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    “PERDERE E VINCEREMO” - I LIBRI SU SCHIAPPE E SCONFITTI SONO I VERI CAMPIONI DI VENDITE – LE STORIE DI PERDENTI PER PROFESSIONE TROVANO SPAZIO ANCHE IN UN FILM-DOCUMENTARIO, IN LIZZA PER L' OSCAR, “WONDERFUL LOSERS” DEL LITUANO MATELIS, UN VIAGGIO TRA I GREGARI DEL GIRO D' ITALIA – IL RAGIONIER FANTOZZI, “IL PIÙ GRANDE PERDITORE DI TUTTI I TEMPI” E I BENEFICI DEL FALLIMENTO – VIDEO


     
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    Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”

     

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    «Mancò la fortuna, non il valore» recita l' epigrafe su una lapide ad El Alamein, a simbolo dello spirito cavalleresco di chi si cimenta in un' impresa a prescindere dagli esiti. Quel motto fu a lungo espressione di un cultura dei Vinti che celebrava la bellezza del tentare più che la gloria del riuscire, e sublimava i fallimenti nella storia in un riscatto etico, estetico o metafisico.

     

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    Oggi invece la sconfitta diventa motivo di successo, uno strumento di vittoria e affermazione nel mondo, o perlomeno nel mercato dei libri. Fioccano diari di perdenti, analisi sul valore dell' insuccesso, testimonianze di falliti che poi ce l' hanno fatta: e tutte ottengono ottimi riscontri in termini di vendite, alimentando una sorta di nuovo genere letterario che si potrebbe definire «narrativa vincente degli sconfitti». Perché, se scrivi di perdenti, spesso diventi un bestsellerista.

     

    L' esempio per eccellenza è Diario di una schiappa di Jeff Kinney, la serie di romanzi esilaranti sulle disavventure dello sfortunato Greg, un fenomeno editoriale globale, con 200 milioni di copie vendute nel mondo, di cui 4,5 milioni in Italia. Anche il dodicesimo libro della serie, Diario di una schiappa.

     

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    Una vacanza da panico (Il Castoro, pp. 218, euro 13), svetta in testa alle classifiche della narrativa per ragazzi, raccontando i fallimenti del protagonista che, durante una vacanza da sogno su un atollo tropicale, ha la sventura di capitare dalla parte sbagliata dell' isola. È un genere, quello dei libri su adolescenti falliti, cui aderisce anche il bestsellerista americano Andrew Clements con Il club dei perdenti (Rizzoli, pp. 252, euro 16,90), storia di Alec che, ritrovatosi solo per il suo "vizio" della lettura, fonda un club chiamato appunto «dei perdenti», di cui lui sarà l' unico membro. Il libro evoca altri titoli su piccoli falliti, come Loser (cioè «Perdente») di Jerry Spinelli, ma soprattutto richiama alla mente il Club dei Perdenti immortalato da Stephen King nel romanzo It.

     

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    La sconfitta però non è solo stato transitorio, inevitabile stigma di chi attraversa quella fase di continuo scacco che è la adolescenza. Ma può diventare contrassegno esistenziale di chi, per natura e mestiere, ha la vocazione a perdere. E allora assurgono a perfetti anti-eroi letterari personaggi come i ciclisti gregari il cui unico attimo di gloria è tirare loro la volata. Vite da mediani del ciclismo, ora consacrate nel romanzo di Joe Mungo Reed, Magnifici perdenti (Bollati Boringhieri, pp. 250, euro 17,50), suo esordio letterario con tanto di lode del New York Times che lo ha definito «una delizia di romanzo».

     

    Queste storie di perdenti per professione trovano eco in un film-documentario, in lizza per l' Oscar, Wonderful Losers del lituano Matelis, un viaggio tra i gregari del Giro d' Italia, che non vedranno mai la maglia rosa, ma al più riempiranno la propria divisa di sudore, sputi e sangue. Su questa scia fioriscono saggi che mostrano le enormi opportunità della sconfitta: su tutti, il libro di Charles Pépin, Il magico potere del fallimento. Perché la sconfitta ci rende liberi (Garzanti, pp. 180, euro 15), che racconta storie di cadute e resurrezioni, testimoniando la forza rigeneratrice della delusione, attraverso biografie di "falliti" eccellenti, da Steve Jobs a De Gaulle, da Rafa Nadal a J. K. Rowling, diventati campioni nei rispettivi ambiti, dopo aver assaporato la sconfitta.

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    EFFETTO IMMEDESIMAZIONE Proprio la Rowling ha di recente partorito un saggio, Buona vita a tutti. I benefici del fallimento e l' importanza dell' immaginazione (Salani, pp. 70, euro 10), che indica il «coraggio di fallire» come via per resistere, con altrettanta forza, al successo. In Italia il giornalista Massimo Fini ha condensato la sua autobiografia nell' immagine di una felicissima sconfitta, come lui dichiara in Confesso che ho vissuto. Esistenza inquieta di un perdente di successo (Marsilio, pp. 552, euro 22).

     

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    E d' altronde ciascuno può raccontare i propri rovesci in funzione terapeutica come fa Dario Mondini nel divertente Diario di un perdente di successo (Europa Edizioni), Antonio De Cristofaro ne Il perdente (Letteratura Alternativa), o ancora Roberto Parodi, che riflette la sua inquietudine nella storia di Scheggia, ben narrata in Tropico dei perdenti (Tea edizioni). Paiono allusioni al capolavoro anni '80, La nobiltà della sconfitta (Guanda), di Ivan Morris, sulla mitologia dell' eroe giapponese vinto in battaglia.

     

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    Ma forse sono citazioni involontarie dell' orgogliosa affermazione di sconfitta del Perdente per eccellenza, il ragionier Fantozzi, allorché si autonominava «il più grande perditore di tutti i tempi». Di certo, definirsi sconfitti non è più un atteggiamento autoconsolatorio. E anzi incentiva il lettore ad acquistare libri a tema forse perché chiunque, almeno una volta, si è sentito un po' una schiappa o perché, per favorire la cosiddetta "cultura della sconfitta" contro i deliri di onnipotenza, bisogna innanzitutto farsi una cultura". E così, oltre a essere alimento di letteratura, il dirsi perdenti diventa concetto vincente sul mercato". Oltre a essere alimento di letteratura, diventa concetto vincente sul mercato. Da «Vincere e vinceremo» siamo passati, insomma, a «Perdere e vinceremo».

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