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    "BRUCIARE TUTTO", BRUCIARE SITI - MICHELA MARZANO STRONCA IL NUOVO ROMANZO DI WALTER SITI CHE RACCONTA E ASSOLVE UN PRETE PEDOFILO - "UNO SCRITTORE DEVE POTER PARLARE DI TUTTO. POI DIPENDE DA COME LO SI FA, DALLO SCOPO CHE CI SI PREFIGGE. GIA’, CHE SCOPO SI PREFIGGE SITI?" - QUEI COMMENTI DISUMANI SUL CORPO DEL PICCOLO AYLAN E L'AMBIGUA DEDICA A DON MILANI


     
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    Michela Marzano per la Repubblica

    SITI SITI

     

    Il protagonista dell' ultimo romanzo di Walter Siti, "Bruciare tutto" (Rizzoli), è un prete pedofilo. E anche se l' unico rapporto sessuale completo che ha vissuto con un bambino risale a molti anni prima, quando ancora non aveva preso i voti, don Leo non può fare a meno di pensare al sesso ogni volta che vede un bimbo. Don Leo prega, digiuna, combatte una lotta di cui cerca di non far trapelare nulla all' esterno. Ma l' ossessione è più forte di qualunque cosa, fede compresa - «Dio è amore: sì, ma che tipo di amore? Dio non lecca, non bacia, non ha un corpo da penetrare e da cui essere penetrati».

     

    L' ossessione non passa e non passano certi ricordi come quello dettagliato e lungo svariate pagine di un vecchio sacerdote che gli racconta le delizie della carne dei bambini: «Se vuoi fartelo succhiare ricorda che ci sono degli shampoo alla fragola, al lampone e al cioccolato».

     

    Questo orrore c' è nel libro. E se possibile anche peggio: ci sono le visite sui siti clandestini del deep web e vengono riportati commenti disumani come quello di un pedofilo sulla foto del piccolo Aylan morto riverso sulla spiaggia («però, seducente questo Aylan col culetto all' insù - qualcuno può postare una foto di quando il papà gli ha tolto i calzoncini?»).

     

    walter-siti cover walter-siti cover

    Uno scrittore deve poter parlare di tutto. Anzi, talvolta ha persino il dovere di farlo. La letteratura ha d' altronde le spalle larghe, e può sopportare quasi qualsiasi peso. Quasi. Perché poi tutto dipende da come lo si fa, dallo scopo che ci si prefigge, dalle conclusioni che se ne tirano. I pedofili esistono e, se si sente il bisogno di parlarne, lo si può (e forse lo si deve) fare, ma a patto di restare autentici e veri fino alla fine. Che scopo, dunque, si prefigge Siti? Che conclusioni trae raccontando la storia di don Leo partendo da premesse così gratuitamente scandalistiche? Bisogna rivelare parte della trama per rispondere. Le cose precipitano quando a don Leo viene affidato il piccolo Andrea.

     

    Quando lo accoglie, il sacerdote riesce a resistere alla tentazione, anche se è il bambino a offrirgli il proprio corpo (scena, in realtà, alquanto irrealistica).

     

    Solo che Andrea, respinto da don Leo, precipita nella disperazione e si uccide (anche qui la casistica psicologica è piuttosto irrealistica). E il prete, dopo l' iniziale euforia per essere stato capace di aver superato la prova divina, urla contro Dio la sua ultima bestemmia: «La mia croce era resistere alla natura e adesso che fai, mi togli la croce da sotto il culo? dici e disdici, non sai nemmeno tu quello che vuoi, ma che cazzo di onnipotente sei? un cretino indeciso che si fa chiamare dio».

     

    PRETI PEDOFILI PRETI PEDOFILI

    Che cosa suggerisce allora Siti in Bruciare tutto? Che è meglio dannarsi l' anima facendo sesso con un bambino che istigare a un suicidio? «Ho considerato la salvezza della mia miserabile anima più importante del tuo ancora aperto futuro», dice don Leo al capezzale del bambino. «Perdonami, dovevo accettare di fare l' amore con te, qualunque prezzo mi fosse costato ». Il lettore assiste così a un rovesciamento insinuato ad arte dall' autore che l' induce a credere che sia così che va il mondo: non è perché Dio non esiste che tutto è possibile, ma è proprio perché Lui esiste che tutto è permesso, e che resistere non serve a nulla, come recita il titolo del romanzo con cui Siti vinse lo Strega nel 2013.

    Ma chi può anche solo immaginare che abusare di un bambino possa salvarlo?

     

    L' autore di Bruciare tutto è solo l' ombra del Siti di Troppi paradisi in cui l' osservazione attenta e profonda della realtà gli aveva permesso di intuire lo sciogliersi della fine del secolo nella marea dei reality, dei corpi a perdere, della quotidianità misurata e valutata a prezzi da outlet. Se così non fosse, Siti avrebbe colto l' identikit di Andrea, bambino geniale e fragilissimo, come se ne incontrano purtroppo tanti, che porta su di sé le ferite di una famiglia andata a pezzi.

     

    PRETI E PEDOFILIA PRETI E PEDOFILIA

    La madre è spesso ubriaca e si dimentica di andare a prenderlo a scuola. Il padre è un bruto che, quando finalmente si ritrova a San Vittore accusato di violenza domestica, non esita a chiedere al figlio di testimoniare contro la madre. Forse è per questo che, quando don Leo comincia ad occuparsi di lui leggendogli dei libri e rispondendo alle sue domande - «È vero che dai buchi neri si può uscire?» -, è tutto un mondo nuovo che si spalanca davanti al bambino.

     

    Un' occasione mancata perché le pagine migliori del romanzo sono proprio quelle consacrate al mondo dell' infanzia, alle domande dei bambini che cercano un "perché?" a qualunque cosa, al loro bisogno di amore e di attenzione in un mondo fatto di adulti nevrotici o indifferenti. Don Leo, quindi, i bambini li capisce. Li aiuta anche a fare i compiti durante il doposcuola - è soprattutto con loro, con i più piccolini, che Leo è disponibile e paziente, molto più di quanto non lo sia con i fedeli della propria parrocchia cui non esita a negare l' assoluzione quando ritiene che vengano a confessarsi senza far prova di uno sforzo sincero di cambiare.

    PRETI E PEDOFILIA PRETI E PEDOFILIA

     

    La sera del suicidio, la cosa importante che Andrea dice a don Leo è che lo ama, non che gli vuole "toccare il pisello". Andrea si comporta esattamente come avrebbe fatto qualunque altro bambino che, forse per la prima volta nella propria vita, sperimenta l' accettazione e il riconoscimento e non vuole quindi perderlo - don Leo sta per partire per la Siria e glielo annuncia proprio quella sera. Solo chi è troppo concentrato sul proprio ego e sui propri fantasmi - dimenticando la complessità della vita e sacrificando all' altare del nichilismo la verità - può immaginare che ciò che scatena in Andrea rabbia e disperazione (fino al suicidio) sia il rifiuto del sesso.

     

    AYLAN AYLAN

    Ma la conclusione di Siti è questa: meglio dannato da Dio che omicida, meglio pedofilo che assassino. La letteratura può sopportare questo? È letteratura questa? James Ellroy, tanto per fare un esempio, non esita a entrare nella testa dei serial killer: mosso dal desiderio di capire che cosa fosse realmente accaduto quando sua madre era stata assassinata, lo scrittore americano si butta nella scrittura per cercare indizi, ricucire quella realtà brutale e assurda che l' aveva profondamente segnato da bambino, porre i lettori di fronte a domande scomode che spesso valgono molto più di ogni risposta.

     

    Per non parlare poi di Bernanos - forse uno dei modelli di ispirazione per Bruciare tutto, anche se nulla di don Leo ricorda i tormenti del curato di campagna o del sole di Satana - che si era talmente immedesimato nel dolore dei dannati, da non esitare a scomodare il diavolo in persona, lui che di Dio era sinceramente innamorato, lui che la rivolta la viveva sulla propria carne.

     

    Ma sulla carne di chi si consuma la storia di Siti? Quella di don Leo? Quella di Andrea?

    DON MILANI DON MILANI

    Quella di Siti stesso? Ad aumentare la confusione, oppure ad aggiungere lucidamente un altro elemento scandalistico, la dedica del libro: "All' ombra ferita e forte di don Lorenzo Milani". Un omaggio quasi incomprensibile in un libro che, dell' esplicito, sembra fare un vanto.

     

    Che cosa vuol dire Siti? Forse insinuare il fatto che anche don Milani avrebbe dovuto sopportare il calvario di don Leo? Che anche lui avrebbe resistito inutilmente alla tentazione perché non solo non ha senso resistere, ma rischia di essere dannoso? È troppo comodo, per uno scrittore, utilizzare la narrazione e nascondersi dietro la licenza del creare. La letteratura ha le spalle molto larghe, certo. Ma può sostenere anche il peso dell' assoluzione? E, se letteratura non è, come giudicare un' operazione editoriale il cui cinismo appare così evidente?

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