ossa poco tempo prima con The Hot Box di Joe Viola e poi con Fly Me-Il racket del sesso di Ciro H. Santiago. Ma Femmine in gabbia e il successivo Crazy Mama con Cloris Leachman sono già qualcosa di diverso, come Fighting Mad con Peter Fonda. Corman lo sa e lo sa perfettamente anche Demme, raffinato newyorkese ultracinéphile pronta a spaziare verso il thriller e il musical. Il suo primo grande film giallo, costruito sul modello hitchcockiano alla De Palma è Il segno degli Hannah con Roy Scheider e Janet Margolin. Ma, al tempo stesso, si è buttato sul film musicale con Handle With Care con Paul Le Mat. Anche se i suoi film più celebri sono un thriller del tutto innovativo come Il silenzio degli innocenti, dove si reinventeranno due superstar come Anthony Hopkins e Jodie Foster, e il legal drama Philadelphia, Demme dimostra proprio con questi due film che il genere è solo un’ossatura per raccontare qualcosa di più profondamente umano.

    DEMME 1 DEMME 1

     

    E nessuno definirebbe oggi come genere questi due film, perché sono così coinvolgenti per lo spettatore che sarebbe limitativo. Come sarebbe limitativo definire come puri remake alcuni dei suoi film successivi, The Manchurian Candidate e The Truth About Charlie, dove Demme studia e si reinventa dei classici che aveva molto amato, si mette alla prova con maestri del calbro di John Frankhìenheimer e Stanley Donen. I suoi remake sono forse tra i suoi film più liberi dove può sperimentare qualcosa di diverso, ma non sempre sono i più amati dalla critica che lo vuole più alle prese con temi importanti.

     

    Invece Demme stravolge i modelli e si butta sui piccoli documentari su cantanti e star della musica, il suo film su Avitabile venne mostrato a Venezia con grande successo, gioca sulla commedia riempiendola di musica e di umanità. Ecco, se qualcosa ci ha insegnato Demme, rispetto a maestri suoi contemporanei come Brian De Palma, è proprio vedere l’uomo e le sue creazioni al centro di tutto. Al di là del cinema, dei suoi generi, dei suoi modelli. Nel corso di tanti film ha raccontato uomini e, soprattutto, donne, da Michelle Pfeiffer a Jodie Foster a Thandie Newton, facendone esplodere sullo schermo debolezze e contraddizioni. Ma sempre con uno sguardo di estrema dolcezza e comprensione.

     

    ENZO AVITABILE

    Fulvia Caprara per la Stampa

     

    AVITABILE DEMME AVITABILE DEMME

    Lo aveva portato nel quartiere dell' hinterland napoletano dove è cresciuto, Marianella, presentandolo a parenti e amici come fosse uno di casa. E in effetti, dall' esperienza fianco a fianco, durante le riprese del documentario Enzo Avitabile Music Life , regista e musicista avevano ricavato un rapporto profondo e duraturo: «Oggi gli devo dire solo grazie - spiega al telefono Avitabile -. Per tutto quello che ha fatto. Per me, per la musica, per il cinema e anche per i diritti umani, di cui è stato faro illuminante».

     

    Che reazione ebbe davanti alla proposta di un film su di lei, girato da Jonathan Demme?

    «Quando ho saputo che stava venendo a Napoli per incontrarmi, sono stato felice. E la notte prima non ho dormito».

     

    Come andò il vostro incontro?

    «Mi parlò della sua idea, un docufilm da realizzare con uno staff straordinario, mi disse che aveva già fatto una sua ricerca personale e che, da due o tre anni, ascoltava la mia musica».

    Che cosa le è piaciuto del risultato finale?

    Enzo Avitabile Jonathan Demme Enzo Avitabile Jonathan Demme

    «Jonathan ha raccontato la verità senza distorcerla, un' impresa per niente facile, rendendo belle anche le cose brutte, come il degrado. Cose che in altre mani sarebbero diventate uno svantaggio».

     

    In una delle sequenze del film Demme arriva con la macchina da presa nel suo quartiere, tra le persone a lei care. Come andò?

    «Sì, venne a casa mia, ma sempre con grande discrezione, in punta di piedi, mettendoci l' anima. Entrava da solo nelle stanze, stando ben attento a non invadere la privacy di nessuno».

     

    Che cosa di Demme l' aveva maggiormente colpita?

    «La comprensione sottile, da cuore a cuore, che ho subito colto nei suoi sguardi. Un' intesa così profonda e immediata da diventare quasi esperienza mistica, spirituale».

     

    Prima di conoscerlo, aveva visto gli altri film di Demme?

    «Certo, li avevo visti a prescindere, non credo esista qualcuno che non abbia guardato e apprezzato le sue opere».

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    Dopo l' esperienza del documentario eravate rimasti in contatto?

    «Cer to, e sapevamo da tempo che non stava bene. Però, purtroppo, pur conoscendo la situazione, il dolore del distacco è inevitabile. La mancanza di una persona così cara provoca una sofferenza legata alla nostalgia.

    ENZO AVITABILE CON DEMME ENZO AVITABILE CON DEMME

    Un vuoto immenso. Jonathan è uno che ha scelto di fare una cosa per me, per questo adesso non ho ricordi, ma solo tristezza e riconoscenza» . [

    IL REGISTA DEMME HA FATTO DISCUTERE CON IL SUO DOCUMENTARIO JIMMY CARTER MAN FROM PLANS jpeg IL REGISTA DEMME HA FATTO DISCUTERE CON IL SUO DOCUMENTARIO JIMMY CARTER MAN FROM PLANS jpeg

     

     

    ENZO AVITABILE JONATHAN DEMME ENZO AVITABILE JONATHAN DEMME

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