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    PER LA MORTE DI MATTIA DALL’AGLIO SONO SOTTO INCHIESTA PER OMICIDIO COLPOSO IL MEDICO E IL RESPONSABILE DEL CENTRO SPORTIVO (SENZA AUTORIZZAZIONI) DOVE IL 24ENNE HA PERSO LA VITA - CON IL DEFIBRILATTORE L’ATLETA SI SAREBBE SALVATO? UNO STRUMENTO NON ANCORA OBBLIGATORIO PER I CENTRI FITNESS CHE COSTA FINO A 1.500 EURO


     
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    1 - IL PAPÀ DI MATTIA: "VERITÀ SULLA SUA MORTE"

    Rosario di Raimondo per La Repubblica

     

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    «Voglio chiarezza sulla morte di mio figlio. L' ultima volta che l' ho visto era a terra in quella palestra, ora voglio portarlo a casa e pensare ai suoi funerali. Sono orgoglioso di avere avuto un figlio come lui, può scriverlo a caratteri cubitali. Gliel' ho detto appena tre giorni fa». Un quartiere residenziale e silenzioso di Reggio Emilia, gli alberi lungo la strada, via vai di amici e parenti. La voce di Giancarlo Dall' Aglio, si spezza più volte quando parla del figlio Mattia, il nuotatore morto domenica a Modena mentre si allenava. Non puoi smettere di piangere quando un ragazzo di 24 anni se ne va per un infarto.

     

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     «Una fatalità? Io so soltanto che alle 12.30 era a pranzo qui con noi. Era un atleta controllato, stava bene. In qualche modo andremo avanti. Aspetteremo che la notte arrivi prima e che il giorno dopo passi più in fretta». La procura di Modena ha aperto un' inchiesta per omicidio colposo. L' incarico per l' autopsia sarà conferito domani e, ha spiegato ieri il procuratore capo Lucia Musti, «ci sono uno o più indagati ». L' indagine, seguita dalla pm Katia Marino, non dà per scontate le cause naturali ma si muove in due direzioni. La prima riguarda le condizioni di salute di Mattia: aveva malattie non scoperte prima, c' entrano dei farmaci? La seconda pista riguarda il luogo dov' è morto. La palestra, anzi no, la sala pesi all' interno dell' impianto sportivo attaccato alla caserma dei vigili del fuoco.

     

    Per chi indaga c' è una bella differenza: «Una palestra deve avere varie autorizzazioni. Si tratta invece di una stanza attrezzata alla buona, priva di docce e aria condizionata, in uso a un numero limitato di persone che accedevano con una chiave tenuta dal bar», dice Musti. Il centro sportivo si trova su un vialone di Modena. Anche ieri tanta gente nuotava o faceva il bagno in piscina. La struttura appartiene ai pompieri ma è concessa in comodato all' associazione "Amici del nuoto". Qui si allena il gruppo dei vigili del fuoco di cui Mattia faceva parte. Tutto in regola, dice chi ci lavora: defibrillatore, medico sportivo, certificati per fare attività agonistica.

     

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    Lungo un corridoio stretto e buio si arriva a quello che si potrebbe definire un privée, la "palestra". Lì è morto il giovane nuotatore. L' hanno trovato a terra, il cellulare accanto. Luciano Landi, il suo allenatore, ancora non ci crede. «Vedo più i miei atleti che i miei figli. Quando mi hanno telefonato, domenica, si è spento tutto. Mattia stava facendo un po' di movimento per non prendere chili. Non un vero e proprio allenamento. Solo poche persone autorizzate possono entrare nella sala pesi. C' è una lista di nomi, la stanza non è aperta al pubblico». «Come se aprissi una palestra in casa mia», sintentizza Mirko Merighi, presidente dell' associazione. Una normale sala attrezzi, non una palestra abusiva.

     

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    All' attenzione dei pm potrebbero comunque esserci i nomi dei vertici dell' associazione o del medico che ha rilasciato i certificati. Gli avvocati della famiglia, Nicola Tria e Umberto Cicero, prima di parlare aspettano l' autopsia. «Quanto è bella la vita?». Un grande amico di Mattia Dall' Aglio ha pubblicato questa frase scritta in passato dall' atleta su un social network. Quanto era bella la vita di un ragazzo di 24 anni? Aveva da poco finito gli esami della triennale in Marketing, doveva scrivere la tesi di laurea. Stava avviando un' azienda, aveva preso contatti negli Usa. «Tanta gente gli voleva bene», dice il papà. Nella stessa veranda un altro campione del nuoto, Gregorio Paltrinieri, veniva a mangiare la pizza con Mattia. L' ultima volta non più di un mese fa, sono praticamente cresciuti insieme.

     

     

    2 - IL GRANDE CAOS DELLE PALESTRE UNA SU TRE È FUORILEGGE TRAINER FAI-DA-TE, È ALLARME

    Cristina Nadotti per la Repubblica

     

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    Al numero verde dell' accademia personal trainer risponde un hotel. A quello della Federazione italiana aerobica e fitness acchiappa il telefono un signore che passava lì per caso e alla richiesta di informazioni dice (e un po' di ragione ce l' ha) «Provi a mandare un' email, abbiamo diritto alle ferie pure noi». Alcune palestre affiliate Coni rispondono piccate «Certo!» alla domanda se c' è il defibrillatore, ma poi tergiversano se si chiede di indicare chi lo sa usare e dove si trova. E non si pensi di andare in giro ad accertare se, come prevede la normativa Coni per gli impianti sportivi, le pareti sono «realizzate in materiali resistenti e facilmente pulibili» ed eventuali sporgenze sono «adeguatamente segnalate e protette».

     

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    Un dato è verificato: quando le autorità preposte eseguono i controlli su palestre, centri fitness e piscine, come accaduto a Milano lo scorso anno, rilevano irregolarità in un caso su tre, con gravi violazioni sulle norme per i lavoratori e i frequentatori. «Palestre, centri estetici e laboratori di yoga sono un settore che storicamente è stato poco interessato dai controlli» ha dichiarato Susanna Cantoni, per sei anni a capo del dipartimento prevenzione dell' Agenzia di tutela della salute di Milano, a Repubblica lo scorso marzo. Le stesse associazioni di categoria ammettono che per gli utenti è difficile orientarsi in un un' offerta variegata, con tanti professionisti seri ma anche tanta approssimazione, nell' allestimento degli spazi e nella scelta degli istruttori.

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    Sotto l' etichetta di "settore fitness", infatti, finisce un po' di tutto. Manca una legge nazionale che disciplini la figura dell' istruttore o del personal trainer, a cui suppliscono alcune leggi regionali e da tempo le associazioni di categoria chiedono la creazione di un albo.Stesso discorso vale per gli spazi dove si fanno corsi di aerobica, pilates o nuoto. Le norme Coni per l' impiantistica sportiva prevedono per gli «impianti per il fitness» (che si specifica è «un insieme di attività motorie finalizzate al raggiungimento di una superiore capacità fisiologica o funzionale e al mantenimento del benessere fisico») requisiti simili a quelli degli impianti sportivi per attività agonistiche, ma con alcune deroghe.

     

    ambulanza ambulanza

    Tuttavia proprio quanto accaduto a Mattia Dell' Aglio dimostra che spesso basta uno spazio ad uso privato con alcune macchine per i pesi per attirare chi vuole allenarsi. Sarà l' inchiesta ad accertare se l' atleta modenese ha compiuto un' imprudenza a stare lì da solo di domenica, in un locale senza area condizionata, oppure se ci sono responsabilità da parte di chi quella struttura gestiva e di fatto l' ha aperta al pubblico senza un controllo. Di sicuro, se ci fosse stato un defibrillatore e qualcuno che poteva azionarlo, il giovane avrebbe avuto il 50 per cento di possibilità in più di salvarsi.

     

    DETTI MAGNINI DELL AGLIO DETTI MAGNINI DELL AGLIO

    E questa dei defibrillatori è un' altra tessera importante per comporre il mosaico sconcertante del mondo del fitness e delle palestre. Lo scorso 26 giugno è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la norma che impone anche alle società dilettantistiche di dotarsi di defibrillatori, ma la legge lascia ancora spazi di manovra per le «attività non agonistiche», cioè quelle svolte nei centri fitness. Di fatto sta alla coscienza dei gestori dotarsi di una macchina salvavita e formare le persone che possano utilizzarla in modo adeguato. Ma a fronte di un mercato in continua crescita, che in Italia conta circa 12mila palestre e un giro d' affari di circa 22 miliardi di euro, sono pochi gli imprenditori del fitness che decidono di spendere dagli 800 ai 1500 euro per comprare un defibrillatore.

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