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    I PIZZINI DI TRUMP A SALVINI - L’AMBASCIATORE USA A ROMA: "LE SANZIONI A MOSCA NON DANNEGGIANO L' ECONOMIA ITALIANA" – WASHINGTON DICE LA SUA SUL GOVERNO. E METTE I PALETTI, A PARTIRE DAL CONTRIBUTO ALLA NATO: “L' AMERICA NON PUÒ CONTINUARE A SOSTENERE TUTTI”


     
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    Alberto Simoni per “la Stampa”

     

    donald trump matteo salvini donald trump matteo salvini

    Le sanzioni alla Russia ci sono perché «Mosca ha invaso uno Stato sovrano, l' Ucraina. E devono restare». Washington non indietreggia né ammorbidisce la sua posizione. E quella che lancia l' ambasciatore Usa in Italia Lewis M. Eisenberg parlando a diplomatici e politici (in sala c' è fra gli altri Manlio Di Stefano, responsabile della politica estera del M5S) nella residenza di Villa Taverna nel corso di un panel organizzato con lo Iai (Istituto affari internazionali) più che una puntualizzazione è un invito ai futuri governanti italiani che c' è un confine che non si può oltrepassare.

     

    Togliere le sanzioni equivale a una scelta di campo. E non significa stare dalla parte degli alleati storici. «Le sanzioni - dice il diplomatico di Trump in Italia - sono lo strumento migliore che abbiamo per influenzare i comportanti maligni della Russia». Dal ruolo di aggressore in Ucraina, al caso Skripal «inaccettabile» lo definisce Eisenberg, sino alla Georgia, alle interferenze nei processi elettorali dei Paesi occidentali. Un elenco lungo che non significa che il blocco preluda alla chiusura dei rapporti con Putin.

     

    eisenberg eisenberg

    «Cerchiamo sempre opportunità per un dialogo costruttivo» spiega Eisenberg che si sofferma anche su un concetto duale, la diplomazia e il dialogo, da associare alla fermezza come metodo di approccio ai dossier internazionali, siano la Russia o la Corea del Nord o il dossier dazi con la Cina.

     

    Ma è sulle sanzioni che gli americani battono il tasto con determinazione. Sbaglia chi pensa che embarghi e divieti abbiano indebolito i commerci fra Roma e Mosca. «Le sanzioni - spiega - sono mirate e hanno avuto un impatto minimo sull' economia italiana». Un messaggio il cui destinatario (o più di uno) è facilmente individuabile.

     

    PUTIN SALVINI PUTIN SALVINI

    Prima dell' imposizione del blocco (2013) - sono i dati Usa - l' export italiano in Russia ammontava al 2,8% del totale; quattro anni più tardi, quindi in pieno regime di divieti, la quota è scesa all' 1,8%. A incidere sulla bilancia commerciale più che le sanzioni è però il prezzo di petrolio e gas che influenza il potere d' acquisto dei russi e a cascata la capacità di acquistare beni.

     

    Ed è questo aspetto ad aver fatto scendere dell' 80% l' import italiano a Mosca. Tesi suffragata da un altro elemento. Nel 2017 con le sanzioni in vigore e con il prezzo dell' energia in ascesa, l' export italiano in Russia è aumentato del 19,7% rispetto al 2016. Insomma i numeri rivelano una sceneggiatura diversa da quella sbandierata dalle forze anti-sistema italiane ed europee affascinate dallo zar.

     

    IL FRONTE COESO

    KHAMENEI TRUMP KHAMENEI TRUMP

    Ecco perché l' auspicio americano è che il fronte fra Usa e Ue su come trattare con Mosca resti coeso. Frantumarsi sulla Russia come accaduto sull' Iran potrebbe avere, dicono fonti diplomatiche a mezza bocca, «effetti ben più disastrosi». Proprio per quanto riguarda Teheran, Eisenberg evidenzia i limiti dell' accordo Jcpoa che «non impedisce all' Iran di dotarsi di armi atomiche» e accusa il regime di interferire in Siria e nello Yemen e di avere sistemi offensivi di missili balistici.

     

    Anche qui le sanzioni avranno l' obiettivo di colpire settori cardine dell' economia degli ayatollah ma l' ambasciatore suggerisce anche come «Trump voglia lavorare insieme agli europei e agli altri attori internazionali per individuare un approccio verso l' Iran».

     

    LO SFORZO ECONOMICO

    NATO GRANDI MANOVRE NATO GRANDI MANOVRE

    Agli alleati Eisenberg chiede uno sforzo sulla Nato, pilastro della sicurezza e della stabilità e di quel senso di mutuo aiuto rappresentato dall' Articolo 5 del Trattato di Washington. Eppure, sottolinea l' ambasciatore, «l' America non può continuare a sostenere tutti» se non ci sarà una partecipazione ai costi della difesa. Per Washington significa rispettare il parametro del 2% del Pil per la Difesa. Di questi tempi una chimera per la quasi totalità di governi dell' Alleanza, Italia compresa.

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