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    “NOI DONNE ABBIAMO BISOGNO DELLA FAVOLA DI SAN VALENTINO” – IL PEZZO SULLA ‘STAMPA’ DI ANTONELLA BORALEVI SCATENA LA RIVOLTA DELLE GIORNALISTE DELLA 'STAMPA' – MARIA CORBI: “NON SONO D’ACCORDO. PER ME SAN VALENTINO NON E’ UN BISOGNO NEMMENO ANTICO. EBBASTA” – NADIA FERRIGO: “SEMPRE POCO CORRETTO PARLARE A NOME DI NOI DONNE” - L'IRONIA DI MARINELLA VENEGONI: "SAN VALENTINO? NON CI DORMO LA NOTTE"


     
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    Antonella Boralevi per la Stampa

     

    antonella boralevi antonella boralevi

    «Amleto», scena V, Atto IV. Ofelia, la dolce Ofelia, è ormai un oggetto della sua follìa. Urla, nel delirio amoroso della donna abbandonata. «Domani è San Valentino e, appena sul far del giorno, io che sono fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina».

     

    Era il lontano 1603 e Shakespeare, come quasi sempre, sapeva già tutto.

    «San Valentino» dorme, io credo, dentro la maggioranza delle donne del primo mondo, quello dei privilegi, dove guerra e fame per ora non sono un problema.

    Le donne che ormai sanno chi sono e chi è loro diritto essere. Le donne libere di amare chi vogliono, di divorziare, di abortire. Le donne giudice della Corte Suprema, Premio Nobel, primo ministro, astronauta, scienziato nucleare, pilota di caccia, neurochirurgo. Le donne che hanno cambiato il mondo e che lo cambieranno.

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    «San Valentino», per noi, è ancora un bisogno. Irrazionale. Vergognoso. Antistorico. Ma potente.

    Poche lo dicono, ma tante lo sentono.

    È una droga, «San Valentino».

    La droga delle donne.

    antonella boralevi antonella boralevi

     

    Per quante conquiste siamo state capaci di fare, ancora, secondo me, non siamo riuscite a liberarci del tutto di un imprinting che risale ai tempi di Eva.

    Noi non ci vediamo, senza un uomo che ci guarda.

    Solo poche, le più brave, ci riescono.

     

    In tante, restiamo prigioniere della nostra scarsa autostima. Abbiamo letto Gloria Steinem, abbiamo conquistato la stanza tutta per sé di Virginia Woolf, abbiamo spaventato i maschi con le nostre vittorie (e loro, poveretti, si sono messi a imitarci, o almeno a imitare l' idea che gli uomini hanno della femminilità). Abbiamo tutto. O quasi. Ma senza un uomo che ci guarda, il cuore ancora ci trema.

    Per questo, abbiamo bisogno della festa di «San Valentino».

    Abbiamo bisogno di conferme. Che sia un emoticon o un brillante.

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    Perché noi donne, la maggioranza, in amore non vogliamo vedere la realtà. Scegliamo di raccontarci una favola.

     

    Guardiamo l' uomo che abbiamo accanto, ma non vediamo lui. Vediamo un altro: il nostro uomo come vorremmo che fosse. Non è questa, la tragedia di tante donne, che restano dentro relazioni violente, umilianti, aberranti? Che perdonano le botte, perché l' aguzzino si inginocchia e dice: Ti amo?

    FLAVIA AMABILE tweet FLAVIA AMABILE tweet

    L' amore romantico, ancora oggi, ci acceca.

    Diventa uno spettacolo che allestiamo da sole e per noi sole. Una Instagram story per cui ci mettiamo in posa.

    francesca paci francesca paci

     

    Rifiutiamo tutti i segni del reale. Oppure li interpretiamo in modo che confermino la nostra favola.

    corbi venegoni corbi venegoni

    Che l' altro, il nostro amore, sia un uomo o una donna, non cambia la sostanza del nostro bisogno.

    Il fiore, il bacio, il biglietto, la mail e stasera la cenetta con il cuore di carta sulla tovaglia.

    «San Valentino» è una favola.

    Per questo ci risulta indispensabile. Anche se davanti al mondo, e al delirio del marketing, ne sorridiamo.

    Antonella Boralevi Antonella Boralevi

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