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    RITRATTO AL VETRIOLO DI GIULIANO PISAPIA BY PERNA: “E’ L’UOMO PIU’ INSTABILE CHE CI SIA. DA DECENNI NON SA SE ESSERE UN PRINCIPE DEL FORO MILANESE O INSEGUIRE LE SIRENE DELLA POLITICA - E’ IL CLASSICO ALTO BORGHESE DELLE PROFESSIONI CHE SI CONCEDE L'UTOPIA DELL'ESTREMISMO MA DA UOMO DI MONDO ACCETTA COMPROMESSI COME CHIUNQUE…”


     
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    Giancarlo Perna per “la Verità”

     

    Giancarlo Perna Giancarlo Perna

    Torna attuale Giuliano Pisapia, l'uomo più instabile che ci sia. Nonostante l' età sinodale, 68 anni, compare e scompare come un vivace giovanetto che giochi a rimpiattino. Da decenni, non sa decidersi se essere un principe del foro milanese, qual è, o inseguire le sirene della politica, alla sinistra del Pd. Finisce così per saltabeccare tra l'uno e l'altra, con spirito inquieto. La fase odierna è quella politica.

     

    Concluso nel 2016 il quinquennio da sindaco di Milano, aveva deciso di non ricandidarsi. La parentesi pareva chiusa. Poi, o non gli è bastato l'avviato studio legale o è prevalsa l'antipatia per Matteo Renzi, fatto sta che si è rituffato nell' agone. Tre mesi orsono ha fondato un partito, Campo progressista, e si è messo all'uscio come una sciantosa. Una specie di «venghino, venghino» rivolto ai dissidenti antirenziani di ogni ordine e grado. Dagli orfani di Nichi Vendola, ormai assorbito dall' allattamento e che sette anni fa lo candidò sindaco, agli scissionisti del Pd, Roberto Speranza, Miguel Gotor, Pier Luigi Bersani e altre ombre.

     

    LE CONDIZIONI A RENZI

    Giuliano Pisapia3 Giuliano Pisapia3

    Che lo scopo fosse dare un orfanotrofio a costoro, lo dicono le date. A metà febbraio si smembra Sinistra Italiana, erede del vendolismo: quattro gatti di qua (Arturo Scotto e soci), quattro di là (Nicola Fratoianni & co); a fine febbraio, Bersani e i suoi mollano Renzi e fanno il Mdp.

     

    Il 10 marzo, come aprendo un paracadute a questi disperati, Pisapia fonda Campo progressista al teatro Brancaccio di Roma. Sceglie una data a dispetto perché nello stesso giorno Renzi e il Pd si riunivano al Lingotto. Due platee di sinistra: il rosso stinto a Torino, falce e martello a Roma.

     

    beppe sala pisapia beppe sala pisapia

    Quella del Brancaccio, asseriscono testimoni, fu un'assemblea da incubo. Mentre aleggiavano inquieti gli spiriti di Togliatti e Gramsci, sedevano cupi nel parterre, Laura Boldrini, Gad Lerner, Maurizio Landini, ecc. Unico volto sereno in tanta tristezza, il nostro Pisapia. Sorridente, calmo, garbato nei modi, ricco di suo. Il classico alto borghese delle professioni che si concede l'utopia dell'estremismo come un diabetico assapora un cono gelato per sfida.

     

    Dopo qualche stento, il pisapismo è decollato pochi giorni fa col fallimento della legge elettorale pseudo tedesca. Se fosse passata, Giuliano sarebbe tornato alle Pandette nel giro di un mese. La tagliola del 5 per cento avrebbe infatti falciato i suoi esigui seguaci. Invece, a restare con le pive del sacco è stato Renzi che pensava, grazie alla riforma, di inciuciare col Cav.

     

    Sfumato il piano a destra, il fiorentino si è subito girato a sinistra, facendo le moine a Pisapia per un' eventuale alleanza. Ma l' avvocato ha messo i puntini sulle i. A Renzi ha fatto sapere che questi passaggi di comodo dal Berlusca a Pisapia, a lui non piacciono. Come dire: sei uno gigolò e mi fai ribrezzo. Lo ha poi avvertito che, in caso di accordo, dovrà accettare nella compagine anche gli scissionisti del Pd con i quali è ai ferri corti.

    PISAPIA PISAPIA

     

    LA CANDIDATURA DI PRODI

    Infine, gli ha sbattuto in faccia sprezzante che come premier preferirebbe cento volte, Romano Prodi, a lui. Non mi paiono gran premesse e staremo a vedere. Intanto, assodato che il Nostro è protagonista, vediamo di che pasta è fatto.

     

    Pur circondato dall' aura sulfurea del sinistrismo, Giuliananone è un pezzo di pane. Uno che auspica Prodi a Palazzo Chigi non è proprio Robespierre. Da uomo di mondo, Pisapia accetta compromessi come chiunque. Da sindaco, il grande obiettivo era il successo dell' Expo 2015. Per centrarlo, è sceso a patti con il suo pacifismo conclamato.

     

    il premiolino 2016 l'arrivo del sindaco giuliano pisapia con sua moglie cinzia sasso il premiolino 2016 l'arrivo del sindaco giuliano pisapia con sua moglie cinzia sasso

    Quando venne a Milano il Dalai Lama lo ricevette alla chetichella. Deludendo chi si aspettava il dono della cittadinanza onoraria all' eminenza tibetana, il sindaco arancione si limitò a una stretta di mano al riparo delle quattro mura municipali. Così, a costo di una figura meschinella, fu scongiurato il boicottaggio cinese della fiera.

     

    È stato un sindaco onesto ma non da palmarès. Si è trovata la pappa fatta dal predecessore, Letizia Moratti, che aveva affrontato il grosso dei lavori per l' Expo, giocandosi forse la riconferma per i disagi imposti ai cittadini. Di lui, si ricorda in positivo l'estensione delle piste ciclabili e a disdoro l'aumento pesante delle tariffe di tram e metro. Fu sfortunato per una serie mai vista di inondazioni del Seveso e del Lambro, tracimati addirittura d' estate. Imperdonata resta la demenziale politica immigratoria che ha riempito di sbandati la stazione centrale e i portici di via Vittor Pisani.

    il premiolino 2016 il sindaco giuliano pisapia sul palco con chiara beria di argentine (presidente giuria) il premiolino 2016 il sindaco giuliano pisapia sul palco con chiara beria di argentine (presidente giuria)

     

    STUDI IN MEDICINA, POI LEGGE

    L'incertezza sui suoi percorsi è stata una costante di Pisapia che ha sempre fatto pass de deux con le opzioni dell' esistenza. Figlio del casertano Giandomenico, tra i grandi penalisti del secondo Novecento, Giuliano, per differenziarsi dal padre, scelse medicina all'università.

     

    Fece la naja tra gli assaltatori, lasciò gli studi, divenne operaio, educatore al carcere minorile, impiegato di banca. Unica costante in tanti andirivieni, la partecipazione alle «lotte operaie studentesche». Nelle more, riprese gli studi. Piantò medicina, si iscrisse a scienze politiche, scoprì il diritto penale e «l'importanza sociale del ruolo della difesa». Dopo la laurea politologica, ne prese un' altra in legge. A questo punto, la cosa più ovvia era affiancare l' illustre padre nelle cause penali. Lui invece, sempre per marcare le distanze, si specializzò in civile. Quando finalmente, vincendo gli infantilismi, entrò a studio col genitore aveva largamente superato la trentina.

    RENZI PISAPIA RENZI PISAPIA

     

    IL MINISTERO SFUMATO

    Era anche stato in galera 4 mesi poiché l'estremismo lo aveva messo in contatto con dei terroristi rossi. Sospettato del furto di un' auto da utilizzare in un raid contro una banda rivale, venne arrestato con altri ceffi da Armando Spataro, oggi procuratore capo di Torino. Fu un errore giudiziario, anche se l'ambiente che frequentava era effettivamente pessimo, e la vicenda si concluse con l'assoluzione piena.

     

    Ciò nonostante, per dire il tipo, Giuliano rifiutò per decenni di stringere la mano di Spataro che incontrava ogni giorno in tribunale. Forse per quell' esperienza, Pisapia è, non solo come avvocato ma da politico, un garantista a 24 carati. A sinistra, è un panda. Prodi, nel suo secondo governo del 2006, lo voleva guardasigilli.

    PISAPIA CANTONE PISAPIA CANTONE

     

    A quest'ora, forse, avremmo la separazione delle carriere tra giudici e pm, il divieto di appello in caso di assoluzione, l'abrogazione del reato «inventato» di concorso esterno. A Prodi si fece però capire che il panda non era gradito. La poltrona andò così a Clemente Mastella che la scaldò due anni.

     

    UNA PERSONA PER BENE

    Vi racconto come reagì Pisapia a una mia domanda assassina, specie per uno che si proclama comunista. Stuzzicandolo sul nazismo durante un' intervista, domandai cosa pensasse del vecchissimo Erik Priebke (all' epoca ancora vivo) agli arresti per l' eccidio delle ardeatine.

    pisapia pisapia

     

    «Un quasi centenario in stato di detenzione non serve a nessuno», rispose. «Fondamentale era la condanna. Scontarla non serve alla sua rieducazione». Gli chiesi allora: «Lo grazierebbe anche se nazista?». Pisapia replicò: «Il rispetto delle regole non può dipendere dal colore dell' imputato. Quando la politica entra nelle aule di giustizia, la giustizia esce inorridita dalla finestra». Grande. Ecco perché gli perdono volentieri, pur compiangendolo, di farsi intortare dalla signora Boldrini.

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